RELIC – Il Mostro nel Museo

L’horror anni ’90 con una creatura realizzata da Stan Winston.

di Alessandro Sivieri

Gli anni ’90, pur risentendo della mancanza delle gloriose saghe horror del decennio precedente, ci hanno regalato dei validi monster movie: Alien 3, Mimic, Specie mortale, il Godzilla di Emmerich (qui i giudizi si dividono un po’) e infine Relic, diretto da Peter Hyams, autore del western spaziale intitolato Atmosfera Zero. Il film è basato sull’omonimo romanzo di Douglas Preston e Lincoln Child, anche se non mette in scena il personaggio ricorrente di Aloysius Pendergast, agente dell’FBI piuttosto peculiare. La trama resta in gran parte quella cartacea: un antropologo del museo di Chicago, durante una spedizione in Sud America, si imbatte in una tribù che, grazie a delle bacche contaminate, lo trasforma nel Kothoga, una sorta di lucertolone mutante con il vizio di staccare la testa alla gente. Realizzato dall’abile Stan Winston (già celebrato per Aliens, Predator e Jurassic Park), questo bestione zannuto sa farsi apprezzare sia nelle scene pupazzose che in quelle con la CGI (se escludiamo la sequenza in fiamme), e ha un solo obiettivo: uccidere esseri umani per cibarsi del loro ipotalamo.

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Come un novello Dracula, l’essere attraversa l’oceano a bordo di un’imbarcazione e, dopo aver sterminato l’equipaggio, si dirige proprio al museo di storia naturale. Toh, le coincidenze. Da qui parte il solito canovaccio dei fantahorror, dove vittime innocenti iniziano progressivamente a sparire e la polizia brancola nel buio, tra corpi orribilmente mutilati e falsi colpevoli. Naturalmente l’amministrazione si infischierà in modo ottuso degli avvertimenti del tenente D’Agosta (Tom Sizemore), a capo delle indagini, e organizzerà un ricevimento con le personalità più illustri di Chicago nel tentativo di raccogliere fondi per il museo. Un ottimo pretesto per scatenare una mattanza a opera del Kothoga, brutale e astuto quanto uno Xenomorfo. Con il senno di poi alcuni paradigmi narrativi vengono presi in prestito da Alien 3: la sequenza nei sotterranei, con tanto di cani squartati, e una scena con la dottoressa Green (Penelope Ann Miller) messa alle strette dal mostro.

Non potendo contare su personaggi memorabili o particolari guizzi registici, la produzione rischia il piattume da film tv, se non fosse per il design del Kothoga stesso, frutto di un incrocio tra più specie. Da premiare, inoltre, l’originalità dell’ambientazione: il museo è ampio e articolato, colmo di reperti e resti animali, creando il perfetto territorio di caccia per una bestia sanguinaria che potrebbe celarsi in ogni anfratto. Abbiamo notato con piacere che la location museale è stata recentemente ripresa da Jurassic World 2: Il regno distrutto, quando l’Indoraptor insegue i protagonisti in una magione. A demerito dell’opera giunge il finale un po’ troppo fracassone, con il proverbiale botto tra le fiamme, e la scarsa originalità nel sound design del Kothoga, che si limita a ruggire come un leone o a emettere rantoli asmatici. La pillola viene addolcita da una dose di splatter che non guasta. Per dirla alla Indiana Jones, quel coso non dovrebbe stare in un museo.

Se vi piacciono le scienze naturali, date un’occhio alla nostra visita al museo civico E. Caffi: GITA MOSTRUOSA – Museo di Scienze Naturali di Bergamo.

Vi garantiamo l’assenza di Kothoga o dinosauri clonati mangiauomini.

Relic The [Edizione: Regno Unito]

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