Streghe, folletti e animali mostruosi della cultura sarda.
di Matteo Berta, Alessandro Sivieri e Giovanni Siclari
Torniamo a saziare la vostra fame di creature magiche nostrane con una nuova espansione del Bestiario d’Italia! Questa volta ci trasferiamo in Sardegna, la seconda isola più grande del nostro paese, con un’estesa superficie costiera che alterna finissima sabbia bianca a imponenti strapiombi sul mare. Le vallate dell’entroterra ospitano nuraghi e monoliti che testimoniano l’operato di culture preistoriche, custodi di una conoscenza arcana. Questa terra era conosciuta dai Greci come Hyknusa, derivante da ichnos, che significa “grande piede”. La forma dell’isola vista sulle cartine fa pensare proprio a una gigantesca impronta. Le foreste selvagge e i mari cristallini celano una ricca collezione di leggende e memorie dai toni sovrannaturali.
La Sardegna è una di quelle regioni che per certi versi rappresentano un mondo a parte, ma racchiude davvero una straordinaria diversità culturale. Dalle antiche influenze dei Fenici, al dominio romano e al successivo avvento del Cristianesimo, la cultura sarda ha fatto sintesi di tradizioni diversificate per sfornare creature mostruose davvero curiose e uniche nel loro genere. Dai dispetti notturni dell’Ammuntadore, ai grotteschi campanacci dei Mamuthones fino alla voragine del drago Scultone, la Sardegna ci regala una fauna mostruosa davvero interessante, quindi perché perdere tempo? Esploriamo i misteri di questa terra aspra e affascinante.
L’AMMUNTADORE
L’Ammuntadore, spesso chiamato Ammuntandori o Ammuntadùras, è una creatura del folklore sardo nota per attaccare le persone nel sonno, attraverso gli incubi. Si tratta di una caratteristica che lo accomuna per certi versi agli Incubi romani. Secondo l’immaginario e la cultura romana gli Incubi altro non erano che spiriti malefici che giacevano sopra (da cui la parola latina incubare) il corpo delle loro vittime, trasmettendo loro il peso dell’angoscia attraverso un senso di soffocamento. L’Ammuntadore, la cui parola per certi versi ricorda molto il verbo “ammontare-montare”, richiama il modus operandi dell’Incubo, con il suo stare pesantemente sopra il corpo del malcapitato. Non è comunque un caso che l’origine folkloristica di questa creatura sia riconducibile, secondo gli studiosi, proprio al 241 a.C., anno che vide la fine della prima Guerra Punica tra Cartaginesi e Romani e che portò questi ultimi a impossessarsi della Sardegna.
IL MAMUTHONE
Il Mamuthone, definito anche Maimone (a sua volta il nome viene declinato a seconda dei luoghi in maniera diversa), è una creatura che trae origine, almeno così è stato ipotizzato dagli studiosi, dal pantheon mitologico fenicio. Più nello specifico si dovrebbe identificare con una divinità legata alle piogge. La cosa tra l’altro è possibile, visto che da tempo gli archeologi e gli storici antichisti hanno attestato tracce fenice sull’isola, prima ancora dei Romani. Ovviamente questa è solo una delle ipotesi, dato che nel panorama degli studi si affacciano proposte di origini ebraiche, libico-berbere e del Medio Oriente; noi non entriamo nel merito di queste ipotesi. Certo è che con la fine del mondo antico e la penetrazione del Cristianesimo nella sfera religiosa e culturale, tutti gli aspetti pagani della figura in questione vengono trasformati in elementi solitamente tipici del mondo demoniaco, cosa che avviene un po’ ovunque in tutta la penisola italiana e nelle isole.
In tempi più recenti il Mamuthone è diventato noto ai più per il Carnevale di Mamoiada, che si tiene ogni anno il 17 gennaio, data che vede l’arrivo dei grotteschi Mamuthones mentre sfilano affiancati dagli Issohadores. I primi vestono con maschere grottesche di legno nero, vestiti con pelli di pecora e con addosso dei campanacci (forse per richiamare la pioggia, come vuole l’antica tradizione pagana); i secondi invece vestono con toni più accesi e hanno anche il compito di selezionare e “rapire” giovani ragazze e ragazzi in segno di buon auspicio. Più che una semplice carnevalata, come può capitare in altre parti d’Italia, il Carnevale di Mamoiada assume più i toni e i caratteri di una solenne processione dove colori, suggestioni e simbologie si intrecciano e si scontrano attraverso i contrasti dei costumi dei protagonisti.
IL DRAGO SCULTONE
Questa volta ci spostiamo nella parte centro-orientale della Sardegna, più precisamente a Bunei, nella provincia di Nuoro, per rintracciare una creatura particolarmente interessante che vive nel cuore del folklore sardo. Proveniente dal mondo demonico, il drago Scultone sarebbe stato fautore della creazione della Su Sterru, ossia la Voragine di Golgo, una breccia nella terra già nota in tempi antichi e vinta dagli speleologi solo nel 1957, ricca di rocce calcaree e rocce nere basaltiche. Ora la leggenda vuole che questo drago fosse terribilmente violento e che sfoggiasse la sua natura malvagia massacrando gli uomini e le bestie lì intorno, con lo stesso modus operandi del Basilisco: uccidendo con lo sguardo. Sfortunatamente la tradizione non ci ha lasciato descrizioni del drago anche perché, come si era soliti ipotizzare, chiunque vedeva la creatura non poteva tornare indietro vivo per raccontarlo.
Certo è che le versioni sono tante, perché c’è chi lo vuole come serpentiforme, chi più simile ad un’Idra con sette teste e chi lo immagina come varaniforme. Quello che a noi interessa sapere è che San Pietro, familiare con lo studio dei classici greci, si armò di uno specchio (sulla falsariga di Perseo nei confronti della Medusa), guardò l’immagine riflessa dello Scultone, vanificò lo sguardo del mostro riflettendolo verso di lui e lo stordì. A questo punto San Pietro prese il drago per la coda e lo scagliò violentemente a terra, creando così la famosa Voragine di Golgo. Si tratta dell’ennesima lotta in ambito cristiano tra bene e male, dove i santi con la loro limpidezza e saggezza riescono a sconfiggere sempre le tentazioni, i peccati e il male stesso.
LA COGA
Le Cogas, dette anche Bruxas, fanno parte della tradizione sarda e sono esseri a metà tra la strega e il vampiro. Erano considerate pericolose e venivano usate nelle storie per spaventare i bambini. Pare che fossero i neonati le prede più ambite dalla Coga, che penetrava in camera per succhiargli il sangue. Si poteva nascere Coga o diventarlo. Nella prima ipotesi, le più predisposte erano le femmine, soprattutto la settima nata in una famiglia numerosa. Spesso la ragazza era inconsapevole del suo stato durante le ore diurne. Ma sia maschi che femmine, a patto di volerlo, potevano tramutarsi in Cogas. La strega presentava dei tratti distintivi: una piccola coda, una croce pelosa dietro la schiena o unghie e capelli innaturalmente lunghi.
Quando la Coga mutava di notte, in un processo analogo alla licantropia, assumeva le fattezze di una vecchia bitorzoluta, a prescindere dal sesso di appartenenza. La Coga ha poteri da mutaforma e può assumere le sembianze di un cane, un gatto, un serpente e perfino di un insetto (in questo caso veniva ritenuta responsabile della diffusione di epidemie e pestilenze). Perché diventare una strega? I motivi spaziavano dal desiderio di vendetta alla semplice volontà di fare del male. Per diventarlo bisognava seguire un rituale: aspettare il venerdì e recarsi di notte in un cimitero dove fosse avvenuta una nuova sepoltura. Qui l’aspirante Coga avrebbe dovuto asportare il grasso corporeo del cadavere e mescolarlo con sangue di vergine e olio santo, ungendosi determinate parti del corpo. A quel punto sarebbe iniziata la metamorfosi.
LA JANA
Le Janas corrispondono alle fate del folklore sardo. Sono descritte come donne d’aspetto minuto e dal carattere lunatico, che possono arrivare a fare dei dispetti, ma senza la malvagità delle Cogas. Sapevano essere anche gentili ed erano a metà strada tra il mondo umano e quello divino, custodendo una saggezza arcana, un po’ come gli elfi. La loro piccola taglia gli permetteva di vivere nelle cosiddette Domus de Janas, caverne scavate nella roccia realmente esistenti e che hanno più di 5000 anni. Sono presenti in tutta l’isola e pare che costituissero una necropoli sotterranea, essendo poste a poca distanza l’una dall’altra. Le stanze funerarie potevano ospitare fino a un centinaio di corpi, che venivano depositati in posizione fetale accanto ai loro averi. Le salme venivano pitturate con una tinta rossa, a simboleggiare il sangue che gli avrebbe ridato la vita.
Queste caverne vengono trasformate dal mito negli alloggi delle fate, che si rifugiavano sottoterra poiché temevano gli umani e la loro alta statura. Le Janas formavano una comunità indipendente e si costruivano ogni cosa, dagli oggetti d’arredo agli utensili. Sfornavano il pane, andavano in cerca di erbe officinali e cacciavano piccoli animali, che spesso divoravano crudi. Pare che nelle giornate di sole esponessero all’aria aperta i loro oggetti più preziosi, salvo poi barricarsi in fretta e furia dietro le porte in pietra se notavano uno sconosciuto nei paraggi. Ogni località ha la sua versione delle Janas. Secondo certe tradizioni, avevano il potere di predire il futuro e decidere il destino degli uomini. Erano anche solite confezionare degli splendidi abiti con un telaio d’oro massiccio. Questo portava a tentati furti ed estorsioni da parte di persone avide.
MOMMOTTI
Nome derivato dal dialetto sardo e usato per spaventare i bambini. Mommotti è l’appellativo dell’uomo nero, che ha svariate incarnazioni: un orco che rapisce i bambini cattivi, un vecchio arcigno e con la barba lunga, un mostro nascosto sotto il letto. È la fantasia infantile, unita al racconto degli adulti, a conferire un preciso aspetto a Mommotti. Si dice che derivi dalla divinità della morte sarda, Momoti, o da Mohammed, un corsaro arabo dalla pelle scura che in epoca giudicale (medioevo) compiva razzie nei villaggi e rapiva i bambini. Un’altra ipotesi di origine risale all’epoca napoleonica, quando la famiglia Marotta, nella vicina Corsica, si rese responsabile di crimini e rapimenti. Come abbiamo già detto, ha mille forme ma in genere viene dipinto come un uomo terribile, avvolto in un mantello nero e con il viso nascosto nell’ombra.
S’ACCABADORA
Un personaggio leggendario di genere femminile e legato alla morte. Si narra che entri nelle stanze dei moribondi con il volto coperto da un velo scuro, per porre fine alle loro sofferenze. Una specie di eutanasia dove la persona prescelta viene soffocata con un cuscino o colpita in fronte con un martello di legno. Pare che nel secolo scorso esistessero davvero delle donne che, chiamate dai familiari del malato, accorrevano per porre fine alle sue sofferenze. Spesso S’Accabadora esercitava il mestiere nei piccoli paesi, per le classi sociali meno abbienti, quando il medico era troppo lontano o dispendioso. Si presentava a casa del moribondo di notte e, dopo aver fatto uscire i parenti, gli assestava il colpo di grazia. Infine se ne andava in punta di piedi. Sebbene esistano testimonianze di queste “sacerdotesse della morte” all’opera, la storia si confonde con il mito.
SA MUSCA MACEDDA
Il suo nome dovrebbe significare “mosca che macella” ed è una mosca dalle proporzioni enormi (grande come la testa di un bue), munita di ali potenti, il cui ronzio è percepibile a distanza di chilometri. Dispone di un pungiglione velenosissimo e pare che custodisca un tesoro, in attesa che qualcuno la risvegli. In alcune varianti fanno la guardia alle ricchezze delle Janas. Si narra che nelle segrete di certi castelli fossero custoditi due forzieri, uno di pietre preziose e l’altro con uno sciame di mosche macellaie. In questo modo l’avventuriero doveva scegliere quale aprire e aveva una possibilità su due di sopravvivere. Se lo sciame si fosse liberato, avrebbe sterminato il villaggio del ladro e anche i sette villaggi confinanti. A Iglesias si racconta di un frate che chiese aiuto alla popolazione per combattere sa musca, suonando una musica e facendo posizionare tutti in un cerchio magico. Con questo stratagemma catturò un intero sciame di quelle creature, che ripose in sette botti. Pare che il mito di questa mosca derivi dalla zanzara anofele, importata dai romani e in grado di trasmettere la malaria.
SU MASKINGANNA
Un essere fantastico, ascrivibile alla categoria dei folletti burloni. Chiamato anche “l’ingannatore”, viene associato ai demoni. Esso agisce in primis nelle campagne, prendendo di mira contadini e pastori. È un mutaforma e può assumere qualsiasi aspetto, prediligendo quello di un bambino piangente o un animale da fattoria. Può manifestarsi anche solo con la voce. Alcuni racconti lo descrivono come un ragazzino con degli zoccoli al posto dei piedi. Combina scherzi di ogni tipo, introducendosi nelle stalle per spaventare il bestiame. Crea illusioni ottiche per far smarrire i viandanti e disturba le persone dormienti, facendole risvegliare terrorizzate. A volte dà avvertimenti utili agli esseri umani: pare che un pastore sconfinò con il suo gregge in un terreno privato e venne avvisato dal Maskinganna prima che il padrone inferocito arrivasse.
LA PETTENEDDA
Una creatura mitica che vive nei pozzi, probabilmente creata dai genitori per spaventare i bambini e tenerli al sicuro da eventuali cadute. Viene descritta come una donna molto vecchia, sempre intenta a pettinarsi con le sue unghie lunghe. I capelli sono arruffati e non riesce mai a metterli in ordine, quindi è sempre arrabbiata. Le madri sarde spiegano ai figli che i rumori emessi dai corsi d’acqua in fondo ai pozzi sono in realtà opera della Pettenedda. Se si fossero affacciati per guardare in basso, la megera li avrebbe afferrati con i suoi artigli per trascinarli a fondo e renderli schiavi per l’eternità.
I CADDOS BIRDES
Un’antica leggenda, radicata a Monteleone, parla di una specie di cavallini rarissimi e dal manto verde. Pare che fu proprio il re di Monteleone l’unico uomo abbastanza fortunato da possederne uno. A quanto pare avevano poteri magici e benefici, ma erano difficili da trovare e impossibili da domare. Fungono da metafora per qualcosa di introvabile e sembra che i potenti fossero pronti a scatenare guerre pur di averne uno. Forse il racconto ha un fondo di verità, poiché fino alla metà del secolo scorso, in Sardegna, esistevano dei cavallini selvaggi grandi quanto una pecora. Abitavano nelle grotte in prossimità dei fiumi e sembra che il manto verdastro derivasse da una specie di alga che si sviluppava nel pelo dell’animale.
SU BOE ERCHITU
Un essere legato alla metamorfosi uomo-animale. Una sorta di licantropia che colpisce gli uomini e agisce nottetempo, donando alla vittima un aspetto bovino e un istinto animalesco. Una specie di bue mannaro, accostabile alla figura del Minotauro. L’Erchitu non può evitare di trasformarsi ed è vittima di una antica maledizione, spesso una condanna divina per crimini gravi. In questo caso diventa un toro mostruoso, con corna d’acciaio che sorreggono due candele accese. Il maleficio può essere interrotto solo dal taglio delle corna o spegnendo le fiammelle. Pare che i loro muggiti siano agghiaccianti. Un’altra versione del mito parla del Boe Muliache, un uomo costretto a mutare in bue dal destino avverso. In questo caso pare che l’aspetto rimanga umano, mentre lo spirito di un bue si sostituirebbe a quello della persona durante la notte. Il poveraccio è quindi costretto a vagare fino all’alba, emettendo versi e rivoltandosi sul terreno.
I FANTASMI DI SASSARI
Ogni paese ha le sue storie di spettri, tramandate da persone anziane o da testimoni scioccati, ma a Sassari si narra addirittura di una processione fantasma, denominata Cunfraria. Secondo gli abitanti, il gruppo di ectoplasmi appare la notte del 31 Ottobre nei pressi di via San Sisto e di via Santa Apollinare, varcando senza problemi il portone chiuso della chiesa. Un vecchio signore raccontava di essersi affacciato al balcone a notte fonda e di aver visto una processione di monaci incappucciati che si incamminavano verso il convento locale, dove un tempo venivano portati gli appestati. Altri parlano della Cunfraria come delle sagome invisibili che reggono delle candele a mezz’aria. I più saggi raccomandano di non affacciarsi alle finestre e di non interagire con la processione in alcun modo. Gli incauti potrebbero cadere in preda alla follia o andare incontro alla morte.
MARTI PERRA
Un demone tipico della provincia dell’Ogliastra, che appare come un grosso gatto nero. Si racconta che durante il Martedì Grasso (Marti Perra, appunto) avesse il compito di vigilare affinché ogni abitante prendesse parte ai festeggiamenti. In diversi paesi il Carnevale aveva una valenza quasi religiosa e vedeva la partecipazione dell’intera comunità, che abbandonava il lavoro per mettere in scena riti ancestrali e banchettare con allegria. Chiunque lavorasse quel giorno, rifiutandosi di festeggiare con gli altri, avrebbe fatto arrabbiare Marti Perra. Il demone sarebbe piombato sulla vittima per squartarla con i suoi artigli. Questo monito serviva a far rispettare le usanze carnevalesche, considerate fonte di benessere e coesione sociale. Da alcune cronache dell’800 emerge il curioso caso di una donna che, accusata di aver ucciso il figliastro, attribuì la colpa al mostruoso felino. Pare infatti che Marti Perra avesse ucciso il ragazzo per punire la donna, rea di aver lavorato nel fatidico Martedì Grasso.
DON BLAS
Secondo la leggenda, il Castello del Goceano a Burgos (provincia di Sassari) è abitato da un fantasma, per la precisione un cavaliere medievale, ovvero Don Blas d’Aragona. Pare che custodisca un tesoro e che abbia fattezze gigantesche e terribili. Si narra che un pastore, in cerca di una pecora smarrita, si addentrò nei sotterranei delle rovine, incappando in un paiolo colmo d’oro. Prima che potesse afferrarlo si udì un boato e l’intera struttura tremò. Il poveraccio fuggì in paese, dove raccontò tutto al parroco. Quest’ultimo, incuriosito, si recò alle rovine in compagnia del sacrestano. I due, muniti di acqua santa e libri sacri, avevano l’intenzione di scacciare lo spettro e impadronirsi del tesoro. Alla vista del paiolo, il sacrestano non resistette alla tentazione e lo afferrò. Apparve quindi il demoniaco Don Blas, che incenerì i due religiosi con una pioggia di fuoco. Da allora nessuno si è più cimentato nell’impresa.
LE PANAS
Molte storie di fantasmi hanno una genesi tragica, ma pochi racconti hanno risvolti macabri come quello delle Panas. Trattasi degli spettri di donne morte durante il parto, condannate a tornare in questo mondo per sette anni nelle ore notturne. Appaiono vicino ai corsi d’acqua e la loro occupazione è lavare i panni insanguinati del loro figlioletto. Non possono comunicare o interrompere il lavoro per alcun motivo. Se qualcuno le disturbasse, dovrebbero ricominciare la penitenza daccapo e si vendicherebbero spruzzando acqua addosso all’intruso. Gli spruzzi in realtà sarebbero incandescenti come il fuoco e brucerebbero la vittima. Tale era la paura delle Panas che molte donne sarde si tenevano lontane dai torrenti a tarda sera. Questo racconto sottolinea il legame tra l’acqua e il grembo materno, che può essere fonte sia di vita che di morte.
Siamo alle battute finali di questo impervio percorso nella tradizione sarda. Affascinante e austera, questa terra si riflette nelle sue storie, che spesso non hanno peli sulla lingua e traboccano di dettagli inadatti agli stomaci deboli. Streghe, fantasmi addolorati e animali demoniaci vi terranno compagnia – ne siamo certi – per molte nottate a venire. Vi salutiamo fino al prossimo capitolo e vi consigliamo di recuperare il nostro catalogo di Bestiari, nel caso il vostro appetito mostrifero non si sia placato. Se siete al corrente di altre leggende della Sardegna, vi aspettiamo nei commenti!

Regala un Bestiario!
Regalare un Bestiario, oltre a essere una forma di dono alternativa e originale, è anche un modo per supportare la redazione di Monster Movie nel suo progetto divulgativo. Consulta la nostra pagina dedicata a “I Bestiari di Monster Movie” e assicurati che la tua richiesta non sia già stata realizzata. In tal caso puoi comunque dedicare a qualcuno l’articolo preesistente: provvederemo ad aggiornarlo con la tua dedica personalizzata. Una volta effettuata la donazione, mandaci una mail a monstermovieitalia@gmail.com indicandoci la saga cinematografica, letteraria o videoludica di cui desideri il Bestiario, oltre a nome e mail della persona a cui vuoi dedicarlo. Dopodiché concorderemo le modalità di pubblicazione e le tempistiche. Ti ricordiamo che non stai acquistando alcun bene (un libro, un PDF), contenuto protetto da copyright o servizio, ma stai supportando la nostra attività senza scopo di lucro. Il Bestiario è ciò che ti offriamo in segno di gratitudine. La Redazione di Monster Movie ti ringrazia anticipatamente per aver dedicato un pensiero al nostro lavoro!
€60,00
LINGUA sarda, non dialetto. La lingua sarda si divide in 5 dialetti, ovvero il campidanese, logudorese, sassarese, gallurese e nuorese. Il sardo è tra le 12 lingue riconosciute ufficialmente oltre all’italiano grazie all’art. 482/99