di Alessandro Sivieri
Grazie all’accordo Sony/Disney, Spidey ha avuto la possibilità di tornare letteralmente a casa, inserendosi nell’Universo Cinematografico Marvel già da Civil War. Su Tom Holland, nuovo protagonista subentrato a Andrew Garfield, ho già speso fiumi di parole: lo consideravo perfetto (leggi qui) per il ruolo e in questo reboot ho avuto la mia conferma. Il suo Peter Parker, ancora liceale, è un nerd logorroico e fin troppo entusiasta, mentre nella tuta dell’Arrampicamuri (forse un po’ troppo tecnologica) si muove e combatte come ci si aspetterebbe, nonostante la sua giovinezza gli faccia commettere qualche errore. L’interpretazione di Holland rispecchia davvero alcune storie cartacee che ho letto e mi auguro di vederlo crescere in seguiti strutturati un po’ meglio.
Ma dove sarebbe l’eroe senza una sfida adeguata? Michael Keaton, nei panni dell’Avvoltoio, si dimostra uno dei migliori cattivi Marvel, minaccioso e leggermente più sfaccettato rispetto a un Malekith o un Ronan qualunque. Non ha in mente lo sterminio dell’umanità o l’immortalità ma lavora per portare a casa la pagnotta, cosa che lo rende una specie di villain proletario. Il suo nuovo design gli fa onore, e avrebbe ulteriormente beneficiato di un tocco più horror nella regia. La scena nell’automobile brilla per la tensione, e scopriamo che Keaton avrebbe potuto benissimo interpretare un grande Norman Osborn.
I problemi di questa pellicola non iniziano dai protagonisti, ma dai comprimari che non sempre funzionano: apprezzato il ritorno di Marisa Tomei come zia May milfona, bisogna fare i conti con dei cattivi secondari trascurabili (basti pensare all’identità dello Shocker che viene passata come una staffetta) e con dei compagni di classe deprimenti. Se la Michelle di Zendaya fa il suo dovere, pur nella parte stereotipata della ribelle piena di sarcasmo, il Flash Thompson di Tony Revolori è la cosa più lontana possibile da un bullo. È solo un deficiente figlio di papà, che non intimidisce e nemmeno fa ridere quando sfotte qualcuno. Capisco che il buonismo Disney escluda i pestaggi nei corridoi, ma si poteva fare un attimino meglio. La vera cosa irritante è Ned, il migliore amico di Peter, con il volto di Jacob Batalon: il solito ciccione sfigato che funge da spalla comica. Ovvio, siamo di fronte a una storia adolescenziale, ma dei comprimari meno all’acqua di rose avrebbero reso il tutto più credibile. Ciliegina sulla torta la Liz di Laura Harrier, interesse amoroso di Spidey, che guardacaso è figa, intelligente e pure di buon cuore. Ma siete pronti al terzo incomodo? Arriva Robert Downey Jr. come padre surrogato.
Nulla da togliere alla figura di Iron-Man, che è a tutti gli effetti il collante dell’UCM e lo sponsor di Peter, ma come temevamo la sua presenza ricorrente crea molte falle logiche, che si avvertono maggiormente rispetto ad altri prodotti Marvel. Davvero una persona egocentrica come Tony Stark organizzerebbe un’imboscata dell’FBI per catturare chi gli ruba equipaggiamenti pericolosi, invece di arrivare in armatura (o mandarne una in wireless) a spaccargli il culo? Davvero non prenderebbe delle contromisure più adeguate nel caso dei delinquenti ancora in libertà progettassero di rubargli un aereo pieno di merce preziosa? La risposta è scontata: l’Avvoltoio è forte ed è una sfida riservata a Peter, ma Iron-Man lo farebbe fuori in poco tempo. Stessa cosa per Visione (Paul Bettany), che latita chissà dove. È naturale che Spider-Man dovesse affrontare da solo questa battaglia finale (senza tuta hi-tech, cosa che ho apprezzato), ma la coerenza di questo universo inizia davvero a scricchiolare, perché arriviamo a chiederci: dove sono gli altri eroi? Negli altri film i protagonisti sono adulti, già potenti e consapevoli, in grado di combattere da soli o con qualche aiutino tipo Vedova Nera. Qui stiamo parlando di un Peter Parker ancora molto ingeuo, seguito passo per passo da una figura paterna che arriva in carne e ossa per dispensare ramanzine ma che scompare misteriosamente quando mettono in pericolo ciò a cui tiene. Questi buchi di trama, uniti alla regia impersonale di Jon Watts e alla musica mediocre di Michael Giacchino (ma dormiva in vasca da bagno mentre componeva?), azzoppano un film che poteva risultare più rinfrescante per la Fase 3 della Marvel. Si tratta comunque di un’avventura divertente e spettacolare, ma uno Spider-Man con l’attore azzeccato meritava di più.