MA JOHNNY DEPP SA INTERPRETARE SOLO JOHNNY DEPP?

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MA JOHNNY DEPP SA INTERPRETARE SOLO JOHNNY DEPP?

di Alessandro Sivieri

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A me il caro, tenebroso Johnny non è mai dispiaciuto come attore, ma devo riconoscere che da un po’ di tempo abusa di se stesso. Non sto parlando dei chiacchierati problemi con alcol e droga, ma della reale consistenza della sua tanto sbandierata poliedricità. Mi piace ricordarlo nei suoi esordi iconici degli anni ’90, con Edward mani di forbice e con il sottovalutato Ed Wood, dove vestiva i panni di un regista trash leggendario, idolo di Tim Burton. Non scordiamoci poi Paura e delirio a Las Vegas di Terry Gilliam, dove affiancava Benicio Del Toro in un allucinante e malsano road movie. Tre ruoli eterogenei e interpretati con classe: un malinconico essere artificiale, un regista ambiguo e visionario, un giornalista tossicodipendente e senza scrupoli. Quello sì che era trasformismo!

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Poi giunsero gli anni 2000, lenti ma implacabili: abbiamo qualche incursione nell’occulto e nell’investigazione paranormale (La nona porta, Il mistero di Sleepy Hollow) e un pizzico di poliziesco (Donnie Brasco, interpretazione un po’ caricaturale ma sempre efficace, accanto a un grande come Al Pacino); abbiamo il narcotraffico di Blow e la schizofrenia di Secret Window. In quel periodo si scatena quella che potremmo definire “Sindrome del fricchettone”: complice il fitto sodalizio artistico con Burton e il successo di Pirati dei Caraibi di Verbinski, il nostro si getta a capofitto in una serie di ruoli grotteschi, finendo per annullarsi (e non in senso buono); una sequela di tizi strambi, pesantemente truccati, che finiscono per essere l’ennesima riproposizione di una stravaganza quotidiana.

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Per carità, Jack Sparrow è un personaggione che ha fatto il botto, ma vogliamo parlare del suo costante riciclo (prossimo al quinto episodio) unito a uno sviluppo psicolgico appiattito? Un caso eclatante di dipendenza da personaggio (certo, anche il cachet allettante fa il suo sporco dovere). Ecco poi spuntare un Willy Wonka iper-eccentrico alla Michael Jackson, un cupo Sweeney Todd con tanto di doti canore, il pellerossa Tonto di The Lone Ranger, il vampiro Barnabas Collins di Dark Shadows (a livello di fisicità/movenze ci può anche stare), l’astuto Mortdecai e, ahimé, il Cappellaio Matto di Alice in Wonderland (già di ritorno in un sequel).

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Personaggi più o meno colorati ma concettualmente monocromatici. Non scordiamoci poi il lato da cattivo ragazzo: un freddo e spietato John Dillinger in Nemico  pubblico e il celebre criminale James Bugler in Black Mass, dove Depp ha suo malgrado dimostrato che non basta imbruttirsi per scollarsi di dosso il pilota automatico.  A volte il personaggio non viene nemmeno costruito, ci si limita a Johnny capitato sul set per caso (Transcendence, The Tourist, Parnassus). Capitemi, questo non è accanimento, perché la tendenza a recitare in qualunque ciofeca, istruzioni del microonde incluse, colpisce anche figure più blasonate come Robert De Niro. Ma se quest’ultimo, avendo già inanellato una dopo l’altra le interpretazioni da 10 e lode, può permettersi di divertirsi in questa sorta di giocosa pensione, resta il rammarico per una promessa ben più giovane che si è fossilizzata in un paio di canovacci riproposti fino allo sfinimento: l’eroe clownesco e il derelitto un po’ palliduccio.

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Ti prego, Johnny, ripigliati. Non sottoporci mai più a traumi come la deliranza. Anzi, te la butto lì… hai mai pensato di interpretare in modo eccezionale un tizio assolutamente normale?

 

 

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