AVENGERS: INFINITY WAR – MAZZATE APOCALITTICHE

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La Marvel prende coraggio e gioca le carte migliori.

di Alessandro Sivieri

Dopo una partita a poker lunga dieci anni rimane una sola scelta sensata: andare in all-in e sfoderare una combinazione micidiale. Fortunatamente è ciò che ha fatto la Disney, che giocandosi tutto riesce nel duplice intento di creare il miglior episodio dell’MCU di sempre e tirare randellate in faccia ai fan. Un’opera colossale che funziona grazie a un certo margine di imprevedibilità, perché oltre a rappresentare la summa di tutti i film Marvel, si trasforma lentamente in qualcosa di diverso, un po’ come The Last Jedi.

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Il bello è che arriva, ti scuote e se ne va rapidamente, come un temporale estivo. Nonostante la sua mole di personaggi, scorre incredibilmente bene e non presenta punti morti, salvando lo spettatore da una progressione frammentata. Due ore e mezza sono poche per raccontare un’apocalisse, e infatti gli sceneggiatori, insieme ai fratelli Russo (già registi di The Winter Soldier e Civil War), limano ovunque sia necessario, confezionando un intreccio che non si perde in sequenze inutili. Persino una sorta di side quest di Thor (Chris Hemsworth), simile alla gita nel casinò spaziale di Canto Bight, offre come ricompensa un personaggio inaspettato e una comparsata epica in un momento di difficoltà. Le scene d’azione, pur se dirette con sicurezza, risultano talvolta caotiche nel montaggio (in particolare durante la battaglia di Wakanda), ma a elettrizzare non è tanto lo scambio di cazzotti, quanto la portata globale degli eventi.

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Oltre alla scrittura serrata, a fare la differenza è l’atmosfera, finalmente cupa come si addice a uno scontro finale. L’abituale umorismo è ancora presente, ma sempre come in The Last Jedi, è funzionale alla storia senza inficiarne la drammaticità. L’unico modo per mettere in relazione così tanti protagonisti in tempi brevi è infatti la schermaglia verbale, dove emerge il lato più interessante di ogni supereroe, creando situazioni gustose: i battibecchi tra Tony Stark (Robert Downey Jr.) e Stephen Strange (Benedict Cumberbatch), la logorrea di Peter Parker (Tom Holland) e l’ingenuità di Drax (Dave Bautista) riescono a rendere credibili in pochi secondi delle situazioni inedite. E poi arriva il Thanos di Josh Brolin, che monopolizza giustamente la narrazione, classificandosi come il miglior cattivo Marvel mai visto. Spietato con gli altri quanto con se stesso, presenta delle motivazioni diverse rispetto al fumetto (non vuole conquistare la Morte), ma a colpire duro, oltre ai suoi pugni, è il suo senso del sacrificio: persegue un ideale che crede giusto, in nome del bene collettivo, e oltre a compiere atti di immane scelleratezza, non esita a infliggersi delle pesanti sofferenze. Similmente al giovane Kylo Ren (Adam Driver), intraprende un cammino spirituale che contempla il distacco dagli affetti e un lucido masochismo, tentando di plasmare il proprio destino.

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In questa overdose di duelli e traversate spaziali, la regia si prende il tempo per esplorare la filosofia e la storia personale del suo villain, piazzando un paio di scene magistrali che ne mostrano la vulnerabilità emotiva. Vulnerabilità che non sussiste nella sfera fisica, poiché Thanos è virtualmente inarrestabile, dimostrandosi la sfida che tutti i fan attendevano. Può essere ferito, rallentato, ma la sua forza e la sua astuzia gli consentono di essere un passo avanti rispetto agli avversari. E poi c’è il finale, dove la produzione si prende un bel rischio, ricevendo il plauso del sottoscritto grazie a delle scelte coraggiose. Non parliamo della morte di svariati personaggi, anche se l’identità e la quantità delle vittime è spiazzante. La vera bomba è la natura autoconclusiva di Infinity War, che cambia a tempo indeterminato il mondo dei Vendicatori. Non contenti, i fratelli Russo infilano il dito nella piaga, e così anche la scena post-credits, quella che in passato aveva un carattere umoristico o risolutorio, ci lascia come ne L’impero colpisce ancora: devastati, ma con una punta di speranza.

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Non parliamo nemmeno di una speranza concreta, quanto di un indizio destinato a evolversi. Questo epilogo cinico, come un bullo che ti tira un altro paio di calci quando sei già a terra, taglia i ponti col passato e somiglia più a un atto definitivo che al preludio di Avengers 4, destinato a uscire l’anno prossimo. C’è solo da augurarsi che la seconda parte non si risolva in deus ex machina e resurrezioni inspiegabili, andando a svilire la maturità della prima. L’attesa lunga due lustri è stata premiata, e a costo di far saltare tutto il tavolo, la Marvel ha giocato la carta dark.

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