Lo chiamiamo King Arrow o Avenger’s Creed?
di Alessandro Sivieri
È vero, non si dovrebbe giudicare la qualità di una pietanza dalla confezione o dall’impiattamento, ma a volte bastano davvero due minuti di trailer per farci capire che era meglio lasciar riposare il leggendario fuorilegge inglese, l’arciere specializzato nel sottrarre quattrini ai ricchi. Il ricordo di Kevin Costner è ben radicato nella cultura pop, un po’ meno quello di un imbolsito Russell Crowe, ma ecco che arriva il reboot tamarro con Taron Egerton, fresco della saga di Kingsman. Le scene a cui abbiamo assistito, per dirla in poche parole, ci fanno pensare a una risciacquatura dell’ultimo King Arthur, ma senza il talento di Guy Ritchie a condurre le danze. Questa pellicola sembra percorrere quel filone neo medievale dove tutto viene re-immaginato e spettacolarizzato in chiave contemporanea. Similmente al regno di Camelot 2.0, l’apparenza di Nottingham e dei suoi abitanti ha poco a che fare con l’epoca delle Crociate, sposando una filosofia steampunk, o comunque vicina al revisionismo estetico.
L’impostazione moderna non è un problema se l’esecuzione è all’altezza, ma qui purtroppo sentiamo puzza di bruciato. Come per il Roar Uthaug di Tomb Raider, la produzione ha optato per un regista prestanome europeo, in questo caso Otto Bathurst, e il risultato è prevedibile: sequenze d’azione prive di mordente e infarcite di slow motion, battute scanzonate e alcune inquadrature di fattura quasi amatoriale. Egerton risulta poco credibile nelle vesti di un Robin sbarbatello che tira frecce in volo, riportando alla mente un Green Arrow o un qualunque membro della Setta degli Assassini. Ugualmente fuori parte il Little John di Jamie Foxx, ibridato con l’Azeem di Morgan Freeman, ma il più stereotipato è proprio lui: lo sceriffo di Nottingham. Da quando ha sfondato con Rogue One, l’australiano Ben Mendelsohn si è specializzato in unico tipo di personaggio, ovvero il cattivo burocratico. Parliamo del villain monodimensionale che ama la propria posizione e si sporca le mani solo per perdere in due secondi, come nel caso dell’imprenditore di Ready Player One. Persino le vesti sembrano prese in prestito dal guardaroba del Direttore Krennic.
Chi in redazione era ansioso di gustarsi una rilettura originale del bandito romantico, il tizio con l’arco a cui si ispirano eroi come Oliver Queen e Occhio di Falco, rischia di prendere una cantonata di proporzioni galattiche. Forse saremo in sala, addolcendo con l’ironia lo smacco di una trama che sembra correre su un binario fisso, con tanto di rivolta popolare alla V per Vendetta. Tenetevi anche Crowe e Costner, ma almeno ridateci Cary Elwes con il suo amico Bellosguardo.