Diario di bordo di un Dinosauro.

“Toccone” che scrissi tempo addietro, non se ne sentiva la particolare necessità, ma fa brodo…

Diario di bordo di un Dinosauro

di Matteo Berta

 In quel mondo perduto che non vedrà possibilità di risveglio, giace Augusto. Incatenato a quella rupe, condannato alla sofferenza persistente in funzione di un’espiazione tanto desiderata, il titano della Gallia riflette sul pesante nome di famiglia che grava nel medesimo modo in cui sprofonda nel suo petto il grande peccato.

La disgrazia provocata dalle più buone intenzioni risulta come una beffa malinconica.

Il grande e possente dio, che lui stesso ha risvegliato si è trasformato nel suo carceriere.

Augusto Luce, non può far altro che rivolgere il pensiero al suo passato, come una finestra su di un mondo senza luce.

Oramai il suo lamento è soffocato dalla sua stessa creazione, che sopprime fin dalla nascita ogni piccola fiaccola, ogni nuova speranza.

La natura autodistruttiva dell’umanità non solleva dalle responsabilità Augusto, che all’inizio di quel secolo si macchiò del crimine di aver donato la luce agli uomini, con la complicità di un consanguineo.

Doveva essere un gesto senza futuro, un diletto circense del momento.

Ma il titano è convito che un giorno lontano, un suo discendente verrà a liberarlo; la speranza del grande ritorno di quell’arte imprevista, avrà il sopravvento e i palazzi di cemento cadranno per far spazio a quel giardino dove ogni uomo portatore di dignità, potrà cogliere fiori dallo stelo delicato e abbandonare in fosse comuni le statuette dorate.

Augusto sembra scorgere una luce dietro quella collina che da molti anni gettava ombra sull’intero mondo perduto.

Attraverso quella grande insegna arrugginita posta in cima all’altura, una piccola luce si fa strada sempre di più.

Il dio della settima arte appare in tutto il suo formato panoramico.

“Oh mio creatore, non voglio dissuaderti dal pensare ad un futuro più benevolo, ma ti ricordo che dal momento che decidesti di liberarmi dalla staticità della mia dimensione, avresti potuto renderti conto della minaccia che avresti gettato nel mondo, hai voluto soddisfare la necessità di voler raccontare le tue immaginazioni. Hai dato al mondo la possibilità di esprimersi senza alcun limite. Hai donato a loro un potente mezzo e ti sei fatto portatore di un grande onere!”

Le sofferenze del povero Augusto aumentano a dismisura ascoltando quelle fatali parole.

“Oh dio della settima arte, non avrei mai pensato che il mio gesto potesse portare cotanta sofferenza in coloro che credettero veramente di avere di fronte la fonte di catarsi per eccellenza..”

In tono molto più autorevole, la grande divinità conclude il suo discorso allontanandosi dietro la collina.

“Per quanto possa essere colmo di gratitudine per avermi concesso la possibilità di esprimermi in ventiquattro attimi al battito di ciglia, non posso sopportare la corrosione che sto subendo, la manipolazione e la caduta inevitabile nell’oblio…”

Con voce straziante, il povero augusto grida pietà.

“Oh grande dio, riconosco le mie colpe, fai cessare questa mia sofferenza!”

Il dio del Cinema è ormai scomparso dietro quella grande altura, riportando l’equilibrio umido di quel posto dimenticato.

 

In una stanza grigia e polverosa, lontana anni Nolan dalla rupe della sofferenza, uno sceneggiatore è impegnato in una trasposizione di un libro assegnatogli poche settimane prima. Aperto il suo pc portatile e il software di scrittura, si trova di fronte ad un soggetto che aveva realizzato con un determinato spirito, ma che ora deve essere messo da parte.

Trascinato il file nel cestino, lo scrittore ritorna alla sua pagina bianca, che sarà di lì a breve intestata.

“Crepuscolo”

Il povero Augusto, prima di chiudere definitivamente gli occhi, percepisce un brivido che gli percorre il dorso, poi una fitta al cuore.

Augusto Luce giace senza vita incatenato ad una rupe.

In un universo non del tutto dissolto, in una città non del tutto incenerita e in una multisala che è solamente in grado di farti provare nostalgia infantile (quando lo schermo era lui ad essere grande e l’audio lo si percepiva nelle viscere), si svolge questo racconto.

Cercherò di immedesimarmi nel protagonista della nostra fiaba: il tipico ragazzino che sogna lo spazio, grazie alle VHS di Star Wars, ma che ridimensiona l’aspirazione dopo aver visto Gravity. Il suo nome è Luigi.

Quando gli istintivisti parlavano di due forze innate presenti nello status di uomo primordiale, incapparono in una grande dimenticanza. Se l’istinto d’amore (riproduzione/Eros) e di morte (distruttività umana/Zanatos) sembrano bilanciarsi, in realtà ci si è scordati del comunissimo impulso che caratterizza il genere umano fin dalla notte dei tempi: il desiderio dell’esperienza cinematografica disturbante.

Di questi tempi più che in altri, questo desiderio trova appagamento nelle più svariate modalità di approccio ad una pellicola. Nel momento in cui ci apprestiamo ad osservare il manifesto illustrativo della sala cinematografica, il nostro organismo risponde istintivamente ad uno stimolo (per il momento ancora senza rinforzo) degno del fenomeno animalesco che si attuava in quel campo di tortura psicologica di Pavlov.

Man mano che la nostra visuale scorre lungo quella lista infernale, ci troviamo a saltare a piè pari le solite cartoline delle vacanze di Woody Allen, per poi incappare nello pseudo-Horror apparentemente girato con una camera compatta che farebbe rimettere anche i protagonisti delle fantasie più vivaci di Paul Greengrass. Dopo essere sopravvissuti alla traduzione italiana dei blockbuster Hollywoodiani, approdiamo nelle commediole italiane che utilizziamo rigorosamente come zerbino per pulirci i piedi dalla fanghiglia della lettura precedente. Finalmente siamo arrivati a qualcosa che forse non ci potrà minimamente interessare, ma che forse cerca di sopravvivere all’interno di quella programmazione. Nel momento stesso in cui ci apprestiamo a leggere il titolo di quel film, parte nella nostra mente un flash back dove ci viene riproposta quella notte insonne dove si cercava conforto nella televisione italiana, e invece si è incappati nei consigli di Marzullo. Immediatamente distogliamo lo sguardo ed eseguiamo un doveroso minuto di silenzio per espiare il senso di colpa.Proseguendo nella lettura, incappiamo in film che ci sembra di aver già visto in una vita precedente e che ci avevano fatto cagare.

Finalmente la lista è finita, dopo un grande sospiro di sollievo, ci rivolgiamo alla cara ragazza che si trova di fianco, la ragazza che a lungo abbiamo corteggiato e che finalmente si è concessa per un appuntamento.

“Ce lo guardiamo Kirikù e la strega Karabà?”

Luigi è nella sua camera da letto, sta piangendo.

Matteo è un ragazzo portato a desiderare di guarire dalla malattia per poter ritornare all’università per chiudersi in biblioteca a studiare.

Matteo si trova in biblioteca della sua università privata, mentre finge di studiare. Lo sguardo fisso al di fuori della stanza si perde in vacui pensieri, mentre i capelli sopravvissuti alle 38 linee di febbre, stampano un alone sul vetro gelido della finestra.

Consapevole dell’impossibilità di studiare anche una sola riga di quel amaro manuale, Matteo prende un foglio e comincia a scrivere in modo incontrollabile il suo flusso di pensieri. Pensieri che vanno a parare nel suo bagagliaio preistorico di cui sempre è stato innamorato e che ultimamente venne dissacrato.

Dinosaur Project

THE DINOSAUR REJECT
Un’improbabile spedizione avventurosa che porta ad un incidente aereo e ad una scomparsa di un ragazzino nella giungla triassica, sembrerebbe la trama del terzo capitolo della saga di JP (diretto dal discusso J.Johnston), ma sfortunatamente è un rifacimento “Hand Cam” del filone spremuto e sottovalutato “Monster Dinosaur Movie”. La malattia mi porta a gettarmi nel nuovo canale tematico di Sky Cinema Max, (dove i miei desideri di un Monster Movie Channel sono stati mal interpretati), un canale che propone spazzatura alla Sharkhando, alla Snake on train e numerosi altri film di serie Z. Questa mattina mi sono imbattuto in “The Dinosaur Project” o in “The lost Dinosaur”, sono ancora confuso sul nome… Si è dimostrato un film, insomma, improbabile! Se la regia alla “The River” mi aveva interessato, dopo questa “pellicola” penso di odiarla. Beh la trama è semplice, oltre a copiare in malo modo i primi venti minuti di JPIII, ci troviamo di fronte ad una spedizione di ricerca composta da un figo alla Bear Grylls che si dimostra un cagasotto senza interesse per la materia di studio di tutta la sua vita, una troupe televisiva del GF, una fanciulla che non ha motivo di esistere (non solo perché muore dopo 10 minuti) e un teen ager con il Justin Biber hair cut, figlio del figo avventuroso che si nasconde nell’aereo della spedizione per poter sfuggire agli ordini del padre che non lo avrebbe voluto nel team…(Poco “The Lost World). Tuttavia Justin Biber sembra essere il più avventuroso dell’intera ciurma improbabile, con le sue 2000 telecamerine sparse per il corpo si dimostra un buona trovata pubblicitaria per la Go pro (compra la nuova Black III e potrai trovare anche tu cuccioli di dinosauri domestici che ti vomiteranno addosso, come rigetto per essere stati prodotti digitalmente in un film del genere). Insomma dopo un noiosissimo primo atto, appare il primo dinosauro e quale potrà mai essere la prima considerazione di un importante team di ricerca scientifica? “Piccolino ti piacciono i dolci?” Conan Doyle si starà sicuramente rivoltando nella tomba vedendo in che modo è andato a finire il genere da lui inventato. L’unica cosa che si salva di questa marcia, improbabile, scadente, scopiazzata di JP, è un piano sequenza in soggettiva di circa 1 minuto, della go pro fissata al collo di un dinosauro… Ora mi attendono altri film di questo calibro, spero non passino Age of Dinosaur della Asylum… piuttosto mi provoco i conati sparandomi due volte Cloverfield sotto Tachidol!

Walking With Dinosaur

Rimandata da troppo tempo, la visione di questo film, credo che se l’avessi visto al cinema, mi sarei divertito tanto quanto vidi per la prima volta “The Lost World” all’età di cinque anni. Nel caso vorreste vederlo e avete acquistato la pellicola in formato blu-ray vi consiglio di vederla togliendo la traccia dialoghi, perché forse il dialog-brain non è stata una scelta favolosa, e la storia si capisce lo stesso e penso che risulti ancor più naturale. Non un film eccezionale, ma ho apprezzato parecchio l’idea di inserire i dinosauri digitali all’interno di ambientazioni non ricreate, un grande lavoro di compositing con una regia non scontata, che offre punti di vista interessanti e non scontati sia dal punto di vista narrativo che fotografico. La musica è molto discutibile, appoggiarsi solamente a canzoni senza una vera OST di riferimento non è stata una brillante idea. Nonostante non abbiano incluso i miei dinosauri preferiti per una determinata “fedeltà” storica di ere, i protagonisti non mi sono dispiaciuti. La storia segue il classico sviluppo alla disney senza notevoli colpi di scena ne originalità. Questo film è il naturale sviluppo di “cinematografia triassica” da “alla ricerca della valle incantata” a “Dinosauri” fino ad arrivare a questo progetto, che si discosta dagli altri (oltre per l’utilizzo della nuove graphic design) anche per la mancata produzione di Spielberg (non so se è stato un bene) anche se non ho ancora terminato di leggere i titoli di coda…

Jurassic Wolrd. Official Trailer.

Un assaggio del nuovo mondo perduto.

Per la serie, non impariamo dai nostri errori: che importa se eravamo tanto inadeguati da far scatenare la prima guerra giurassica per via di un black out provocato da un dipendente dissidente e sovrappeso, è assolutamente necessario costruire un nuovo parco!, con molte più specie vissute in epoche differenti (che in caso di fuga, sarebbero sufficienti per ripopolare il pianeta) e si presume e si spera una generatore di energia di emergenza. Purtroppo non rivedremo i personaggi che abbiamo saputo apprezzare, come il sex bomb Ian Malcom, che ci ha fatto innamorare con quello sbadiglio alla fermata della metro e che ci ha sempre estasiato con le sue uscite “maifuoriposto” del primo capitolo (“Si ricordi di lavarsi le mani prima di mangiare”). Con disdegno, dovremo fare a meno anche di colui che ama traumatizzare le giovani menti, l’archeologo in eterna friendzone Alan Grant.

Bando alle ciance, apriamo il video, impostiamo la massima rivoluzione e abbandoniamoci completamente a lui.

Le danze si aprono con la squillo preferita da Hank Moody in Californication, che esegue una magistrale gufata verso i figlioletti, che non sembrano per nulla eccitati dall’idea di entrare fisicamente nel videogioco Operation Genesis.

Dopo una carrellata sullo yacht di Briatore, arriviamo al famoso cancellone evoluto in “blu”ray dal 1993.

Mentre degli archi zimmeriani estrapolati da qualche immediate music, ci accompagnano in una carrellata sui dinosauri in CGI, ci accorgiamo che i Gallilimus e gli Stegosauro, facevano più sporca figura in versione animatronix o plastica dura che dir si voglia.

Riprendendo le fantasmagoriche vicende dei due ragazzini, li vediamo ora all’interno di un grande testicolo in vetro che affianca incurante delle numerose tonnellate, un… Brachiosauro?.

Ma il momento principale arriva proprio in questo momento, proprio quando cessa di risuonare quell’eroica fanfara e vediamo una stupenda cornice, che ricorda in chiave moderna, gli anfiteatri romani che ospitavano le naumachie (battaglie navali live in action). Ora vi appare uno Spielberg ehmm.. uno squalo bianco appeso come un salame in attesa di una triste sorte. Improvvisamente, dalle acque profonde, spunta un gigantesco Guglielmo del Tor…ehmm Mosasauro che divora il povero Jaws (notare come le protezioni per il pubblico non eguaglino nemmeno quelle dello stadio di Belgrado durante il match Serbia – Albania.) Dopo questa gigantesca metafora, non può non apparire il nome del produttore esecutivo. Il successivo minuto e mezzo di trailer ritorna sulla crociata di convincimento nei confronti della teoria degli insetti nella resina e che è molto saggio voler creare un nuovo esemplare di cattivone. Tutta la parte finale viene accompagnata musicalmente dalla storpiatura in diversa tonalità del tema del vecchio Johnny Williams, rendendola più Giacchiniana. Per farla breve, sembra che il nuovo dinosauro abbia creato scompiglio e che il parco non è più avallabile per colui che prenderà il posto di Donald Gennaro.

Se mettiamo da parte la mentalità critica, la logica della vita, il senso del gusto e molte altri ideali stereotipati sul come dovrebbe essere un buon film, non ci resta che liberare il nostro fanciullino interiore e quando arriverà il momento, dovremo ricordarci che se qualcosa ci insegue, dovremmo scappare!

 

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