Aprite la porta della fantasia e lasciate che entrino i mostri

Grazie a Guillermo del Toro, dalla scorsa notte i monster movie assumono tutta un’altra dimensione: per la prima volta un film di/con mostri, The Shape of Water, vince il premio Oscar come Miglior Film.

di Cristiano Bolla

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Dalla notte degli Oscar, lo diciamo con un pizzico di presunzione, ne usciamo vincitori noi: amanti di un cinema di genere che molto spesso è stato relegato dietro le quinte, dietro sipari fatti di film più impegnati, aderenti al reale, di critica e pubblico che hanno sempre apprezzato un buon film di mostri, ma fino a un certo punto. Come se andare oltre fosse sacrilego, come se “non scherziamo, i mostri sono qualcosa di troppo bambinesco per essere accomunati ai film veri, quelli dei grandi”. Dal dietro le quinte della 90° Notte degli Oscar è arrivato come una palla di cannone il messicano Guillermo del Toro, ha preso il microfono e ha gridato che no, the time is up, i mostri si meritano la ribalta.

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Come potremmo non essere d’accordo, noi che abbiamo fatto di questo genere un argomento di analisi seria e motivata, di quotidiana condivisione di notizie, immagini e altro materiale a tema mostruoso, noi che vi salutiamo al grido di Buonasauro!. Lo ha ribadito a più non posso nel corso dell’ultimo anno fatto di continue vittorie: prima alla Mostra del Cinema di Venezia, quindi ai Golden Globes e infine agli Oscar: non c’è podio dal quale Guillermo del Toro non abbia ribadito che gli eroi della sua infanzia, coloro che lo hanno salvato e lo hanno nutrito con la forza dell’immaginazione, sono stati proprio i mostri. “Li sento vicino a me, come se fossero veri”, dice parlando di Dracula o il Mostro della Laguna Nera, entità inventate dall’aspetto truce, dalla natura feroce e dagli intenti violenti, dentro i quali tuttavia Del Toro riesce a scorgere una magnifica vena diversa, romantica, poetica, umana.

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Che siano frutto di un certosino lavoro di prostetica o che emergano dagli effetti speciali, i mostri di Del Toro hanno sempre mostrato quello che da queste parti sosteniamo come primo punto del manifesto programmatico dei monster movie: i mostri hanno un lato umano, è sempre presente un meccanismo di riconoscimento, un legame empatico con il protagonista che gli permetta di superare la natura straniante della creatura per scorgere punti di contatto impensabili. E non è forse questo di cui parla The Shape of Water? Una storia d’amore tra una divinità anfibia e una ragazza muta, anime incapaci di comunicare per le quali il contatto, l’intreccio di corpi diventa espressione di un sentimento che trascende l’appartenenza “razziale” nel modo più estremo e per certi versi grottesco possibile. Da Il Labirinto del Fauno a HellBoy, includendo anche Pacific Rim e il lavoro da sceneggiatore per Lo Hobbit: ovunque passi, Del Toro getta la sua polverina magica e rende il mondo dei mostri incredibilmente alla portata.

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Per questo la sua vittoria agli Oscar come Miglior Film (ancor più che come Miglior Regista) è così importante: segna un momento di passaggio in cui l’Academy e i suoi circa seimila membri sembrano aver riconosciuto una dignità artistica maggiore al cinema di un genere, quello mostruoso, finora mai ricompensato. Per la prima volta nella storia un monster movie (seppur a forti tinte melò) vince l’Oscar come Miglior Film. E dall’ennesimo palco Guillermo del Toro manda l’ennesimo messaggio che segna la differenza tra lui, l’outcast, e un’industria fatta per lo più di registi sì visionari, stravolgenti, maestri di tecnica e narrazione, ma in fin dei conti aderenti ad una realtà finzionale “limitata” alla sfera del tangibile. Lo fa rivolgendosi a quei giovani filmmaker che, come lui fino a questa magica notte, sognano di vivere momenti come quello:

Usate il genere fantasy per raccontare storie di ciò che è reale oggi. Questa è una porta, datele un calcio ed entrate.

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E noi, nel nostro piccolo angolino, speriamo proprio questo: che la porta si apra e i mostri, da sotto il letto, da dentro l’armadio o dal fondo delle nostre paure, escano fuori e varchino la soglia per essere toccati con mano, esplorati e apprezzati, che il fantasy e il mostruoso diventino una maniera di rappresentare la realtà tanto quanto le altre storie.

È un grande giorno, per i fan dei mostri.

P.s: e ora petizione per modificare la statuetta dell’Oscar in un uomo-pesce. I tempi sono maturi.

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