di Francesco Berta
SCORE: A Film Music Documentary (2017) di Matt Schrader è stato presentato domenica scorsa al decimo Festiwal Muzyki Filmowej di Cracovia (Film Music Festival, FMF per i fan).
Nella sua ora e mezza di durata SCORE promette di offrire uno sguardo ravvicinato al mondo della composizione della musica da film, corredato da esclusive interviste con i principali compositori contemporanei tra i quali, ad esempio Hans Zimmer, Marco Beltrami, Patrick Doyle e Danny Elfman.
SCORE segue il percorso della musica da film partendo dal King Kong di Steiner fino ad arrivare ai lavori di Hans Zimmer e Trent Reznor, dimostrando la transizione della musica da film da lavoro solitario a prodotto d’equipe, da partitura scritta con matita a meticoloso lavoro di programmazione digitale.
La musica per il cinema è evoluta molto nel corso della sua relativamente breve esistenza (anche se viene speigato che, già nel 1895, i fratelli Lumière erano soliti utilizzare un rudimentale commento musicale).
Nella parte storica ci si sofferma dunque sui lavori jazz di John Barry, sulla sperimentazione di Jerry Goldsmith, sull’ecletticismo di Thomas Newman e sui leitmotif Wagneriani di John Williams (di quest’ultimo viene mostrato materiale di repertorio). Fanno la comparsa anche Quincy Jones e Randy Newman, e seppur venga loro dedicato poco tempo riescono a lasciare un segno, così come la comparsa di James Cameron, che ricorda il compianto James Horner e svela un aneddoto sulla lavorazione di Titanic (per la cronaca anche Garry Marshall, regista di “Happy Days,” e “Pretty Woman”, fa una breve apparizione).
SCORE cerca però di essere di più di una raccolta dei migliori momenti della musica da film, proponendo una parte centrale che ci conduce per mano dentro diverse sessioni di registrazione (ad esempio quelle di Joe Kramer per MI5). Ed è paradossalmente la parte centrale la più interessante dei tre atti di SCORE (storico, tecnico, motivazionale) perchè osa raccontarci qualcosa di nuovo, non cerca di meravigliarci con effetti speciali e lascia la responsabilità alla bellezza e al fascino delle sale di registrazione, dei compositori a lavoro, degli esecutori che raddrizzano spartiti, alla bellezza del mestiere.
Chiude il film un montaggio emozionale (che ho purtroppo trovato abbastanza irritante) sull’importanza della musica da film, delle orchestre, e del lavoro del compositore per la settima arte.
Generico e celebrativo, SCORE pecca di ecccessiva semplicità e irritante ricerca del fattore emozionale a scapito di un occhio documentaristico. Il risultato è un prodotto che sembra aver perso la visione d’insieme strada facendo. Piccoli accorgimenti avrebbero sicuramente aiutato ma non voglio dilungarmi troppo.
Il risultato comunque non è nè carne nè pesce: non soddisferà a pieno gli appassionati più accaniti e lascerà perplessi gli amanti e appassionati di documentari.
Lo spettatore medio però ne uscirà piacevolmente soddisfatto (come dimostrano per ora le ottime recensioni) ma con poco in tasca all’uscita. Per lui vedere SCORE sarà come andare ad un appuntamento galante con una persona vuota, confusa e alla ricerca di attenzioni, che cercherà di abbagliarvi in ogni modo, facendovi sorridere, emozionare, e vivere una serata che alla fine non vi lascerà nulla, e che dimenticherete da lì a pochi giorni.
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fot. Wojciech Wandzel, www.wandzelphoto.com