CAPTAIN AMERICA: CIVIL WAR – L’AMICO DEL MIO AMICO È IL MIO NEMICO
di Alessandro Sivieri
Meglio il controllo ferreo o l’anarchia? Quante libertà individuali saremmo disposti a sacrificare pur di garantire la nostra sicurezza? Ma soprattutto, cosa fare quando un tuo caro amico ha una visione del mondo radicalmente diversa dalla tua? Le domande che il terzo episodio di Captain America si pone sono grosso modo queste. Insieme al concorrente made in DC Batman v Superman, l’apripista per la terza fase dell’universo cinematografico Marvel è un cinecomic adattissimo al clima che respiriamo tutti i giorni: l’eterno post-11 Settembre, la paranoia, la paura del terrorismo, i fragili equilibri internazionali e la necessità di difendersi da un nemico che ormai è in mezzo a noi. I supereroi del 2016 mostrano il loro lato più oscuro e tormentato, e fanno finalmente i conti con le conseguenze delle loro azioni: come i danni collaterali di Superman e il conseguente dibattito erano un tema centrale nell’ultima avventura dell’Uomo d’acciaio, qui i Vendicatori devono convivere con le morti innocenti che le loro battaglie hanno mietuto negli episodi precedenti.
Data la mole di volti conosciuti pronti a scontrarsi e alcune nuove, eccitanti new entry, questo film si potrebbe definire a tutti gli effetti un Avengers 2.5, sebbene il fulcro della narrazione rimangano sempre Captain America e il suo storico amico Bucky/Soldato d’Inverno, con il primo intenzionato a salvare il secondo, accusato di svariate stragi compiute quando era ancora un servo dell’HYDRA (organizzazione malevola e di stampo nazistoide che, nell’universo Marvel, fa controparte allo SHIELD). Purtroppo il mondo non crede nella redenzione di Bucky, e questa decisione porterà il Capitano a scontrarsi con parte di coloro che un tempo considerava alleati, in primis l’Iron-Man di Robert Downey Jr. Lo scontro tra i due, infatti, assumerà via via tinte più personali. A fare da contorno alla questione “di famiglia” troviamo una trama di stampo più politico, dove il governo americano, in seguito all’ennesimo incidente in terra straniera, pretende che i Vendicatori firmino un trattato che ne metta sotto controllo l’operato. Per alcuni degli eroi questa è una scelta obbligata, atta a differenziarli dai cattivi e a tranquillizzare l’opinione pubblica, per altri è un atto dittatoriale, il malcelato tentativo di fare del team un’arma a uso e consumo dei potenti. Agli antipodi troviamo, come già detto, Iron-Man/Tony Stark e Captain America/Steve Rogers. Il primo, ritiratosi da tempo dalle scene, è più che mai in preda al rimorso per gli eventi passati (per chi si fosse perso il secondo Avengers, fu proprio Tony a creare il malvagio Ultron, interpretato da James Spader), e quando le foto dei civili rimasti uccisi gli vengono letteralmente sbattute in faccia, ha un crollo definitivo e decide che i Vendicatori non possono più causare catastrofi in giro per il mondo: se è vero che il loro scopo è sconfiggere il villain di turno, la loro stessa esistenza causa l’insorgere di nuovi avversari, in un perverso nesso di causa-effetto.
Dall’altra parte troviamo un Captain America sempre più combattuto e compromesso, intenzionato a mantenere la propria libertà d’azione e a salvare Bucky Barnes dal mondo e, in ultima, da se stesso (similmente a Hulk, il Soldato d’Inverno è quasi una personalità separata, che ogni tanto ha il sopravvento su Bucky e si scatena in tutta la sua furia sanguinaria). Va dato merito a Chris Evans di non aver dato forma, nel corso della sua crescita, a un banale belloccio in calzamaglia che rappresenta il sogno americano: questo Captain America non riconosce più il proprio paese e fa ciò che ritiene giusto, a volte sconfinando nell’egoismo. Perché al di là di un epilogo piuttosto netto, qualcuno continuerà a chiedersi quale dei due schieramenti sia realmente nel giusto. L’intento di Civil War non è solo richiamare l’attenzione su due beniamini del pubblico che se le danno di santa ragione, ma anche far riflettere lo spettatore su quanto sia labile il confine tra eroe e vigilante, sul senso stesso della figura del supereroe. E non dimentichiamoci quello che forse è il tema più provocatorio, ovvero lo spirito di vendetta che anima le vittime, i superstiti che hanno assistito alla distruzione delle guerre supereroiche e che hanno perso tutto. Similmente a Batman v Superman, appunto. Ma se la pellicola DC aveva il compito di avviare un universo condiviso nuovo di zecca, l’obiettivo di questo Captain America 3 è segnare alcuni cambiamenti, sconvolgendo definitivamente le dinamiche del vecchio team degli Avengers (già mutato alla fine di Age of Ultron).
Il sangue vecchio, però, è destinato a rinvigorirsi grazie a quello nuovo. Accanto a dimissioni più o meno forzate e a inimicizie che forse si placheranno o forse no, abbiamo un paio di new entry che il pubblico attendeva da tempo: non stiamo parlando della graditissima capatina di Ant-Man (paragonato ad altri, Paul Rudd ha poche scene ma si conferma irresistibile) ma dell’ingresso in grande stile di Black Panther e del nuovo Spider-Man. Il primo, interpretato da Chadwick Boseman, irrompe sulla scena in tutta la sua furia e regalità, il secondo è letteralmente un sogno a occhi aperti. Il giovanissimo Tom Holland, terzo interprete del Tessiragnatele sul grande schermo, spazza via ogni dubbio sulla collaborazione tra Marvel e Sony. È un Peter Parker/Spidey ancora liceale e immaturo, ma già dotato di abilità combattive considerevoli e di quella simpatica logorrea che un po’ latitava nelle precedenti incarnazioni. Apprezzabile la scelta dei fratelli Russo (già registi di The Winter Soldier e destinati a dar corpo al dittico Infinity War) e dell’intero staff di autori di fare di Spider-Man non solo una comparsa, ma un personaggio a tutti gli effetti. Perché diciamolo, il numero di comprimari in questo film è molto più alto che nei precedenti, ma ognuno ha il giusto spazio, il proprio momento di gloria, e i dialoghi scorrono lisci tra una scena d’inseguimento e un distruttivo scontro corale (a essere pignoli è da segnalare un parziale sottoutilizzo di Zemo, il mastermind interpretato da Daniel Brühl, che ai tratti psicotici del Luthor di Jesse Eisenberg contrappone una freddezza e una pericolosità più umane che mai). L’ultimo nato in casa Marvel presenta una fluidità e una concentrazione con le quali Batman v Superman, soprattutto per via del montaggio, non può competere del tutto.
Vi invito però a non prendere del tutto sul serio la frase precedente. Alla conclusione di questa analisi, mi sto ancora chiedendo se fosse evitabile comparare continuamente le due pellicole, un po’ come Superman o Captain America si tormentano sull’ennesima distruzione di un palazzo pieno di civili. Mi rispondo come si rispondono loro, pur con qualche riserva: la guerra è guerra, ognuno fa del suo meglio. Il genere supereroistico, anche in virtù dei propri cattivi sempre più usa e getta, ha compreso da tempo che un buon modo per non impantanarsi è far scontrare gli eroi tra loro, superando la ferrea distinzione tra bene e male. In questo caso siamo eccitati nel vedere due dei nostri personaggi d’affezione che combattono spietatamente, ma alla fine vorremmo quasi chiedergli di smetterla, perché iniziamo a non riconoscerli più e avvertiamo il peso di ogni pugno. È questa la grande forza di Civil War, che a confronto della guerra totale narrata nell’omonima serie fumettistica è più una rissa di quartiere; infatti è la psicologia dei personaggi a infondere il tocco magico. L’eccellenza dei Russo si fa poi notare nelle scene d’azione, più intense e dinamiche che mai, e anche qui, a dirla tutta, abbiamo uno showdown più soddisfacente di quello tra Batman e Superman. Non abbattetevi, però: il vantaggio del titolo DC potrebbe proprio essere l’accoglienza tiepida riservatagli dal pubblico. I prossimi film della Justice League potrebbero rincuorare gli animi e portare a qualche giusta rivalutazione, mentre per la Marvel diventerà sempre più difficile superare se stessa e incrociare in modo coerente i destini dei propri eroi. Intanto, però, godiamoci le migliori incarnazioni di Batman e Spider-Man mai apparse su pellicola (e sbaviamo per i loro incombenti episodi stand-alone).
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