di Giovanni Siclari
Ben ritrovati cari amici di Monster Movie, quest’oggi ritorneremo sui nostri passi nell’ormai avviato viaggio nel Medioevo fantastico e surreale. Nonostante il nome della nostra rubrica, la creatura di cui vi vogliamo parlare ha ben poco a che fare con la mostruosità ma tanto con la vanità: vi parleremo del pavone.
Prima però di inoltrarmi nella presentazione di questo magnifico quanto bizzarro animale, vorrei fare una premessa molto importante circa il rapporto tra gli uccelli e l’uomo medievale e le descrizioni che questi facevano dei primi.
Mi è capitato molto spesso, nelle mie ricerche condotte su manoscritti medievali e sui messali coevi, di trovare moltissime miniature e capilettera (soprattutto per quanto riguarda la paleografia altomedievale) in cui gli uccelli si manifestavano con una presenza particolarmente corposa. Ebbene gli uomini del Medioevo erano dei grandi osservatori ma non ritenevano che l’osservazione “scientifica” della natura potesse avere qualche rapporto con la sapienza e la conoscenza. Come abbiamo detto molte volte, siamo ben lungi dall’avere delle osservazioni zoologiche tipiche delle più pregevoli enciclopedie dell’età dei Lumi. L’osservazione del mondo, che per i medievali non ha niente a che fare con la ricerca del reale, si basa invece sulla ricerca della verità; potremmo dire che la questione è più metafisica che fisica.
Comunque sia all’interno dei bestiari latini, come vi dicevo poc’anzi, i capitoli riservati alla descrizione degli uccelli sono molto numerosi tanto che a volte potremmo considerarli come delle opere a sé stanti che potremmo identificare con il nome di aviarium (aviario) o volucrario (uccello, come vuole la parola latina volucris). Per citarvi il più famoso (e spero che ve lo andiate a cercare da bravi storici quali siete) potrete far riferimento all’Aviarium, compilato e miniato dal canonico regolare piccardo Ugo di Fouilloy intorno alla metà del XII secolo.
Fatta questa breve parentesi sugli aviarii e sugli uccelli in generale, ritorniamo all’oggetto del nostro articolo, il pavone appunto. Come è ben noto anche ai nostri giorni la vanità e questo animale sono accomunati da un atteggiamento chiamato appunto “pavoneggiamento”. Anche nel Medioevo il pavone era considerato un animale vanitoso e per certi versi ridicolo perché nonostante la sua indubbia bellezza il suo verso e le sue zampe lo facevano scendere nel ridicolo. Il verso infatti (se andate in campagna molto probabilmente avrete modo di sentirlo) non è particolarmente dolce e aggraziato, assomiglia più a un urlo di spavento; per quanto riguarda le zampe effettivamente non sono molto armoniose con il resto del corpo, tanto da risultare pesanti e sgraziate.
Nonostante la sua indubbia bellezza, esso rappresenta però l’orgoglio dell’uomo perché diviene oggetto di ostentazione e vanità. Atteggiamento tra l’altro ben evidente durante il rituale di seduzione dei maschi nei confronti delle femmine. I pavoni sono animali molto ricercati e rari, spesso oggetti di dono a principi e persone particolarmente importanti. Raramente la sua carne viene utilizzata in cucina in quanto risulta essere dura e puzzolente (il che ha permesso a questi uccelli di vivere un’esistenza particolarmente serena e lontana dalle mense).
Nonostante qualche macchia nella sua condotta, il pavone è un uccello appartenente al bestiario del bene, alieno ad avere rapporti col Diavolo. Soprattutto nell’Alto Medioevo, il pavone era considerato uno degli animali cristologici per eccellenza volto a rappresentare l’immortalità. In questo senso mi calza bene ad esempio la bellissima lastra in pietra, manifestazione dell’arte longobarda e presente nella chiesa di San Salvatore nel Museo di Santa Giulia di Brescia, dove sono scolpiti due pavoni circondati da tralci di vite (la vigna del Signore appunto).Inoltre la credenza secondo la quale il pavone perderebbe le sue penne in autunno per rinnovarle in primavera gli ha permesso di inserirsi bene all’interno della rappresentazione cristologica della rinascita spirituale e della stessa Resurrezione. I meravigliosi occhi presenti sulle piume del pavone inoltre rappresentavano, soprattutto quando la coda era completamente aperta, l’onniscienza di Dio che tutto vede da qualsiasi angolo del mondo.