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BLACK MIRROR: BANDERSNATCH – Tutte le scelte e i finali

Abbiamo visto e rivisto il primo film interattivo di Netflix, Black Mirror: Bandersnatch. Tante scelte, molti finali: ecco uno schema per orientarsi.

di Cristiano Bolla

Dunque, la situazione è questa: sono le due del mattino e sto cercando di finire il diagramma di flusso su cui sto lavorando dalle quattro di questo pomeriggio. Non riesco a ritrovare un particolare snodo narrativo di Black Mirror: Bandersnatch, quindi faccio quello che la mia generazione fa da anni quando è frustrata e non riesce, ossia cerco le soluzioni sull’Internet. Risultato: dodici ore fa un utente Reddit ha postato lo stesso identico schema che stavo facendo. Non so se amarlo o odiarlo. Ad ogni modo, prima di condividere questo schema (che se siete impazienti trovate in fondo alla pagina, tradotto), si può dire qualcosa su questo prodotto unico nella storia di Netflix.

Chiunque, guardando Bandersnatch.

Sì, unico per Netflix, ma non in generale. Diciamolo subito: l’interattività non l’ha scoperta Charlie Brooker, ma è un tipo di formato che, con alterne fortune, quasi ogni media ha tentato di includere negli ultimi (almeno) vent’anni. Come viene detto in Black Mirror: Bandersnatch stesso, galeotti furono i libro-game, testi letterari in cui è possibile saltare di capitolo in capitolo in base alla scelta. I primi esperimenti risalgono addirittura a prima della metà del secolo scorso, poi sdoganati grazie anche all’avvento dei giochi di ruoli quali Dungeons & Dragons, le cui avventure sono di fatto enormi libro-game che permettono al giocatore di fare continue scelte.

Dal videogioco Bioshock Infinite, serie videoludica che ha sfruttato le scelte multiple

Spostandoci sul televisivo e senza andare a scavare troppo a fondo, ricordo che persino Mediaset una quindicina di anni fa fece un esperimento di interattività: un particolare episodio di una serie, infatti, prevedeva un televoto da casa che decidesse il tipo di finale della storia (nella fattispecie, se il protagonista dovesse tenere o restituire dei soldi). Qualche anno dopo arrivano le web series, ora più elegantemente note come serie digitali: l’attore Flavio Parenti è stato uno degli autori, in Italia, a cimentarsi con un prodotto interattivo, Days (2013), in cui si poteva scegliere che personaggio seguire nel corso dell’episodio. Recentemente, inoltre, Riccardo Milanesi (un pilastro in questo campo) ha realizzato insieme a Claudio di Biagio un alternative reality game per il lancio del film Overlord. Per non parlare appunto dei videogiochi: da Heavy Rain ad Assassin Creed Odyssey, sono centinaia i titoli che fanno della scelta dello spettatore il proprio motore scenico. Pochi esempi che spiegano il punto: Netflix non ha inventato niente.

“Ah, c’era già tutta questa roba prima di noi?”

Tuttavia, il contributo di Black Mirror: Bandersnatch all’interattività è di livello assoluto. Nel corso di questo… Film? Episodio? Diciamo prodotto, si possono infatti fare oltre 50 tipi di scelte che riconducono a 5 finali diversi e a qualche vicolo cieco che costringe a ripartire. Negli esempi di interattività visti finora, molto spesso era la storia che si piegava al formato, mentre Charlie Brooker qui ha creato un prodotto in cui è il formato stesso a servire alla storia: il giovane programmatore Stefan, un po’ autistico e con un trauma non superato, cerca di realizzare il proprio videogame interattivo, entrando così in un loop psicotico che lo porta a mettere in dubbio la realtà che lo circonda. E fa bene, perché la sua è una realtà fittizia, è un attore di una serie tv e il risalto di questo aspetto meta-cinematografico è tra i punti di successo di Bandersnatch. Quando viene data la scelta tra il simbolo di White Bear (a proposito, li avete beccati tutti i riferimenti agli altri episodi? Nosedive, MetalHead… L’auto-citazionismo si spreca!) e il logo di Netflix, scegliete quest’ultimo e godetevi quello che succede.

Black Mirror: Bandersnatch ha dei limiti dettati dal dover fornire un’esperienza che sia accessibile, ma lo fa con saggezza e coscienza, dichiarando apertamente che alla fine il segreto è l’illusione del libero arbitrio, che riconduce Stefan a scelte prestabilite, ma persino noi stessi a tratti ci siamo illusi di essere i demiurghi dell’esperienza. Notevole, tuttavia, il modo in cui i vari pezzi sono stati messi assieme e il livello di dettaglio delle micro-scelte, anche quelle che a prima vista non sembrano influenzare la storia. Senza dubbio Bandersnatch spazza via quell’aria di malumore che aleggiava su Black Mirror da un paio di sciapissime stagioni a questa parte: il mood, l’ansia da futuro distopico e un formato che rende pienamente merito e onore al cuore della serie. Chapeau.

Quando sono tre ore che cerchi di ritrovare uno snodo narrativo

Che tipo di spettatore siete, voi? State ancora cercando di mappare tutte le scelte possibili? Vi siete accontentati della prima versione della storia che è capitata? Bandersnatch ci dice molto non solo sul possibile futuro dell’esperienza di visione, ma anche sul modo in cui lo spettatore stesso potrebbe interagirvi. Io ci ho provato, ma ad un certo punto ho iniziato a fondere e quindi mi sono arreso: ci sono delle scelte e degli sviluppi che non riesco a tornare e neppure questo schema dell’utente Reddit u/alpine rende pienamente giustizia all’intricata rete di possibilità create da Netflix.

Vi lasciamo con lo schema delle possibili scelte, dei finali, una piccola guida [ATTENZIONE, SPOILER] e con una domanda: e se tra dieci anni tutte le serie e i film prevedessero una componente interattiva? È un futuro che vorreste vedere, vivere?

Il link al post Reddit di u-alpine: https://bit.ly/2ES2BYP

[ATTENZIONE: SPOILER]

Gli snodi. Le scelte da fare sono tantissime, ma quelle fondamentali che determinano il corso della vicenda sono tre:

I finali. Sono 5 e nessuno è esattamente un lieto fine, in pieno stile Black Mirror:

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