ANACONDA – RIESUMAZIONE DI UN ONESTO B-MOVIE

ANACONDA – RIESUMAZIONE DI UN ONESTO B-MOVIE

di Alessandro Sivieri

Sapete, a moltissimi bambini piaccioni i mostri grossi, fighi e che mangiano le persone. Naturalmente io, come avrete già letto fino allo sfinimento, non facevo eccezione: mi piaceva guardarli e rappresentarli, i miei disegni delle elementari sono così pieni di figure orride e gente squartata che il tipico docente moralista/genitore paranoico di oggi avrebbe subito fissato un colloquio col preside. Disegnavo da schifo ma concettualmente ero l’H. R. Giger della classe, ero davvero un fanatico. Quindi, quando i miei genitori mi hanno preso questo film in VHS, il mio unico e giusto commento è stato “Wow, serpenti giganti!”. Sarò di parte ma oggi è la stessa cosa. Ho certamente i mezzi per evidenziare le pecche di questo film, ma forse non voglio farlo: a volte quando vuoi solo divertirti (arrivando quasi a tifare per il mostro, aspettando con trepidazione che si mangi il prossimo personaggio insignificante) te ne freghi della banalità. Anaconda, uscito nel 1997, è il solito canovaccio dove la creatura selvaggia dalle abnormi dimensioni divora le incaute vittime una ad una, fino allo scontro finale dove  riceve una marea di danni ma impiega un secolo a crepare, come il classico boss da videogame. Eppure, questa ennesima formula monster che allo squalo in mare sostituisce il serpente nella giungla funziona senza troppe pretese, e si è fatta ricordare dal pubblico (ha anche avuto tre seguiti).

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La storia – o meglio il pretesto per la mattanza – ruota intorno a una troupe di documentaristi intenzionata a risalire il Rio delle Amazzoni alla ricerca di una tribù indiana piuttosto solitaria. Il gruppo di personaggi include Jennifer Lopez (la solita eroina che sopravvive, ma è comunque apprezzabile) nei panni della giovane regista, Owen Wilson (prima che diventasse un animale da commedia) in quelli del suo fidanzato/tecnico del suono e Ice Cube (uno di quei rapper che si danno alla recitazione con buoni risultati, come Ludacris) nelle vesti di cameraman lamentone della squadra. Il viaggio in barca sembra procedere senza particolari intoppi, fino a quando i protagonisti non soccorrono un cacciatore di serpenti di nome Paul Sarone (Jon Voight), che per riconoscenza decide di guidarli fino all’antica tribù. Costui mostrerà presto la sua vera natura, quella di un uomo avido e senza scrupoli intenzionato a sfruttare l’equipaggio per catturare un esemplare vivo di anaconda, letale serpente amazzonico che può raggiungere i 12 metri di lunghezza. Naturalmente l’impresa si rivelerà più difficile del previsto, e personaggi più o meno innocenti inizieranno a morire uno dopo l’altro.

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Uno degli elementi migliori della pellicola è sicuramente il personaggio di Sarone: Voight dà vita al classico cacciatore senza scrupoli, l’Achab di turno che pur di uccidere la bestia/nemesi non guarda in faccia a nessuno, ma lo fa in modo convincente. È quel genere di cattivo che riesce a farsi odiare in modo carismatico, e in ogni inquadratura percepiamo la sua astuzia, che lo rende una minaccia paragonabile al serpentone che vuole catturare. Perché questa è una pellicola monster, e gli anaconda vengono mostrati con la giusta gradualità in tutta la loro ferocia (nel prologo abbiamo persino una comparsata di Danny Trejo nei panni di un bracconiere che si suicida prima di essere divorato). Il serpente viene reso in modo efficace come predatore quasi invincibile, più furbo dei suoi cacciatori, che conduce uno spietatogioco al gatto col topo. Gradevoli, pur se anch’esse stereotipate, le scene in soggettiva dove assistiamo agli eventi dal punto di vista del mostro (come ne Lo squalo, Predator, Alien 3 et similia). Possiamo quindi definire la regia di Luis Llosa (non certo una leggenda dalla carriera fulminante) abbastanza dinamica e adatta alle circostanze. L’acerba computer grafica sfruttata in alcuni frangenti non irrita più di tanto. Le musiche di Randy Edelman sono abbastanza seducenti e si lasciano piacevolmente ascoltare (in fondo è quello che ha musicato Dragonheart e L’ultimo dei Mohicani insieme a Trevor Jones). Non mancano momenti spiccatamente trash, come quando il cadavere dell’antagonista viene rigurgitato dall’anaconda e fa l’occhiolino alla protagonista. Insomma, preparatevi a una serata disimpegnata e gioite sadicamente per l’appetito e l’apparente indistruttibilità del serpentone.

Anaconda

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