Non è morto ciò che può attendere in eterno, e in strani eoni anche la morte può morire.
di Andrea Carissoni
Howard Phillips Lovecraft (1890-1937) è, senza dubbio, uno di quegli scrittori che al giorno d’oggi non hanno bisogno di presentazioni, specialmente fra gli appassionati di letteratura fantascientifica e dell’orrore. Vissuto a cavallo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX a Providence, nel Rhode Island, sua città natale, fu autore di innumerevoli opere tra racconti, poesie e saggi nonché ideatore di una complessa – e originalissima – mitologia riguardante un pantheon maligno di divinità aliene, culti abominevoli e civiltà extraterrestri che coesistono tutti assieme in quello che oggi, con la terminologia moderna, chiameremmo un “universo condiviso”. La carriera di scrittore di Lovecraft non fu certo delle più gratificanti: egli fu infatti poco apprezzato dai critici del suo tempo. Il (considerevole) merito del suo lavoro gli fu riconosciuto solo postumo.
In effetti è innegabile che la sua opera omnia, una miscela inscindibile di fantascienza, fantasy e horror abbia influenzato profondamente lo sviluppo di tutti e tre i generi nei decenni successivi, tant’è che è ragionevole ipotizzare che, senza di essa, non ci sarebbero stati nemmeno né i mostruosi xenomorfi della saga di Alien né il parassita amorfo antagonista de La Cosa di John Carpenter (1982). Insomma, allo scrittore di Providence (di cui anche Stephen King, il re della narrativa dell’orrore, è apertamente ammiratore) il cinema e la letteratura moderni devono molto più di quello che si potrebbe pensare.

Ecco quindi una lista delle varie creature ed entità comparse nel corso degli anni nei racconti e negli scritti del padre dell’orrore cosmico. Naturalmente questo articolo non ha la pretesa di fornire un elenco esaustivo di tutte le creature presenti nella totalità degli scritti di Lovecraft e in quelli di tutti gli autori che nel tempo hanno arricchito l’universo condiviso e il pantheon scellerato da lui concepiti dal momento che, in tal caso, tra racconti, fumetti, giochi di ruolo, videogiochi e chi più ne ha più ne metta, non basterebbero dieci articoli. Pertanto, quelle che seguono sono semplicemente le creature lovecraftiane oggettivamente più importanti dal punto di vista letterario o perlomeno ritenute degne di nota secondo il personalissimo giudizio dell’autore del presente Bestiario. Le divinità lovecraftiane sono generalmente suddivise in due differenti categorie: gli Dei Esterni e i Grandi Antichi. Tuttavia, è doveroso specificare che tale distinzione non è mai stata chiaramente descritta da Lovecraft e si tratta più che altro di una convenzione nell’interpretazione della sua opera. Difatti, essa non è riconosciuta all’unanimità dagli studiosi. Detto questo, buona lettura e Cthulhu fhtagn!
GLI DEI ESTERNI
Gli Dei Esterni (chiamati semplicemente “gli Altri Dei” da Lovecraft nell’omonimo racconto del 1921) sono un gruppo di divinità che risiedono oltre lo spazio e il tempo, in un luogo adimensionale nel quale si dibattono in una danza forsennata al ritmo di una cacofonia incessante di flauti e tamburi allo scopo di impedire che il loro signore, Azathoth, possa risvegliarsi dal suo profondo sonno. Sono in grado tuttavia di manifestare se stessi (o il proprio potere) nelle forme più orripilanti se opportunamente evocati. Gli Dei Esterni non possiedono una personalità o dei sentimenti come noi li intendiamo e sono tutt’al più indifferenti alle vicende degli esseri appartenenti all’universo materiale. Essi sono venerati da schiere di adepti, umani e non, affiliati ai culti più abominevoli che si possano immaginare, sparsi non solo sulla Terra ma nell’intero universo organico.
AZATHOTH
Conosciuto anche come il Demone-sultano, il Caos Nucleare e il Dio Cieco e Idiota, Azathoth è il più potente e il signore degli Dei Esterni. Secondo alcune leggende fu lui a creare l’universo, incalcolabili ere fa, quando ancora il suo intelletto era paragonabile al suo sconfinato potere. Tuttavia, per ragioni a noi ignote (e probabilmente incomprensibili), egli versa ora in uno stato di incoscienza pressoché totale al centro dell’universo, in un luogo dove il tempo e lo spazio non esistono chiamato Corte di Azathoth e dove gli altri dei danzano e suonano per lui allo scopo di impedirne il risveglio: una possibile interpretazione di questo fenomeno è quella secondo cui l’universo cesserebbe di esistere qualora il Demone-sultano dovesse riprendere conoscenza. Questo ha portato molti critici a ritenere che Lovecraft abbia creato il personaggio ispirandosi a Mana-Yood-Sushai, l’essere supremo descritto da Lord Dunsany nella sua opera The Gods of Pegana, con il quale Azathoth presenta analogie parecchio evidenti. Azathoth può essere visto come una metafora dell’entropia, ossia la tendenza intrinseca dell’universo al caos, una forza di distruzione inesorabile e senza cervello che permea tutto ciò che esiste, spingendolo a cadere a pezzi. Ciò sarebbe perfettamente in linea con il pessimismo cosmico che contraddistingueva Lovecraft. Il dio è menzionato per la prima volta nel racconto omonimo del 1922, che altro non è che l’inizio di una storia più lunga, la quale però non fu mai completata. Difatti, nel racconto, il Caos Nucleare non è presente se non nel titolo.
NYARLATHOTEP
«E su tutto, in questo ripugnante cimitero dell’universo, si ode un sordo e pazzesco rullìo di tamburi, un sottile e monotono lamento di flauti blasfemi che giungono da stanze inconcepibili, senza luce, di là dal Tempo; la detestabile cacofonia al cui ritmo danzano lenti, goffi e assurdi, i giganteschi, tenebrosi ultimi dèi. Le cieche, mute, stolide abominazioni la cui anima è Nyarlathotep». Nyarlathotep, il Caos Strisciante, è forse una delle creazioni di Lovecraft più famose. Questo dio è molto diverso rispetto ai propri pari: infatti, a differenza loro, è dotato di una vera e propria personalità ed è ben consapevole nonché interessato a ciò che avviene nell’universo materiale, per visitare il quale lascia spesso la Corte di Azathoth (cosa che gli altri dei fanno molto di rado), assumendo le sembianze più disparate in base alle circostanze. È in grado di parlare qualsiasi lingua esistente e, per lui, comprendere la psicologia umana e manipolare conseguentemente gli uomini e le masse per raggiungere i propri obiettivi è un gioco da ragazzi. Obiettivi che sembrano tutti convergere verso un unico fine ultimo: portare morte e pazzia in ogni angolo del cosmo. Nyarlathotep è inoltre il messaggero degli Dei Esterni e il diretto e minuzioso esecutore della volontà del “padre” Azathoth (se di genitorialità si può parlare), il quale è comunque in grado di manifestare il proprio volere nonostante lo stato comatoso in cui si trova.
La raffigurazione più comune di Nyarlathotep, ossia un gigante mostruoso con cinque arti e un osceno tentacolo dove dovrebbe essere la testa, è tuttavia opera dello scrittore e amico di Lovecraft, August Derleth. Nell’opera puramente lovecraftiana, il dio si manifesta infatti come un uomo alto e magro dal volto completamente glabro, con tratti somatici caucasici ma la pelle nera come l’inchiostro. Il Caos strisciante debutta nel racconto Nyarlathotep del 1920 (uno dei migliori lavori in assoluto di HPL), nel quale, sotto le spoglie di un mago itinerante, sparge follia e disperazione tra gli abitanti di un mondo ormai oppresso da un mostruoso senso di colpa mettendo in pratica delle esibizioni tramite portentosi strumenti chimici ed elettrici. Tale racconto deriva, come scrive lo stesso Lovecraft in una lettera a Reinhardt Kleiner del 1921, da un incubo dello scrittore che potrebbe a sua volta essere stato influenzato dalla figura di Nikola Tesla, il quale era solito eseguire dimostrazioni servendosi di apparecchiature elettriche durante le proprie conferenze.
YOG-SOTHOTH
«Yog-Sothoth conosce la porta. Yog-Sothoth è la porta. Yog-Sothoth è la chiave e il guardiano della porta. Passato, presente e futuro coesistono in Yog-Sothoth. Egli sa dove gli Antichi irruppero in tempi remoti, e dove irromperanno un’altra volta. Egli sa dove essi hanno calcato i tempi della Terra e dove ancora li calcheranno, e perché nessuno può contemplarLi mentre camminano». Yog-Sothoth, a cui sono attribuiti diversi epiteti, tra cui Il Tutto-in-Uno e L’Uno-in-Tutto, è forse il più importante membro degli Dei Esterni presenti nei lavori dell’autore di Providence, tanto che, come nome alternativo per il cosiddetto Ciclo di Cthulhu, è stato talvolta proposto Ciclo del Mito di Yog-Sothoth. Nonostante l’enorme influenza che il suo potere esercita sull’intero universo (in più di un’occasione, nelle opere di Lovecraft, nel verificarsi di fatti bizzarri e terribili c’è lo zampino di Yog-Sothoth), il dio è apparentemente incapace di abbandonare il luogo atemporale dove anche gli altri dei risiedono a meno che non venga propriamente evocato, magari svolgendo uno degli oscuri rituali descritti nel Necronomicon: lo pseudobiblion che, nella fantasia lovecraftiana, sarebbe il grimorio proibito redatto nel VIII secolo dall’arabo pazzo Abdul Alhazred. Yog-Sothoth è citato per la prima volta nel racconto lungo Il caso di Charles Dexter Ward (1927), in cui il suo nome è parte di una formula per resuscitare i morti. È descritto successivamente come un agglomerato di sfere luminescenti.
SHUB-NIGGURATH
«Iä! Shub-Niggurath! Il Capro nero dei boschi dai mille cuccioli!»
Nonostante l’epiteto mascolino e lei attribuito, ossia Il Capro nero dei boschi dai mille cuccioli, Shub-Niggurath, è chiaramente indicata come una dea da HPL. Ciò fa di questa divinità (se non si considerano i personaggi appartenenti ai miti espansi) l’unica presenza femminile presso la Corte di Azathoth al centro dell’universo. Essa rappresenta una dea perversa della fertilità e, benché il suo culto appaia ampiamente diffuso, le informazioni che si possono ricavare a proposito di questa entità nelle opere di Lovecraft sono ben poche: tutt’al più brevi menzioni o citazioni all’interno dei vari racconti. A ogni modo, la stragrande maggioranza delle raffigurazioni della dea la vede rappresentata come un essere dotato di una miriade di bocche e, talvolta, zampe caprine. Secondo alcune interpretazioni degli studiosi che si sono avvicendate nel tempo, tra cui quella di Roberto Ferraresi, il “Capro nero” con cui si fa comunemente riferimento a Shub-Niggurath potrebbe in realtà essere una figura separata, forse un emblema o un feticcio tramite il quale la dea è venerata dai cultisti. Va specificato che, essendo la distinzione tra Dei Esterni e Grandi Antichi poco chiara nei lavori lovecraftiani ed essendo la dea, come detto, descritta molto vagamente dal suo stesso ideatore, esistono alcuni studiosi che annoverano Shub-Niggurath tra i Grandi Antichi anziché tra gli Dei Esterni. Il Capro nero è menzionato per la prima volta nel racconto L’ultimo esperimento (1927).
LA NEBBIA SENZA NOME
Una delle divinità più enigmatiche dell’universo lovecraftiano, la Nebbia senza nome o Magnum Innominandum è al pari dei suoi due fratelli, Nyarlathotep e la Grande Oscurità, più antico di tutto all’infuori del suo creatore Azathoth. Egli è il progenitore di numerose altre entità cosmiche, tra cui il terribile Yog-Sothoth. Il Magnum Innominandum è citato nel racconto Colui che sussurrava nelle tenebre (1930).
LA GRANDE OSCURITÀ
La Grande Oscurità (o Magnum Tenebrosum) è un Dio Esterno che non compare nei racconti dello scrittore di Providence: è invece menzionato in una lettera di Lovecraft indirizzata all’amico Clark Ashton Smith, in cui viene ricostruito scherzosamente l’albero genealogico degli Dei Esterni e dei Grandi Antichi, descrivendo l’entità come il progenitore di Shub-Niggurath. Stando a tale albero, inoltre, HPL sarebbe un lontano discendente nientemeno che del Caos Strisciante, Nyarlathotep in persona!
I GRANDI ANTICHI
I Grandi Antichi sono, convenzionalmente, entità semi-divine venute dallo Spazio distinte dagli Dei Esterni. Essi sono descritti come creature di dimensioni ciclopiche e dalle fattezze mostruose, dotati di una propria corporeità, sebbene in maniera differente da come noi la intendiamo (fisica ma non materiale) e di poteri inimmaginabili. Analogamente agli Dei Esterni, sono numerosi i culti degenerati adoratori di queste empie creature, i cui seguaci offrono loro orrendi sacrifici allo scopo di favorirne il ritorno: infatti, molti tra i Grandi Antichi (tra cui l’orrore cosmico per eccellenza, il Grande Cthulhu) giacciono addormentati da tempo immemore in un sonno più profondo della morte ai confini più remoti della Terra e del cosmo, in attesa che una combinazione propizia di eventi consenta il loro risveglio.
CTHULHU
«Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn»
(Nella sua dimora di R’lyeh, il morto Cthulhu attende sognando)
Il Grande Cthulhu, gran sacerdote dei Grandi Antichi, è senza dubbio la più famosa creazione nata dalla penna di Lovecraft nonché emblema, nella cultura di massa, dell’intera opera dell’autore. Molto prima della comparsa della specie umana, questo Grande Antico giunse sulla Terra dallo Spazio profondo assieme alla sua “progenie stellare” e vi fondò la leggendaria città di R’lyeh. Tuttavia egli fu imprigionato (volontariamente o meno, non ci è dato saperlo) assieme alla sua gente nella sua stessa città, la quale si trova ora nelle profondità degli abissi. Qui Cthulhu e la sua progenie attendono dormienti il giorno in cui l’incantesimo che li ha confinati sul fondo dell’oceano sarà spezzato e potranno riprendersi ciò che è loro: il dominio della Terra. Quel giorno, essi saranno ben contenti di consentire che le degenerazione morale dell’umanità raggiunga il proprio apice, insegnando all’uomo “nuove bestemmie, nuovi modi per uccidere e provare piacere” (probabilmente un individuo sano impazzirebbe al semplice domandarsi cosa possa essere ritenuto una “bestemmia” da una stirpe di esseri così ripugnanti).
Tuttavia, affinché ciò avvenga, hanno bisogno di un intervento dall’esterno, oltre a una congiunzione astrale favorevole: per questo, nel loro profondo sonno, Cthulhu e la sua progenie comunicano telepaticamente con gli abitanti della Terra, influenzando i loro sogni e spingendoli a venerarli tramite la pratica dei già citati culti demoniaci. L’aspetto di Cthulhu è ormai parte integrante dell’immaginario collettivo del genere horror (è “iconico”, per usare un termine che oggi va particolarmente di moda): si tratta di una figura colossale (“alta chilometri”), con enormi ali membranose, un fisico possente e flaccido allo stesso tempo e una inconfondibile testa tentacolata simile a una gigantesca piovra. L’infame creatura appare per la prima volta nel racconto del 1926 Il richiamo di Cthulhu.
TSATHOGGUA
Nato dalla fantasia non di Lovecraft ma del suo collaboratore e amico Clark Ashton Smith, Tsathoggua è tuttavia citato spesso nelle opere dell’autore di Providence. Similmente a Cthulhu, esso è venerato dagli adepti di sette disgustose che intendono risvegliarlo dallo stato di profondo sonno nel quale giace nelle profondità della caverna di N’kai. Tsathoggua è descritto come una rivoltante abominazione simile a un rospo ma con alcuni tratti fisici tipici dei pipistrelli. È citato per la prima volta, assieme a una sfilza di altre deplorevoli entità, nel racconto del 1930 Colui che sussurrava nelle tenebre.
PADRE DAGON E MADRE IDRA
Dagon e la sua consorte Idra (da non confondere con la Dea Esterna Yidhra, appartenente ai miti espansi) sono i patriarchi di una razza abissale e mostruosa, venerati insieme a Cthulhu da un ordine esoterico stabilitosi nell’immaginaria città portuale di Innsmouth. I membri di tale setta sarebbero stati più che felici di mescolare la propria razza con la stirpe di Dagon, in cambio di oro e altri tesori, generando una prole apparentemente umana ma che con il tempo avrebbe subito un’oscena metamorfosi e avrebbe abbandonato la terraferma per ricongiungersi con i propri antenati oceanici, vivendo per l’eternità con loro. Poco o nulla si sa a proposito di Madre Idra, mentre Dagon è descritto, nel racconto omonimo del 1917 in cui debutta, come un essere titanico dal corpo squamoso e viscido.
HASTUR
Hastur, l’Innominabile, compare per la prima volta nel racconto Haïta the Shepherd di Ambrose Bierce del 1893, nel quale viene descritto come una divinità benigna. Successivamente, nel 1895, nella sua raccolta di storie dell’orrore The King in Yellow, Robert W. Chambers identifica con il nome di Hastur sia un essere soprannaturale che un luogo geografico. Lovecraft fu probabilmente influenzato dall’opera di Chambers: Hastur è menzionato nel racconto Colui che sussurrava nelle tenebre del 1930, anche se in tale circostanza non ci è dato sapere nulla in merito all’entità (ammettendo che, nella fantasia di HPL, si tratti effettivamente di un’entità e non di un luogo o un oggetto). Negli scritti di August Derleth, Hastur è invece chiaramente indicato come uno dei Grandi Antichi e progenie dell’aborrito Yog-Sothoth. Benché si tratti di un essere amorfo, è spesso descritto come un mostro tentacolare incappucciato, nella maggior parte dei casi di colore giallo.
GATANOTHOA
Il Grande Antico Ghatanothoa è, negli scritti in cui compare, descritto come una creatura così orribile da pietrificare dal terrore qualunque malcapitato abbia la sfortuna di posargli gli occhi addosso: un ammasso informe di tentacoli e occhi neri. Egli è rinchiuso al di sotto del monte Yaddith, che si erge nel continente di Mu (ormai da molto tempo sommerso) ma è originario del pianeta Yuggoth (che comunemente chiamiamo Plutone). Compare per la prima volta nel racconto Dagli eoni (1935), scritto a quattro mani da Lovecraft e Hazel Heald.
ALTRE CREATURE
Oltre alle entità prettamente divine, le specie immaginarie partorite da Lovecraft e di cui i suoi scritti sono disseminati non sono poche, affatto. Che si tratti di extraterrestri dalla biologia completamente diversa da quella terrestre o di abominazioni cosmiche frutto di rituali dimenticati, la fervida immaginazione del loro creatore si rivela di volta in volta sempre più geniale nel raccontare il macabro.
MI-GO
I Mi-Go, anche detti Funghi di Yuggoth, sono una razza extraterrestre in possesso di una tecnologia molto più avanzata di quella umana. Essi provengono dal pianeta Yuggoth (ossia Plutone), che tuttavia rappresenta solo uno dei loro innumerevoli avamposti e non certo il loro pianeta d’origine. Sono fedeli adoratori di Yog-Sothoth, Nyarlathotep e Shub Niggurath. Lovecraft li descrive come esseri simili a gamberi, con una biologia a tratti animale e a tratti fungina, una voce ronzante e inumana e ali membranose che consentono loro di attraversare il cosmo. Esse tuttavia sono pressoché inservibili sulla Terra. Compaiono per la prima volta in Colui che sussurrava nelle tenebre (1930), racconto nel quale ricoprono il ruolo di antagonisti primari.
ANTICHI
Gli Antichi sono una specie che giunse dallo Spazio sul nostro pianeta e lo colonizzò molto tempo prima che l’umanità vi facesse la sua comparsa. Si stabilirono nell’odierno Antartide, nel quale edificarono monumentali città in cui abitare e da cui espandere la propria civiltà nel resto del pianeta. Essi approdarono sulla Terra ancora prima di Cthulhu e della sua progenie, contro i quali avrebbero combattuto in seguito una sanguinosa guerra per il dominio del mondo conclusasi infine con il ritiro del Grande Cthulhu nella città inabissata di R’lyeh. Gli Antichi sono in possesso di una cultura e di una tecnologia talmente raffinate da consentire loro di creare artificialmente delle forme di vita multiformi da impiegare come macchine da lavoro viventi: gli Shoggoth. Gli Antichi vengono descritti come creature dal corpo simile a una botte ristretta alle estremità, con ali membranose, appendici simili a tentacoli nell’estremità inferiore del corpo e una testa a forma di stella a cinque punte in quella superiore. La loro singolare biologia, invece, presenta caratteristiche comuni sia a quella animale che a quella vegetale. Debuttano ne Alle montagne della follia (1931): in questo romanzo breve vengono descritte la loro storia e la loro civiltà.
SHOGGOTH
Creati dalla razza degli Antichi, circa un miliardo di anni fa, allo scopo di svolgere i lavori più pesanti e/o complessi, gli Shoggoth sono (o meglio, erano) a tutti gli effetti degli automi biologici. Si tratta di esseri totalmente amorfi, masse informi di plasma nero, in grado però di differenziare le cellule del proprio corpo in organi funzionanti e appendici, imitando perfettamente qualsiasi altra creatura. Ciò, unito al contesto in cui queste creature furono generate e, in seguito, sventuratamente ritrovate, ossia quello dell’inferno congelato dell’Antartide, rende queste creature degli indiscutibili precursori di film del calibro de La Cosa di John Carpenter (1982) e di tutto il filone che in seguito ne sarebbe derivato. Gli Shoggoth, benché prodotti, come già detto, per comportarsi come esseri obbedienti, avrebbero presto sviluppato, contro ogni previsione dei loro creatori, un elevato livello di intelligenza, ribellandosi ai loro schiavisti e costringendoli a ritirarsi infine nel mero territorio antartico al termine di una lunga e terribile guerra. Sono nominati per la prima volta, assieme ai loro artefici, nel racconto del 1931 Alle montagne della follia.
RAZZA DI YITH
I membri della Razza di Yith, o Grande Razza, vivono oltre lo Spazio-tempo così com’è comunemente concepito: possono esistere ovunque e in ogni tempo, grazie alla tecnologia da loro sviluppata che consente loro di trasferire la propria mente nel corpo dei membri delle specie di qualsiasi altra epoca. Grazie a questa incredibile facoltà, la Grande Razza, vissuta in un passato remotissimo, ha avuto modo di osservare la cultura, le usanze e la tecnologia di qualsiasi altra specie passata, presente e futura, facendo propri i tratti migliori di ciascuna. I membri della Razza di Yith appaiono come creature simili a grandi coni squamosi, con quattro appendici prensili o sensoriali; la loro riproduzione è più simile a quella delle piante che degli animali propriamente detti. Possiedono solo due sensi comuni ai nostri, vista e udito, oltre a molti altri a noi incomprensibili. Il loro governo è di stampo socialista-fascista, nel quale un’oligarchia, eletta da coloro che abbiano superato determinate prove culturali e attitudinali, si occupa di tutelare equamente gli interessi di tutti. Danno prova delle loro straordinarie capacità nel racconto L’ombra venuta dal tempo
(1934-1935).
NUG E YEB
Nug e Yeb, le Blasfemie Gemelle, sono nientemeno che gli orripilanti progenitori di Cthulhu e di Tsathoggua, rispettivamente. Essi sono il frutto dell’unione scellerata tra Shub-Niggurath e Yog-Sothoth, come testimonia il racconto Dagli eoni (1935). La loro origine è tuttavia interpretata diversamente da altri autori: secondo Lin Carter, infatti, il dio Nug e la dea Yeb sarebbero invece il risultato della scissione del dio androgino Cxaxukluth, ideato da Clark Ashton Smith.
WILBUR WHATELEY E L’ORRORE DI DUNWICH
Il semi-umano Wilbur e suo fratello “gemello” (per modo di dire) sono i figli della sventurata Lavinia Whateley e del dio Yog-Sothoth, la cui unione sarebbe avvenuta per mano dell’anziano padre della donna. Benché Wilbur Whateley sia riuscito, grazie all’uso degli abiti, a nascondere la propria natura mostruosa e a farsi passare per umano per quindici anni (al termine dei quali era già un uomo, in virtù di un ritmo di crescita sovrumano), egli è in realtà uno dei più raccapriccianti prodigi dell’orrido che si possano immaginare: il suo torace è ricoperto di squame e la parte inferiore del suo corpo è più simile a un guazzabuglio peloso di tentacoli e appendici orrende munite di bocche che nemmeno hanno un nome.
Wilbur ha, insieme al nonno e fino alla propria morte, nutrito il proprio gemello, chiamato semplicemente l’Orrore di Dunwich (dal nome della città cadente in cui le loro vicende hanno avuto luogo) affinché crescesse e si preparasse a evocare forze ancora più grandi e terribili, sfruttando le formule presenti nel Necronomicon, il grimorio maledetto che ricorre spesso nei Miti di Cthulhu. Nello specifico l’Orrore di Dunwich, un essere divenuto colossale nel tempo, quando perde il proprio status di essere invisibile si presenta come una creatura dotata di molteplici zampe palmate, un corpo costituito da un groviglio di tentacoli e bocche su cui spicca un volto deforme che porta i tratti inconfondibili della famiglia Whateley. Cresce nutrendosi del sangue degli altri animali, lasciando dietro di sé nient’altro che terrore, morte e devastazione. Il racconto del 1928 che vede i due fratelli protagonisti è intitolato appunto L’orrore di Dunwich.
IL COLORE VENUTO DALLO SPAZIO
Di questo misterioso essere si sa ben poco: nell’unica occasione in cui l’umanità vi è entrata in contatto (descritta nell’omonimo racconto del 1927), nessuno che l’abbia visto con i propri occhi è sopravvissuto per descriverlo anche solo vagamente. Tutto ciò che si sa di esso è che sarebbe giunto con un meteorite da regioni cosmiche talmente remote da appartenere a un diverso piano dell’esistenza (il multiverso ideato da Lovecraft è infatti strutturato in sfere concentriche come scatole cinesi), brillando di un colore sconosciuto, mai visto prima. Una volta giunto sulla Terra avrebbe gradualmente avvelenato il suolo del territorio in cui era approdato e le menti di coloro che lo abitavano, nutrendosi della forza vitale dei malcapitati residenti, i quali infine si sbriciolarono letteralmente mentre erano ancora vivi. Una volta acquisita l’energia necessaria, la misteriosa creatura avrebbe abbandonato il pozzo in cui si era stabilita per ritornare da dove era venuta, sprigionando una forza tale da devastare l’intera zona. Tuttavia, c’è motivo di credere che una parte di questo essere tremendo si trovi ancora in fondo al pozzo…
BROWN JENKIN
Brown Jenkin è il nome che gli abitanti della fittizia città di Arkham, spesso e volentieri ambientazione delle opere di Lovecraft, attribuirono all’orrido famiglio al seguito della vecchia e temuta strega Keziah Mason, seguace del culto di Nyarlathotep. Questa creatura diabolica appare simile a un grosso ratto ma con estremità dalla struttura analoga a quella di mani umane e un muso munito di denti aguzzi oscenamente simile a un volto umano. Compare assieme alla sua padrona ne I sogni nella casa stregata (1932).
GUG
I Gug sono le feroci abominazioni interdimensionali che Lovecraft descrive ne Alla ricerca del misterioso Kadath (1927). Si tratta di creature enormi, alte fino a sedici piedi (circa cinque metri) e ricoperte da una folta pelliccia nera. La testa dei Gug si apre verticalmente in una bocca zannuta, possiedono due avambracci con artigli acuminati per ogni arto superiore e i loro occhi sono protetti da protuberanze ossee munite di setole.
CREATURE ALATE DI KINGSPORT
Grottesche mostruosità munite di ali. Il nome e l’origine di questi esseri non è specificato nel racconto dell’unica vicenda a cui essi prendono parte (il racconto del 1923 La ricorrenza) ma sappiamo che risiedono nelle caverne e nei cunicoli sotterranei della città di Kingsport, dagli abitanti della quale sono stati addestrati a mo’ di cavalcature perché li accompagnino nelle profondità della terra durante il giorno della ricorrenza di Yule, la macabra festività che, ironia della sorte, cade lo stesso giorno del Natale cristiano. Lovecraft li descrive come se non fossero del tutto né corvi, né talpe, né poiane, né pipistrelli, né formiche, né cadaveri umani putrescenti. Le creature sono state identificate successivamente come i Byahkee presenti nelle opere di August Derleth. Tale corrispondenza è però oggetto di dibattito tra gli studiosi.
CUCCIOLI OSCURI DI SHUB-NIGGURATH
I Cuccioli Oscuri di Shub-Niggurath (o semplicemente Cuccioli Oscuri) nascono dalla fantasia dello scrittore Robert Bloch, per quanto vengano citati da Lovecraft stesso come parte integrante dell’epiteto immancabilmente associato alla loro “madre”. Si tratta di raccapriccianti orrori semoventi color nero pece, alti sei metri circa, dall’aspetto simile ad un groviglio di tentacoli ricoperti da bocche fameliche grondanti melma verde e muniti di zampe. La loro silhouette può ricordare vagamente quella di un albero. I Cuccioli Oscuri vengono abitualmente evocati dai seguaci del culto di Shub-Niggurath affinché presiedano alle cerimonie della setta: tale evocazione avviene nelle profondità delle foreste più tetre e richiede il sacrificio di una vittima su un altare di pietra.
IL CANE
Un cane: è questo l’animale nel quale viene comunemente identificato l’essere presente nel racconto del 1922 intitolato, appunto, Il cane (o talvolta Il segugio). Tuttavia, fatta eccezione (forse) per la forma del muso, la creatura in questione di canino ha ben poco: è più simile infatti a un’orrenda sfinge alata con la testa solo vagamente somigliante a quella di un segugio. Il Necronomicon di Abdul Alhazred, citato nel racconto in questione per la prima volta in assoluto, associa questa bestia abominevole a un culto selvaggio praticato presso la famigerata Piana di Leng in Asia Centrale. Il cane sembra possedere un misterioso legame con un antico amuleto sepolto assieme ai resti di un predatore di tombe olandese.
Alla stregua di un confuso studente della Miskatonic University, usciamo stralunati e carichi di curiosità da questa gita naturalistica nel pantheon perverso dello scrittore di Providence. Se avrete il coraggio di setacciarne le opere, verranno a galla ulteriori decine di divinità tentacolate e brutture senza nome, andando a formare un albero genealogico di creature che ancora oggi influenza l’estetica del cinema, l’immaginario letterario e la progettazione videoludica. Contro una simile legione mostrifera non c’è difesa, perciò fate vostro il proverbio Make Lovecraft, not war!
Vi ricordiamo di strapparvi un occhio di gettarlo su tutti gli altri Bestiari del sito:
I Bestiari di Monster Movie

non so perke ma i Gug sono quelli che trovo i più rivoltanti, la prima immagine mi dà sensazioni orribili