Analisi semiotica delle Caretakers di Star Wars: The Last Jedi
di Matteo Berta e Alessandro Sivieri
Uno dei principali interessi nei confronti del nuovo film della saga di Guerre Stellari, da parte di noi amanti mostruosi, era riferito alle creature presenti sul pianeta di Ahch-to dove si trova “l’isola D’Elba” di Luke “Buonaparte” Skywalker. Se inizialmente, sfruttando l’onda dei rumors e delle immagini trapelate, speravamo in un mostro mistico cattivone (Il Mostro Marino di Star Wars: The Last Jedi (FOTO) poi rivelatosi una sorta di “mucca stanca” sovrappeso, ora possiamo identificare con chiarezza tutta la fauna del pianeta che in parte ci ha un poco deluso, ma da un altro punto di vista ci ha intrigato non poco.
Se di Porgs e mostri marini accennati parleremo in un bestiario dedicato, oggi vogliamo concentrarci sulla scelta di inserire le Caretakers nella storia. Esse sono essenzialmente suore tartaruga o come dice Roby Rani, sono suore squalo; sono le protettrici degli antichi manufatti del primo tempio Jedi e sono semplicemente la trasposizione starwarsiana di massaie o suore lavoratrici.
La presenza di questi personaggi nel film ha diviso i fan ancora più della presenza dei porgs, oramai assimilati da mesi e mesi di paratesti dedicati, infatti c’è chi dice siano una forzatura abbastanza ignorante dello stile umoristico fine a se stesso della Disney, mentre qui su Monster Movie (a parte l’autore Giovanni) siamo più o meno d’accordo che facciano parte dello stile Star Wars.
Il regista Rian Johnson ha detto che le suore sono anfibi di sesso femminile che parlano una lingua aliena ma che comunicano con Luke tramite la forza e poi ha spiegato il loro ruolo:
“Sono tutti di sesso femminile e volevo che fossero in un certo senso una specie di gruppo religioso. Gli esperti che lavorano con Neal Scanlan le hanno disegnate e il costume designer Michael Kaplan ha ideato gli indumenti che riflettono la loro natura simile a delle suore, che vivono un’esistenza spartana“.
Vi starete chiedendo perché analizzare semioticamente degli esseri del genere, o meglio, è proprio necessario farlo? Le giornate di tutti noi non proseguirebbero nello stesso modo anche senza un’analisi del processo costitutivo di senso delle Suore Squalo?
Nella nuova trilogia di Star Wars ogni regista chiede a quello precedente di inserire una scena chiave nel suo episodio per poi espanderla in quello successivo. A questo punto viene naturale chiedersi: cosa avrà voluto inserire Colin Trevorrow in The Last Jedi prima che lo cacciassero a pedate per riprendersi Abrams? Il licenziamento è avvenuto in tempi abbastanza recenti, quindi è possibile che la scena made in Colin sia stata tagliata in extremis o sia ancora presente.
Le nostre fornicazioni mentali ci hanno portato a pensare che il testamento di Trevorrow nell’universo di Guerre Stellari potrebbero essere proprio loro… le Tartasuore. Non parliamo dei Porg, utili a ispirare pucciosaggine e a diventare polletti da rosticceria, ma delle rettiliane velate che tengono in ordine l’antico Tempio Jedi mentre Luke passa il tempo a spremere tette aliene. Ve lo immaginate il dialogo tra i due registi?
Rian Johnson: “Ehi Colin, che scena vorresti nel mio film? Pensavo a qualcosa di figo e utile alla storia…”
Colin Trevorrow: “Boh, io volevo le Tartasuore.”
Forse intenerito dal ricordo della badante del nonno, il nostro Colin avrà pensato bene di inserire un popolo di tartarughe portinaie per i lavori di manutenzione alla baracca. Tutto questo prima che arrivasse l’eroina di Daisy Ridley, che sarà pure potente ma si comporta come un elefante in cristalleria. Rey è un personaggio serioso e l’unico modo per inserirla in un contesto umoristico è farle rompere le palle al burbero Luke o distruggere l’affascinante villaggio vacanze di Ahch-To. Da allora le mattine al Tempio Jedi sono scandite da un “Porga buttana, di nuovo!?”.
Dicci la verità, Colin: ti hanno cacciato perché volevi far bestemmiare delle suore.