RATS: Mostruosa recensione del documentario prodotto da Discovery Channel

di Matteo Berta

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Parliamo di Morgan Spurlock, se avete già sentito questo nome e nello stesso tempo provate sia fame che nausea ci avete azzeccato, è proprio quello che ha realizzato Super Size Me (in questo documentario proverete più che altro nausea e terrore). Ottima narrazione, musica ricalcante e montaggio attraente. Questo è Rats.

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Ciò che mi ha spinto a spararmi questo documentario è forse un istinto voyeuristico masochista, dal momento che possiedo una particolare fobia dei topi ereditata da un paio di episodi traumatici infantili. Nonostante le premesse non del tutto allettanti, ho deciso di guardare questo documentario auto rispondendomi con una parafrasi “pipistrellesca” :

Perchè i topi? Perchè mi fanno paura… 

Il protagonista, o meglio, i protagonisti di questa vicenda (contando che in teoria per ogni umano esiste anche un topo, ma secondo il badass narratore “I Think more…”) sono i rattus norvegicus o meglio conosciuti come sorghe, topi di fogna, ratti, pantegane…

La struttura di questo prodotto è chiara: ci viene mostrato il problema dei ratti in diverse città del mondo insegnandoci come esso sia trasversale e colpisca in egual modo un borgo sottosviluppato (posti dell’India) e la più importante città al mondo (New York). Le problematiche che si portano dietro questi animali, oltre di natura invasiva distruttiva, sono riferibili all’aspetto micro-biologico, la grande capacità di adattamento dei ratti, li ha spinti a cibarsi di qualsiasi cosa e ovunque, questo comporta anche la possibilità di trasmissione di organismi contaminati dannosi o letali per l’uomo. Un documentario è ben realizzato quando non ti sembra di aver di fronte il tuo professore universitario di letteratura, ma quando ti senti all’interno della descrizione come se fosse una narrazione filmica classica coinvolgente.

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La parte più sconvolgente ci viene mostrata nel capitolo dedicato al Kandal province (Cambodia), dove senza nessun tipo di racconto rivelatore ci viene mostrato lo sfociare del traffico di ratti che passa dalla caccia con trappole rudimentali fino alle tavole dei ristoranti “prelibati” del posto. Personalmente sono stato terrorizzato dalla parte finale (trenta minuti conclusivi) dove ci viene mostrata la capacità di evoluzione e di adattamento inconcepibile dove si possono notare le mutazioni genetiche nel corso della storia del ratto che (come nel capitolo ambientato in Inghilterra) in molti casi può capitare che il ratto sia immune ai veleni, ma una volta che viene cacciato da altri animali, essi muoiono per via del veleno, tutto ciò è inquietante e rimpingua  il presentimento che, nel mio distopico incubo sul futuro, sti piccoli bastardi conquisteranno il mondo.

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