ALLA RICERCA DI DORY

ALLA RICERCA DI DORY + PIPER

di Matteo Berta.

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Bisogna stare zitti e nuotare, senza aver paura di buttarsi nel blu profondo, che non è solamente una bella vista da ammirare, c’è dell’infinito oltre l’anemone. 

Piper.

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Come ogni lavoro Disney Pixar che si rispetti, ci viene offerto anteriormente un fantastico cortometraggio di apertura, dimenticata facilmente la canzone dei Geyser vista prima di Inside Out e ricordata con piacere la favoletta sociologica presentata prima de “A Good Dinosaur” ci imbattiamo in un semplice uccellino che ha paura dell’acqua. Delicato ed elegante, godetevi il First Look, un piccolo assaggino.

Blu profondo, ma non sei solo…

Tre anni di lavorazione dopo l’annuncio nell’agosto del 2013, hanno portato nelle sale una nuova ricerca marina. Finding Dory è il sequel di Finding Nemo anche se, fin dalle battute iniziali, capiamo di trovarci di fronte più ad uno Spin-off/Reboot, più che ad un vero e proprio seguito, anche se temporalmente lo è. Questo lavoro si presenta nella stessa struttura narrativa del precedente, un road “marine” movie che scaturisce da una mancanza iniziale (In questo caso il riaffiorare dei ricordi dei genitori di Dory).

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Le tematiche principali sembrano ruotare attorno alle “disabilità” dei pesci, dalla famosa pinna amorfa di Nemo, alle perdite di memoria di Dory fino ad arrivare ai pesci malati dell’istituto californiano presentatoci nel secondo atto. I personaggi di questa divertente storia sono molto caratteristici, soprattutto come espresso poco fa, per via dei loro “difetti”. Il polpo Hank è un esperto del parco di fauna marina (ambientazione principale del film) e il suo desiderio principale non è vivere nell’oceano ma al contrario, necessita di vivere in cattività, poi c’è lo squalo balena miope di nome Destiny e il beluga dalle “funzionalità da revisionare”. La tematica del diverso torna di prepotenza, essa può essere interpretata in moltissimi modi: da una morale razziale fino ad argomentazioni ambientaliste tra le più svariate. Andrew Stanton torna alla regia e in questo caso si prende la briga di scrivere anche il film, ricordiamo che il capitolo precedente fu un vero e proprio successo al botteghino e per questo motivo, la produzione, non ha voluto variare il cast artistico e tecnico della saga.

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Questo seguito è veramente degno di nota, perché se si tralasciano le banali strutture narrative e le varie fabule di fondo, questo lavoro d’animazione è veramente ottimo, esso non è una semplice storia per bambini ma è un vero e proprio godibile lavoro cinematografico maturo (dal montaggio della principale linea narrativa con i flashback al ritmo filmico che si integra perfettamente con gli altri elementi fotografici e sonori). Finding Dory è un eccellente lavoro estetico condito da una storia carina. Questo lavoro contiene sequenze veramente ben gestite, come quella della Kid-Zone, essa può essere perfettamente paragonabile in termini qualitativi ad una qualsiasi scena del primo memorabile Toy Story.

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Alla colonna sonora torna Thomas Newman che devo ammettere fa proprio un buon lavoro. Il primo film era ottimamente musicato, per quanto riguarda questo invece abbiamo un grande lavoro di accompagnamento, nessun grande tema memorabile ma è in ogni caso degno di nota, sopratutto nei flashback di Dory e nelle situazioni “emotivamente rilevanti” dei vari personaggi.

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In questo film vediamo diverse specie marine, ma non ci sono orche (avrei voluto tanto che ci fossero), ma in un certo senso erano li, in modo metaforico: primo perché lo squalo balena effettua lo stesso salto di Willy in Free Willy (grande omaggio) e secondo per la questione del finale (qui si va giù di SPOILER in modo massiccio). Il film sarebbe dovuto terminare con l’allegra combricola che rimane a vivere nell’istituto faunistico, ma la produzione cambiò idea dopo l’effetto provocato sull’audience dal documentario Blackfish dove la critica pesante a quel tipo di attrazioni, spostò il gradimento verso delle storie di libertà più che di cattività.

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Alla ricerca di Dory

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