ALIEN – Il predatore del nostro inconscio

Una retrospettiva sul capolavoro di Ridley Scott.

di Alessandro Sivieri

Può un archetipo del terrore, una pietra miliare dell’horror, diventare un’icona pop e salvaguardare la sua dignità? Dal 1979, anno d’uscita del capolavoro di un Ridley Scott giovane e pre-gladiatorio, abbiamo assistito a seguiti, crossover, citazioni, parodie e quant’altro, ma il seme della paura è ancora lì a scrutarci da un angolo oscuro. Perché il vero protagonista di questa produzione, destinata a cambiare i canoni del genere, non è Sigourney Weaver (l’eroina tosta e indipendente), ma la sua arcinemesi, lo Xenomorfo. L’iconica creatura nasce dalla mente dell’artista svizzero Hans Ruedi Giger, con un apporto pratico da Carlo Rambaldi, colui che lavorò sull’E.T. di Spielberg. Se ci pensate, l’alieno buono e quello spietato per eccellenza hanno visto la luce con uno scarto di pochi anni.

Sigourney Weaver e Ridley Scott sul set di Alien

L’astutissimo Xenomorfo, dall’aspetto raccapricciante, si presenta come un perfetto predatore di esseri umani, ciò che attualmente manca nel nostro ecosistema, poiché siamo la specie dominante sul pianeta Terra. Certo, gli alieni invasori fecero il botto a Hollywood ancora negli anni ’50, grazie alla diffusione degli UFO nella cultura popolare e alle tensioni della Guerra Fredda. Possiamo saziarci fino alla nausea di città distrutte dai dischi volanti e di battaglie con creature grottesche, ma Alien cambia le carte in tavola.

Con lo Xenomorfo prende forma il nostro terrore ancestrale.

Riduce l’incontro con l’extraterrestre a una dimensione più intima e disturbante, mostrandoci alcuni aspetti della nostra psiche che preferiremmo ignorare. Un tentativo pienamente riuscito di dare forma al terrore ancestrale. Per capirne la portata occorre però qualche accenno di trama: in un futuro imprecisato un cargo stellare, in rotta verso la Terra, registra un segnale sconosciuto. Dopo qualche diverbio, l’equipaggio decide di atterrare sul pianeta dal quale proviene la trasmissione, LV-426, credendo di rispondere a una richiesta d’aiuto.

John Hurt in Alien

Ciò che trovano è invece un relitto di provenienza ignota, all’interno del quale sono custodite migliaia di uova dalla natura evidentemente aliena. Una di queste, dietro sollecitazione, si apre, liberando un parassita che si attacca a un membro dell’equipaggio, mandandolo in coma. I compagni riportano il ferito sulla nave e salpano dal pianeta. Il sollievo dura poco, poiché dopo la morte spontanea del parassita, un organismo mostruoso viene alla luce in modo inattesa, sfondando la cassa toracica del suo ospite e uccidendolo. Scatta una caccia al “cucciolo” alieno, il quale si dimostrerà un nemico letale, crescendo di stazza e arrivando a sterminare uno a uno i membri dell’equipaggio. Veniamo trascinati in un gioco al gatto col topo che si dipana tra corridoi angusti, condotti d’aria e magazzini desolati. L’ultima a confrontarsi con il mostro, riuscendo a fuggire, sarà l’ufficiale Ripley (una giovane Sigourney Weaver), che farà ritorno negli episodi seguenti.

Alien interno nave Nostromo

Ciò che colpisce non è il corso lineare degli eventi ma l’atmosfera e la direzione artistica. Il setting è quanto di più claustrofobico vi possa essere: a parte la breve sequenza sul pianeta misterioso, l’intera vicenda si svolge all’interno della Nostromo, la nave-cargo dei protagonisti. Per loro è come una casa, che nella percezione umana rappresenta il luogo più sicuro al mondo. L’arrivo dell’alieno distrugge le zone di comfort fisiche e mentali, trasformando ogni anfratto in una fonte di minaccia. Il nostro rassicurante grembo materno è ora la giungla dell’invasore. 

L’alieno distrugge ogni zona di comfort fisica e mentale.

È come se un malintenzionato girasse di notte in casa nostra e noi ci ritrovassimo intrappolati, privi di una via di fuga, avvertendone la costante presenza. Il reale campo di battaglia è la nostra intimità, che viene violata come in uno stupro. Un termine pesante che non utilizziamo a caso, poiché l’immaginario di Giger si basa sui sottotesti sessuali. L’esempio più eclatante è la riproduzione dello Xenomorfo, con un parassita che feconda la vittima per via orale, fino a quando una larva non verrà alla luce con esiti fatali. Un’inseminazione innaturale e non voluta che ricorda il sistema riproduttivo di alcuni insetti.

Facehugger in Alien di Ridley Scott

L’alieno, la cui forma adulta ha una matrice lovecraftiana, si pone come un avversario primitivo. Non fa uso di espedienti tecnologici e per batterci sfrutta la sua intelligenza, la sua forza e i suoi sensi sviluppati. Compiendo un balzo all’indietro millenario, ci scopriamo fisicamente inermi. La nostra scienza non può aiutarci perché il confronto è su un piano remoto, che credevamo ormai superato con la scoperta del fuoco e la fabbricazione dei primi utensili. Se butti via il tuo fucile davanti a un leone sei morto, perché non sei in possesso di nessuno strumento innato per difenderti. Spingendo agli estremi questa analisi darwinista, affrontare lo Xenomorfo con o senza armi è la stessa cosa, almeno nel contesto creato da Scott. Oltre a essere astuta, la sua creatura è qualcosa che non dovrebbe esistere, nata da un essere umano con l’unico fine di ucciderlo. Sul piano psicologico è l’Uomo Nero che si è fatto carne, il terrore dell’ignoto che assume una forma fisica. Lo Spazio, freddo e infinito, assume le sfumature di un incubo, all’interno del quale non esiste un luogo sicuro.

Alien Lambert contro Xenomorfo

Ho visto per la prima volta questa saga quando avevo due o tre anni. Qualcuno potrebbe accusare i miei genitori di incoscienza, ma quando ero piccolo lo Xenomorfo non mi spaventava. È con l’età matura che si è fatta largo l’inquietudine, perché ora sono in grado di interpretarne le allusioni, di immedesimarmi nei protagonisti e apprezzare il magistrale lavoro compiuto da Jerry Goldsmith per la colonna sonora (suoni sperimentali, organici). Tutto questo per dirvi che Alien può turbare i bambini, ma è nella mente smaliziata e ansiogena dell’adulto che si consuma il vero terrore. E nessuna opera che ne ha seguito le orme, da La cosa di John Carpenter a Mimic di Del Toro, mi ha fatto sentire ugualmente vulnerabile.

Potete trovare la nostra raccolta di articoli su Alien e Predator al seguente indirizzo:

ALIEN – Tutte le informazioni sul franchise

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