L’episodio Marvel che pesca a fondo dalla black culture.
di Alessandro Sivieri
Con Creed il giovane Ryan Coogler è riuscito a rimettere la saga di Rocky in carreggiata, narrando le avventure di Adonis (Michael B. Jordan), il figlio del leggendario Apollo Creed, entrato sotto l’ala protettrice del vecchio Balboa (Sylvester Stallone). Questo ennesimo sequel si è rivelato un prodotto di grande intrattenimento e ben diretto, con particolare riferimento alla sequenza dell’incontro finale. Arruolato nelle scuderie della Marvel, Coogler ci porta nel regno di Wakanda con questo Black Panther, avventura solitaria del personaggio di Chadwick Boseman, già apparso in Civil War. La pellicola riunisce un cast quasi interamente di colore, con alcuni dei volti odiernamente più gettonati: oltre a Boseman e Jordan, troviamo Lupita Nyong’o nei panni della fiamma del protagonista, Forest Whitaker in quelli di una sorta di cerimoniere e Danai Gurira come Okoye, guardia del corpo del re. Ma gli attori non sono nulla se tutto il resto fa acqua, quindi andiamo al sodo: quanto è bello? Vi confesso che il trailer non mi aveva entusiasmato ed ero entrato in sala con il timore di vedermi servito un compitino, una storia forzata per dare tridimensionalità a T’Challa prima di rivederlo in Infinity War. Eppure, se la vicinanza di Avengers 3 si fa sentire, ho assistito a un riempitivo con un’anima.
Saltando agevolmente la solita parabola sulle origini dell’eroe, che Doctor Strange ha dovuto seguire per forza di cose, veniamo proiettati nel cuore dell’Africa, in un regno celato che Coogler & soci hanno dipinto con una combinazione tra il tribale e il futuristico. Wakanda non è una banale Asgard terrestre, e l’uso sapiente dei colori e delle panoramiche ce la fanno apprezzare, sebbene ci sia troppo da raccontare per soffermarsi a lungo sugli abitanti e sull’architettura. Questo luogo fuori dal tempo è minacciato da tensioni interne, dovute alla morte del vecchio re T’Chaka e alle vicende del mondo esterno, che non ha ancora scoperto la tecnologia e i giacimenti di vibranio nascosti nella nazione.
La tradizione e il progresso si scontrano, tra chi vorrebbe mantenere al sicuro il regno (anche dai profughi bisognosi) e chi vorrebbe impiegarne le risorse per aiutare i paesi in difficoltà. Il peso di ogni scelta ricade su T’Challa, in arte Black Panther, che deve ereditare il trono e decidere la futura linea politica del Wakanda. Il pregio del film sono proprio le tematiche sociali e i conflitti etnici, trattati in modo provocatorio per un cinecomic, anche se solo superficialmente (la segregazione razziale, la chiusura delle frontiere, la corsa agli armamenti e il divario generazionale). Un altro punto a favore è l’umorismo, sempre dosato e funzionale: Black Panther ha il merito di prendersi sul serio per la maggior parte del tempo, senza sfociare nella demenzialità. Ovviamente parliamo di un antipasto alla guerra vera e propria, quindi non mancano alcuni difetti di fabbrica.
Un problema della Marvel sono i cattivi usa e getta, approfonditi poco e tolti di mezzo in modo prevedibile. Qui siamo sopra la media ma il fato dei villain è già tracciato. Lo Ulysses Klaue di Andy Serkis, già incontrato in Age of Ultron, è un vero spasso ma non ottiene un minutaggio dignitoso, rappresentando una minaccia secondaria. Killmonger di Michael B. Jordan è praticamente l’opposto, avendo solide motivazioni alle spalle ma risentendo di un’eccessiva analogia col protagonista, oltre che di una recitazione repressa. Diciamo che il primo cattivo ha carisma ma poco tempo, il secondo ha potenziale ma non si applica. A salvarli qualche linea di dialogo azzeccata (anche qui si poteva essere più spregiudicati) e le scene d’azione ben dirette, anche se siamo lontani dalle scene dei fratelli Russo in The Winter Soldier. Nemmeno un piano sequenza di combattimento si avvicina a quello di Creed, ma tutto sommato non c’è da lamentarsi. Tirando le somme, potete gustarvi il film senza la paura di un terribile ibrido tra un cinecomic e Il re leone, ma restate consci del fatto che, essendo quest’ultimo vincolato a Infinity War, non accadrà nulla di drastico e non vivrete la tensione fino in fondo. “Wakanda per sempre”? Vedremo cosa combina Thanos.