Perchè il nuovo Batman di Affleck polverizza i predecessori.

Tre paragrafi di tre teste differenti.

Batman nel film

di Matteo Berta

Sarei un ipocrita se negassi il mio essere anti-cinecomic del periodo pre Batman v Superman e lo sarei ancora di più se non ricordassi il mio menefreghismo totale nel momento dell’uscita dei primi paratesti dello scontro tra i più grandi gladiatori della storia. Qualcosa è cambiato, se inizialmente ero amareggiato e indigesto dello stile produttivo “mash-upparo” dei film sui supereroi e deluso per il tentativo di emulazione anche da parte della DC, dopo aver visto il film, mi sono dovuto ricredere. Sono arrivato alla conclusione che se si mette nel calderone un cast tecnico di un certo livello (escluso Zimmer) e un cast artistico coerente, può uscir fuori un prodotto che non debba per forza vivere parassitando l’esperienza cartacea da cui ne è ispirato, ma semplicemente e benevolmente un prodotto cinematografico autonomo.

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Uno dei principali elementi che mi hanno risvegliato positivamente all’interno di questo filone cinematografico è inesorabilmente il nuovo Batman. Ben Affleck aveva abbandonato i blockbuster, relegandosi ad una logica autoriale nuova e funzionante, poi improvvisamente, il richiamo del cavaliere oscuro, ha rigettato il regista di Argo nella mischia dei pop-corn movie.

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  • Direzione. Sarebbe ingiusto escludere dall’equazione la figura di Snyder, dimostratosi ottimo potenziatore e creatore di icone, i protagonisti delle storie che traspone al cinema assumono una caratterizzazione visiva e narrativa ben precisa che ti piacciano o no, finiscono per rimanere incastonati nella mente e nelle discussioni di chi li incontra. Se alla logica registica di Snyder aggiungi il pensiero creativo di Nolan, ti trovi di fronte ad un personaggio che può essere visto da diversi punti di vista e sicuramente non piatto.

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  •  Affleck vs predecessori. Escludendo i Batman televisivi e i vari incidenti di percorso alla Clooney o Kilmer, è inevitabile il confronto con Keaton e Bale. Keaton era un buon Batman, ma non un cavaliere oscuro, era eroico, avvincente e abbastanza corretto, ma non era sicuramente quel personaggio cinematografico in grado di divenire iconico, infatti se si pensa ai Batman di Tim Burton subito ci vengono in mente personaggi come Jack “Joker” Nicholson o Danny “Pinguino” DeVito. Lo scontro sembra riassumersi in un tête-à-tête tra Afflek e Bale.

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Bale è stato abbastanza rivoluzionario, un attore con la A maiuscola inserito in un film commerciale affidato ad un regista con la R maiuscola. Bale ha funzionato per aver capito al meglio come vestire i panni del anti-eroe, i suoi conflitti interiori espressi alla perfezione in un Batman che comunque rimane ancora troppo buono per essere il migliore. Nolan ha girato tre grandissimi film e ha cercato di cucire addosso al suo attore protagonista un personaggio che possa funzionare coerentemente nelle sue pellicole. Chirstian Bale ha fatto il compitino, ha interpretato l’obbiettivo che è stato scritto per lui e si è limitato a sguazzare in una direzione generale che sarebbe funzionata anche con un Jonah Hill come protagonista. Bale ha recitato bene e il suo personaggio funziona, ma sembra quasi che abbia vissuto più di rendita che di effettiva prova attoriale. Un attore bravo per un personaggio scritto bene.

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Il Batman di Ben Affleck è vissuto, è fisicamente straripante, non è magnanimo ed è interpretato nel miglior modo possibile: nella logica recitativa della sottrazione. Il mentone di Affleck sembra nato all’interno di quel costume. Si percepisce perfettamente l’odio che cresce all’interno del personaggio che da una parte lo invigorisce ma da un altro punto di vista lo logora. Non è la macchietta da miliardario ne costipato da supereroe. Il nuovo Batman è limitato quando lo script lo pretende e primitivo e selvaggio quando c’è da menare. Sembra un elemento da poco, ma questo Batman è finalmente UOMO, è il sogno proibito delle casalinghe disperate (e anche di Roosh V), è colui che può supportare una training scene alla Rocky e una shower scene… sempre alla Rocky. Emblematica la battuta riguardante la prima generazione di Wayne  “…erano cacciatori”.

Batman nei videogiochi

di Cristiano Bolla

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Prendo la parola per spiegare perché il Batman di Ben Affleck è il più riuscito della storia delle pellicole sul Cavaliere Oscuro in relazione ai videogiochi a lui dedicati. Lo faccio iniziando con una domanda retorica: sapreste nominare un videogioco di Batman famoso prima del 2009?

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Dal primo Batman del 1986 per Amstrad, Spectrum e MSX, fino a Lego Batman del 2008, sono stati ventidue i titoli rilasciati, praticamente su ogni console disponibile. Eppure non se ne ricorda nessuno, eccezion fatta per Lego Batman, forse. I giochi precedenti, persino quelli direttamente legati alla saga di Nolan, come Batman Begins del 2005, non hanno lasciato nessun segno del loro passaggio e soprattutto non hanno assolutamente spostato gli equilibri e le tecniche di narrazione dell’eroe di Gotham. Era il Mesozoico ormai, è vero, ma proprio per questo l’avvento della Rocksteady Studios è da studiare con molta attenzione.

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È il 2009, la Playstation 3 è nelle case da poco meno di tre anni e Nolan non ha ancora finito la sua trilogia (The Dark Knight Rises uscirà solo fra tre anni, nel 2012): esce Batman: Arkham Asylum ed è l’inizio di una dinastia videoludica. Ai tempi fu un grande cambiamento: è stato il primo videogioco su Batman ad esplorare appieno le potenzialità del Cavaliere Oscuro, inserendoci completamente in un mondo popolato dai personaggi a lui collegati e dandogli pieno accesso a gadget e dinamiche di combattimento che segnano profondamente il personaggio; per farvi capire il peso specifico del videogioco, pensate che è entrato nel Guinnes dei Primati come “gioco più acclamato ispirato ad un supereroe”.

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Dopo Arkham Asylum, a intervalli di due anni l’uno dall’altro, sono usciti altri tre titoli targati Rocksteady: i due sequel Arkham City (2011) e Arkham Knight (2015, il primo per la New Gen) e il prequel Arkham Origins (2013), oltre ad una moltitudine di DLC. Questi quattro titoli rappresentano il tesoro videoludico di Batman, il suo globale rilancio sulle scene virtuali e il peso specifico che hanno assunto è reso evidente dall’influenza che ha avuto sul Batman di Ben Affleck.

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Eh già, qui si ritorna: perché in Batman V Superman gli appassionati non possono essersi persi i molteplici riferimenti alla figura protagonista dei videogiochi dal 2009-2015. Più che a Ben Aflleck, qui i complimenti vanno rivolti al team di sceneggiatori, coreografi e quant’altro, perché il Batman cinematografico più riuscito si muove come il Batman videoludico più amato. Quando non parla, Ben Affleck sembra attaccarsi una presa usb da qualche parte e chi conosce i titoli Rocksteady sa precisamente la sequenza di tasti da usare per fargli fare esattamente quella mossa. Tanti gli esempi:  l’aspetto fisico massiccio e imponente, i gadget utilizzati, le movenze che ha nel pestare brutalmente gli uomini di Lex Luthor e soprattutto (questa è veramente la ciliegina) come abbatte un nemico da dietro una parete mentre sta salvando Marta Kent. Tutti noi amanti della Rocksteady sappiamo come ha fatto a farlo: basta premere triangolo e il gioco è fatto.

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Ultima cosa da sottolineare, i vari possibili incroci e riferimenti tra film e videogioco, su tutte la figura di Jason Todd, che *SPOILER * nell’ultimo videogioco è proprio il Cavaliere di Arkham che cerca vendetta su Batman per averlo lasciato alle torture del Joker; nel film ci sono riferimenti alla storia, soprattutto nel costume che si intravede nella sala dei trofei. Altri indizi li si trova sul petto tatuato di Jared Leto in Suicide Squad e se mettiamo tutto nel calderone la fan theory è servita.

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Dall’universo videoludico è tutto: a te la linea, Alessandro.

Batman nel fumetto

di Alessandro Sivieri

Si può affermare che il Batman di Affleck (sintetizzato per comodità in Batfleck) era solo contro il mondo: tra illustri predecessori e contestazioni sul web per il casting, il nuovo Pipistrello non ha avuto vita facile, ma è stato in grado di brillare in un film non suo, portando alcuni a definirlo addirittura “Il miglior Batman mai visto sul grande schermo“. Dopo il confronto con altre interpretazioni al cinema (tra un realistico Christian Bale e un cartoonesco Michael Keaton) e il rapporto con le incarnazioni videoludiche (indimenticabile la serie Arkham), passiamo ai fumetti DC,  terra natale del personaggio e trincea di infiniti scontri tra fan. Da dove viene Batfleck?

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Da Frank Miller, non c’è da pensarci due volte. Stiamo pur sempre parlando di Zack Snyder, regista dall’enfasi visiva spropositata che nelle graphic novel ci sguazza. Batfleck è un personaggio paragonabile all’iconico Batman de Il ritorno del Cavaliere Oscuro, quello che arriverà appunto a scontrarsi con Superman, uscendone vincitore. I richiami evidenti non mancano, a partire dall’armatura e dalla costituzione robusta fino all’età matura (nei fumetti 55 anni, mentre qui è sui 40) e al carattere deciso e spietato. Vero, Batman non è mai stato un eroe a tutto tondo, ma nell’opera di Miller si fa meno ancora scrupoli del solito, in virtù delle cicatrici fisiche e mentali che si porta appresso. Batfleck risulta simile, arrivando a utilizzare armi e a uccidere/torturare i criminali, cosa che ha destato non poche polemiche. Ricordiamoci però che molte incarnazioni del Crociato di Gotham non disdegnavano l’omicidio (nelle storie anni ’40 girava con la pistola). È quasi paradossale che le proteste riguardino un aspetto che in realtà rende Batfleck molto affine alle sue radici noir: la pragmaticità, il suo non essere un boy scout. Se la posta in gioco è la sopravvivenza, sia personale che di un ostaggio, di fronte a un mercenario armato fino ai denti sono necessarie misure estreme. Così ragiona il Batman cartaceo, così ragiona Batfleck, perché in un ambiente come quello di Gotham bisogna sporcarsi le mani senza comodi moralismi. Operare in un mondo del genere per anni può logorare la mente di un uomo, ed ecco che, come il Batman di Miller è fuori di senno, Batfleck è più tormentato che mai. A essere onesti, leggendo i fumetti ci si rende conto che l’Uomo Pipistrello di traumi e problemi mentali ne ha a bizzeffe. Questa costituisce una base per una breve analisi psicologica del personaggio:

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Batfleck è uno psicopatico? Probabilmente no, ma in Batman vs Superman è tutto fuorché lucido. Nonostante sia un veterano della lotta al crimine, un uomo fatto e finito, soffre ancora profondamente il trauma della morte dei genitori, in particolar modo della madre, in un complesso quasi edipico. A questo si aggiungono 20 anni di lotta al crimine e la comparsa di esseri come Superman, il cui potenziale distruttivo va a colpire indirettamente gli innocenti, rendendo Batman impotente.

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Il Pipistrello è a un punto della sua vita dove ha perso troppo e visto troppo, cedendo alla disillusione e alla brutalità. Come Bruce Wayne, pur incline all’ira e a qualche eccesso mondano, non apparirebbe mai capace di compiere le torture di Batman. Quando ne legge sui giornali appare quasi distaccato, come se si trattasse di un’altra persona. Indossando il costume, Wayne acquisisce potere e sicurezza, può punire i criminali lasciandosi alle spalle le sue debolezze di uomo. La sua doppia identità è il suo alibi morale, lo sfogo del suo bruciante sentimento di vendetta verso un mondo che non ha senso. La comparsa di Superman amplifica tutto ciò, scatenando le paranoie del Pipistrello, che arriva pericolosamente vicino a essere un villain. Dopo uno scontro violento, dove Batman ha la meglio, arriva la famigerata scena di Martha, forse la più contestata del film. Eppure, conoscendo il background del personaggio, anche lo spettatore più sbadato capirebbe che Superman non viene risparmiato perché toh, che coincidenza, le loro madri hanno lo stesso nome.

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Bruce si ferma perché “Martha” equivale a una trigger word per chi soffre di stress post-traumatico. Rivive di colpo il panico e il dolore dell’assassinio dei genitori, quindi la barriera psicologica rappresentata dall’identità “Batman” viene infranta. Dopo l’iniziale disorientamento sopraggiunge la consapevolezza: Superman viene umanizzato e, come lo è stato Bruce, diventa il ragazzino che cerca di salvare la madre, mentre Batman è diventato il criminale che tanto disprezza, il carnefice dei suoi genitori. Per Batleck è come rientrare sui binari, avendo finalmente l’occasione di salvare la “sua” Martha. E a sua volta, Superman salva Batfleck dalle sue ossessioni. Ma il più importante tra tutti questi salvataggi è proprio quello del film, che ha evitato il peggio proprio grazie a un Uomo Pipistrello complesso e cinematograficamente inedito. Almeno per chi ne ha seguito la crescita.

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8 commenti Aggiungi il tuo

  1. the Lost Wanderer ha detto:

    Togliendo quello che penso del modo di vedere il cinema di Snyder (ottimo per impatto visivo, creazione e psicologia personaggi e scene clou, molto limitato quando cerca di costruire una trama coerente) concordo con quasi tutto quello che c’è scritto sul Batman di Ben Affleck. Eccetto per una cosa:

    1) “[…]arrivando a utilizzare armi e a uccidere/torturare i criminali, cosa che ha destato non poche polemiche. Ricordiamoci però che molte incarnazioni del Crociato di Gotham non disdegnavano l’omicidio (nelle storie anni ’40 girava con la pistola)”

    La gente mi perdoni, ma dal mio punto di vista è come fare un film su Superman e non farlo volare perchè “… nelle prime storie faceva solo enormi balzi”. Il che è vero, ma le “basi” del personaggio implicano il volo. Se mi fai un personaggio “maturo”, questo vola. Batman picchia, è crudele, terrorizza, rompe ossa e disabilita articolazioni… insomma, fa un male della miseria senza farsi troppi problemi… ma uccidere NO. Questo dell’uso delle pistole/armi da fuoco è un trigger mentale del Cavaliere Oscuro, proprio perchè gli ricorda la morte dei genitori. Ora, se all’epoca Snyder avesse detto “questa è la mia visione di Batman” probabilmente avrebbe avuto meno storie del dire “Si, ma nel Ritorno del Cavaliere Oscuro uccide una persona!” ignorando il fatto che lui sempre nel fumetto dice di usare proiettili di gomma proprio per fare una strage.

    Detto questo, non vedo l’ora di vedere “Batfleck” ancora in azione, magari nel film stand-alone che gli faranno fare. ^^

    1. christaub ha detto:

      Riflessione molto articolata, che cerca di trovare l’anello mancante tra la visione di Snyder, le polemiche dei fan irriducili e quella che è la realtà oggettiva del personaggio fumettistico. Siamo d’accordo sul fatto che “Il ritorno del cavaliere oscuro”, pur rientrando tra le opere più iconiche su Batman, non è propriamente canonico rispetto alle classiche vicissitudini dell’universo cartaceo DC, dove peraltro non esiste una certezza granitica sul tipo di condotta dell’Uomo Pipistrello, in quanto è l’autore di turno a presentarci la propria visione del personaggio (e questo vale per qualunque supereroe dei fumetti). Non siamo noi a voler vivere di assoluti (o assassino o boy scout) o a definire dei confini invalicabili che stabiliscono ciò che Batman deve o non deve fare. La nostra disamina vuole ribattere a chi accusa Snyder & soci di aver snaturato la figura di Batman, in quanto estranea all’omicidio a sangue freddo. Cosa non vera, in quanto sia il Batman di Keaton che quello di Nolan hanno ucciso (non certo nella misura di Batfleck, ma sono sempre uccisioni dettate da necessità più o meno impellenti), e la stessa cosa è capitata nelle pagine DC. La figura di un supereroe è in costante evoluzione; proprio per questo non è da considerare definitivo un Batman omicida degli anni ’40, ma nemmeno quello degli ultimi decenni, che preferisce le ossa rotte alle uccisioni. Entrambe le visioni sono valide e verosimili, e fanno parte delle sfaccettature di Batman. Proprio per questo motivo chi accusa Snyder di essersi spinto troppo in là, arrivando a dire che questo non è un Batman realistico, secondo noi dovrebbe pensarci due volte.
      Alessandro

  2. apheniti ha detto:

    “Uccidere no, non è da Batman.”
    Mhhh, devo aver visto un certo film di Batman del 1989 diverso da quello che hanno visto tali illustri opinionisti, allora. Giusto per fare un esempio, cercando “batman kill” su youtube esce fuori questo simpatico video.

    Detto questo, torniamo a noi.

    Ho sempre trovato stupide le critiche ai casting e i piagnistei del “buuu, questo attore sicuramente non è adatto alla parte per cui è stato scelto, e io lo so perché sono una persona che scrive su internet”. Com’è successo con Ben Affleck per Batman, com’è successo per Heath Ledger prima e Jared Leto poi per Joker, come succede ogni volta che si fa un film che tocca le corde più remote di ogni “uomo fumetto dei Simpson”. Il miglior Joker per me rimane quello di Nicholson, ma non per questo non ho apprezzato l’interpretazione di Ledger: sono due modi di scrivere ed interpretare uno stesso personaggio, esaltandone di volta in volta questo o quell’aspetto, ed è una delle cose fenomenali del cinema [non parlo di Leto perché non ho ancora visto Suicide Squad, ma ho buone speranze da un premio Oscar]. Per Batman è lo stesso principio: Adam West nella serie televisiva, per quanto trash, è fenomenale; Michael Keaton è… è il Batman di Tim Burton ed è perfetto per il suo ruolo; Bale lo trovo adatto all’interpretazione cupa e visionaria di Nolan e Affleck… Penso che buona parte di coloro che all’inizio avevano storto la bocca al suo casting si siano ricreduti: ha espressioni, movenze, sguardi e presenza che fanno filtrare l’uomo tormentato e a pezzi celato dalla maschera, in netto contrasto con il dio alieno.

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