10 CLOVERFIELD LANE

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10 CLOVERFIELD LANE

Una recensione di Matteo Berta

La Bad Robot ci propone un paio di storie incrociate che rispolverano trame già viste in classico stile Abrams, ovvero nel modo più citazionista possibile. Due trame strutturate in modo abbastanza articolato, ma che spesso si trovano a sfociare nella banalità di scelte narrative che non ci entusiasmano. Di per se si presenta con gli stessi problemi metaforici del capitolo precedente (sempre se si voglia parlare di un vero legame tra i due film) ovvero che ci viene proposta tanta roba che alla fine dei conti non si capisce dove voglia andare a parare. Oltre alla storia cardine, si costruisce attorno un’esperienza quasi più sensoriale che effettivamente da narrazione cinematografica. Si può parlare di Monster Movie? forse ma non credo… I paratesti ci suggeriscono che i mostri possono presentarsi in diversi modi, ok siamo totalmente in accordo, ma poi ci devi convincere con il film stesso.

Il regista di un fan-made su portal viene sbattuto in una logica che non ci fa impazzire. Viene conosciuto per essersi basato su una storia non sua e successivamente viene premiato dandogli in mano storie e abbecedario da seguire che magari non gli appartengono nemmeno, ma alla fine, se fossimo stati nei suoi panni, avremmo agito nello stesso modo. Abrams, occupato a paracularsi in saghe celebri non sue, muove i fili di una storia di cui non sembra essere tanto appassionato e quindi ne lascia le redini ad un prestanome pronto a pigliarsi le possibili critiche negative.

Un incipit promettente per un film abbastanza deludente, l’intreccio con cui ci aveva conquistato già dal trailer perde sempre più valore con l’esaurirsi del minutaggio e le sequenze adrenaliniche si mostrano come una brutta copia delle scene di Spielberg per War of the Worlds. Un lavoro che scorre abbastanza velocemente e per un occhio non del tutto sveglio potrebbe anche sembrare funzionante, ma se si analizza un pochino sotto la superficie, si può trovare qualcosa di già risentito, una serie espedienti narrativi prevedibili, una musica di Bear McCreary che ha tanta voglia di farsi sentire, ma che si limita al ricalcare le situazioni emotive e di tanto in tanto ad accennare qualcosa di autonomo facilmente dimenticabile dopo pochi minuti.

Molto più efficace l’interprete di Michelle piuttosto che un prevedibile e spesso “troppo caratterizzato” John Goodman, in teoria la performance più attesa del film.

Sembra un parassita del Cloverfield precedente, uno spin off di un film che ho ritenuto brutto. Ne succhia la linfa sostanzialmente inconsistente.

Sai quando si dice di un film carino? ecco… Carino.

10 Cloverfield Lane

 

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