I 5 CYBORG PIÙ SPAVENTOSI DEL CINEMA

Elenco dei robot ibridi che hanno popolato i nostri incubi.

di Alessandro Sivieri

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Dopo un’esplorazione del fantasy draghesco ci spostiamo in terre fantascientifiche, dove a fare mattanza di innocenti sono gli ibridi uomo-macchina. La Storia del cinema è zeppa di robot assassini, ma non scordiamoci di quei mostri composti da un misto di metallo e tessuto vivente, che risultano ancora più terrificanti: la tecnologia che contamina la carne è un argomento di sicura presa sul pubblico (vedi il filone body horror di Cronenberg), oltre a permettere alla produzione di sbizzarrirsi con gli effetti speciali.

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I robot assemblati con ingredienti organici costituiscono una categoria a parte nell’immaginario filmico, perché rappresentano un abominio derivante dagli eccessi della scienza. La nuova rassegna targata Monster Movie si occupa perciò di mettere sulla passerella i 5 big tra i cyborg in grado di procurarvi dei sani incubi.

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ROBOCAIN – ROBOCOP 2 (1990)

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La saga con Peter Weller in veste di cyborg-poliziotto che combatte il crimine in una Detroit violenta è entrata nell’immaginario collettivo. Il punto più alto resta il primo film di Paul Verhoeven, ma anche il secondo capitolo, diretto da Irvin Kershner, ha qualità da vendere. Parliamo del regista de L’impero colpisce ancora e anche questo sequel ha tinte abbastanza dark, mettendo in scena esplosioni di cinismo e violenza senza perdere gli sprazzi ironici (vedasi la pubblicità assurda) che caratterizzavano l’originale. E poi c’è il villain, ben più astuto e pericoloso dell’ED-209: parliamo di RoboCain, successore ideale di RoboCop, costruito utilizzando un mostruoso corpo meccanico e il cervello del boss della droga Cain (Tom Noonan), una specie di Charles Manson sconfitto in precedenza dal protagonista e ridotto in fin di vita.

Robocop 2

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RoboCain è enorme e armato di tutto punto: può fare a pezzi i nemici con mitragliatrici, razzi, seghe e tenaglie. È spietato a tal punto da uccidere donne e bambini senza batter ciglio, alla stregua di un Michael Meyers robotico. Memorabile la scena della sua presentazione, quando fa mattanza di mafiosi e politici corrotti in un magazzino di periferia. Il suo aspetto e i suoni che emette mi tormentano fin da quando ero bambino, quindi entra di diritto in questa lista. Fortuna che RoboCop gli ha dato una bella lezione, rischiando di rimetterci i bulloni.


T-800 – TERMINATOR (1984)

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Come ignorare il colosso cibernetico interpretato da Arnold Schwarzenegger e partorito dalla mente di James Cameron? Lasciamo stare il T-1000 de Il giorno del giudizio, quella bonazza della Terminatrix apparsa ne Le macchine ribelli (che abbiamo inserito in un capitolo delle 5 donne mostruose) e tutti i modelli apparsi in sequel e reboot riusciti a metà: il primo è lui, il T-800 mandato indietro nel tempo per uccidere Sarah Connor (Linda Hamilton).

Terminator (Blu-ray)

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Un killer senz’anima con un endoscheletro di metallo e servomotori ricoperti da tessuto vivente, per simulare le fattezze di un essere umano e mimetizzarsi tra la folla. Sotto quella carne si cela un teschio con gli occhi rossi e la mente calcolatrice di un computer, un avversario che è incapace di stancarsi, soffrire, provare empatia. Le pallottole gli fanno il solletico e per tirarlo giù serve minimo una pressa idraulica. Nei sequel diventerà un bonaccione e lo rivedremo da cattivo solamente in versione scheletrica o in un cameo in Salvation.


ASH – ALIEN (1979)

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Rieccoci al mio fanta-horror preferito, un capolavoro inimitabile di Ridley Scott che ha lanciato lo Xenomorfo, essere mostruoso creato dagli sforzi congiunti di H. R. Giger e Carlo Rambaldi. Ma se è lui l’antagonista principale del film, non scordiamoci del sintetico Ash (Ian Holm), ufficiale scientifico a bordo della Nostromo che, all’insaputa del resto dell’equipaggio, agevola l’operato dell’alieno in modo da portarlo sano e salvo a casa per consegnarlo alla Weyland-Yutani.

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Già ambiguo e scostante prima di rivelare la sua natura di androide, Ash rappresenta al meglio la mancanza di empatia e la tendenza a eseguire gli ordini tipiche dei robot malvagi, oltre che l’ottica aziendalista della Compagnia, che non esita a sacrificare la vita dell’equipaggio pur di impossessarsi dello Xenomorfo.

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Durante la colluttazione con Ripley (Sigourney Weaver), per via dei danni subiti Ash inizia a malfunzionare, con tanto di suoni e movenze innaturali, fino a essere fatto a pezzi dagli ex-compagni in un fiume di fluido biancastro e membra recise. Una scena che colpisce lo spettatore, grazie anche agli effetti pratici dell’epoca. A coronare il tutto c’è la sua ammirazione per l’alieno, in quanto creatura istintiva e priva di coscienza.


ALEXI – VIRUS (1999)

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Entriamo nel territorio dei B-movie onesti con questo lavoro di fine anni ’90 di John Bruno, dove l’equipaggio di un’imbarcazione, con tanto di Donald Sutherland nei panni del capitano bastardo, si imbatte in una gigantesca nave russa abbandonata. All’interno sono presenti indizi di un conflitto, e ben presto si scopre che un’entità aliena dalla natura elettromagnetica si è impossessata del natante e ha iniziato a creare una serie di cyborg assassini, combinando tessuti umani e parti meccaniche. L’aspetto di questi mostri artificiali colpisce per la fantasia malata e ha piacevoli elementi splatter. Uno dei primi incontri dei nostri eroi è quello con l’ex capitano Alexi (Levan Uchaneishvili), trasformato in un robot pesantemente armato e corazzato.

Virus

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A rendere apprezzabile quest’opera dimenticata dai più è proprio l’alta percentuale di effetti pratici, a opera di Steve Johnson, veterano del settore responsabile anche del lavoro sul Dottor Octopus di Spider-Man 2. Lo stesso robo-Alexi è stato costruito come animatronic, rendendo la sua presenza ancora più tangibile. Nonostante abbia poco screen time, non è certo piacevole veder apparire un cyborg sanguinolento in un corridoio buio. A contribuire all’orrore è il suo teschio meccanizzato che, in seguito alla sconfitta, ritorna in vita e si separa dal resto del corpo, facendo prendere un bello spavento ai protagonisti (e al sottoscritto, che all’epoca aveva circa 10 anni).


EVIL MARIA/MASCHINENMENSCH – METROPOLIS (1927)

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Facciamo un po’ di archeologia con il capolavoro muto girato da Fritz Lang, a dimostrazione che le idee visionarie e i design vincenti non hanno età. Parliamo di un’opera simbolo del cinema espressionista, ambientata nel distopico 2026 (in pratica fra pochi anni), dove il progresso tecnologico e industriale ha accentuato le differenze di classe. Gli scenari fuori dal tempo, che includono una nuova Torre di Babele, hanno ispirato capolavori successivi come Blade Runner e Guerre Stellari. La storia del film ruota intorno alla figura chiave di Hel, un androide con sembianze vagamente femminili (affine ai ginoidi di H. R. Giger?) creato dal folle dottor Rotwang (Rufolf Klein-Rogge) in memoria della donna che amava.

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Se l’aspetto del robot e le sue movenze risultano già inquietanti e avanti anni luce rispetto all’epoca, i momenti più interessanti arrivano quando Rotwang decide di trasformare il robot in un simulacro della giovane Maria (Brigitte Helm), eroina della classe operaia. Il risultato è Evil Maria, androide sovversivo intenzionato a convincere gli operai a distruggere la città e le macchine. L’abilità dell’attrice, che già si nota nell’enfasi del suo discorso agli operai, raggiunge l’apice durante la scena della danza in un night club, dove l’androide sfrutta la sua sensualità per sedurre gli spettatori e spingerli al delirio collettivo. Ma il ballo che dovrebbe apparire erotico, mette a disagio lo spettatore per via della natura artificiale della donna, che compie movimenti compulsivi e meccanici.

Metropolis (versione integrale)

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Finisce qui il nostro percorso tra i mostri di Frankenstein meccanici, che conta anche qualche escluso d’eccellenza (per esempio gli Screamers). Rimanete sintonizzati sulle frequenze mostrofile perché le sorprese sono sempre in agguato.

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Gheedo_ ha detto:

    Rubrica molto interessante…il genere horror non è quello che apprezzo di più ma è sempre bello conoscere meglio e poter apprezzare di più anche altro!

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