MEDIOEVO MOSTRUOSO: IL CERVO

Il Cervo nella storia

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di Giovanni Siclari

Rieccoci cari amici in un nuovo appuntamento con l’immaginario medievale. Oggi andremo a parlare di un animale notoriamente conosciuto per essere uno dei più favoriti all’interno dei bestiari cristologici e positivi. Stiamo parlando del cervo.

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La tradizione romana non attribuiva particolare dignità e valore a questo animale, infatti la caccia al cervo sia presso i Romani che presso i Greci era trascurata se non addirittura disprezzata. Questi infatti lo consideravano debole e vigliacco perché fuggiva dinnanzi alle minacce dei cani. Anche l’aspetto culinario è tutto dire perché la carne di cervo veniva considerata poco igienica e flaccida, tanto che non compariva mai nei banchetti dei patrizi. Ma spezziamo una lancia a favore di questo animale perché è molto probabile, se non addirittura certo, che il cervo molto fosse difficile da cacciare perché abitava in zone solitamente poco utilizzate per la caccia, trattandosi spesso di zone scure, impervie e accidentate. Era più la fatica di inseguirlo che la gloria nell’averlo ucciso e quindi spesso finiva sulle tavole dei semplici contadini.

Ma lasciamo adesso l’antichità greco-romana per vedere un attimino cosa cambia con l’arrivo dei Germani, il crollo dell’Impero Romana d’Occidente e la commistione culturale tra Romani e Germani. Con l’inizio dell’Alto Medioevo ci troviamo di fronte a un cambiamento: la caccia al cervo inizia a diventare un’attività venatoria prestigiosa e addirittura a partire dal XII secolo diventa caccia regale per eccellenza. Perché avviene questo?

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La società medievale è una società che tende a cristianizzare ogni aspetto della vita quotidiana e a scandirne anche il tempo. La Chiesa in questo senso riteneva che la caccia in sé fosse un’attività che portasse l’uomo al furore e alla voglia di sangue, come in effetti spesso accadeva con la caccia all’orso o al cinghiale. Cacciare, uccidere, spargere il sangue di animali e, spesso accadeva, di uomini non era ben visto dagli uomini di Chiesa, che cercavano di trovare valvole di controllare e regolare le valvole di sfogo in seno alla società. La caccia dunque non fu vietata mi si consigliò la caccia al falcone, più posata e confacente alla dignità regia e aristocratica, mentre la caccia al cervo (sicuramente più violenta ma non come quella all’orso o al cinghiale) venne tollerata, considerata come un male minore. Possiamo dire che era in fin dei conti una tipologia di caccia più civile e più contenuta.

The Huntsman "should have thick leather hose to protect him from thorns & brambles; in summer, he must wear green to hunt deer, & in winter, gray to hunt boar. He should wear his horn around his neck, his sword on one hip, and his carving knife on the other side. He should be well mounted on three big horses, & have in his gauntleted hand an "estortoire," which is a stave 2 1/2 feet long. From Le livre de chasse, early 15 C. BNF MS Français 616, fol. 85v. Bibliotheque nationale, Paris.

Ma dopo averne tracciato la sua storia all’interno dell’attività venatoria, cerchiamo di vederne le qualità morali di cui spesso erano depositari gli animali dei bestiari e dei trattati medievali. Inizialmente i Padri della Chiesa e i testi altomedievali, coadiuvati anche dalle tradizioni celtiche e germaniche (ricordiamo che il Medioevo nasce dalla commistione tra la cultura romana e germanica), cercarono di fare del cervo una creatura cristologica affidandosi alle antiche tradizioni che lo vedevano come una bestia solare, luminoso che facesse da intermediario tra il cielo e la terra. Molte sono le leggende agiografiche costruite intorno alla figura del corvo, viso come animale splendente, luminoso, d’oro: si pensi alla leggenda di Sant’Eustachio e Sant’Uberto.

Presto il cervo diventa simbolo di rapidità, longevità e resurrezione. Si credeva che potesse uccidere e mangiare un serpente velenoso, senza subirne gli effetti nocivi del veleno, se fosse riuscito a bere dell’acqua entro tre ore dal pasto. Il cervo diventa presto un’animale virtuoso e puro, icona del buon cristiano e facilmente sostituibile all’agnello o all’unicorno nel rappresentare Cristo, donde anche l’accostamento delle parole cervus e servus (appellativo utilizzato per il Signore). I palchi dei cervi rappresentano la Croce e bruciarne una parte nel fuoco si pensava tenesse lontano i demoni e Satana.

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Una curiosità sul cervo è data dalla sua presunta sordità: bestiari ed enciclopedie zoologiche (con tutte le riserve del termine per tale periodo) ritenevano che il cervo fosse tendenzialmente sordo a meno che non drizzasse le orecchie proprio verso la fonte del suono. Ama la musica, i fischi ma non il suono del corno preferendo la lira. Altra curiosità è data dall’ormai noto Tommaso di Cantimpré, il quale ci dice che i palchi dei cervi sono simili alle foglie di menta o di asparago e se piantati per terra dovrebbero far crescere una delle due piante.

Essendo un animale santo, il cervo non si ammala mai di febbre ed era credenza comune che mangiare un po’ di carne di cervo servisse a immunizzarsi contro la malattia (un po’ come noi oggi facciamo con le arance). Anche il grasso di cervo, ridotto a unguento, ha delle particolari proprietà: serve a tenere lontano i serpenti e a proteggersi dal loro veleno.

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Leggendaria sarebbe stata la sua longevità. Molti autori riferiscono di cervi centenari e addirittura millenari. Probabilmente questa credenza è da attribuirsi alle influenze che ebbero gli autori antichi come Plinio il quale riferisce che alcuni cervi portassero collane d’oro donate da Alessandro Magno su consiglio di Aristotele. Secondo les Croniques du Religieux de Saint Denys il re di Francia Carlo VI (1380 – 1422) si sarebbe imbattuto, durante una battuta di caccia, in un cervo con addosso una collana messa per ordine di Giulio Cesare. Nonostante l’episodio bizzarro non ci possiamo esimerci dal rammentare che Carlo VI è passato alla Storia con l’appellativo di Carlo VI il Folle…

Nonostante il cervo sia un animale sostanzialmente pacifico, esso diventa pericoloso solo durante il periodo degli accoppiamenti dove, oltre a lottare con gli altri maschi per ottenere la femmina desiderata, l’animale si inselvatichisce e la sua sessualità perde ogni freno. Questo lo rende particolarmente pericoloso, addirittura più del cinghiale. Salvo il periodo degli amori, il cervo ritorna poi ad essere pacifico.

Anche per questa volta la nostra passeggiata nel medioevo termina qui. Un caro saluto e al prossimo articolo.

 

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