TOY STORY 4 – Hai ancora un amico in me

Nove anni dopo l’ultima avventura, tornano le storie dei giocattoli: Toy Story 4 è (quasi) tutto quello che volete rivedere.

di Cristiano Bolla

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Nel 2010, dieci anni dopo il capolavoro Pixar per antonomasia, Toy Story, avevamo lasciato Woody, Buzz, Jessie e compagnia nelle mani della dolcissima Bonnie, dopo un’ultima trepidante avventura a Sunnyside. Qui i nostri erano sfuggiti dalla prigione di Lotso, solo per tornare a casa e lasciare che Andy, il fu bambino e proprietario dei giocattoli, partisse per il college, non prima di avergli trovato appunto una nuova sistemazione. La chiusa perfetta, giusto? E invece abbiamo versato lacrime e pianti d’addio per niente: eccoci quindi a commentare la quarta avventura dei giocattoli più famosi di sempre.

L’importanza di questo franchise nella storia del cinema di animazione è assoluta: basti pensare che John Lasseter, il creatore e regista dei primi due capitoli, ricevette un Oscar speciale per il primo lungometraggio interamente animato in digitale. Alcune frasi sono entrate nell’immaginario collettivo al pari di altri grandi film e personaggi del cinema, su tutte “Verso l’infinito e oltre” e il rilancio della saga era stato anticipato anche da alcune operazioni, come per esempio l’inserimento del mondo di Toy Story all’interno del terzo capitolo della saga di Kingdom Hearts. Tutto questo per dire: le ragioni e l’interesse per uscire con un quarto capitolo c’erano tutte, ma sono abbastanza?

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In Toy Story 4 ritroviamo Woody, Buzz e gli altri dove li avevamo lasciati: nelle amorevoli mani di Bonnie, bambina un po’ timida ma piena di fantasia, tanto da dare vita ad un nuovo giocattolo, Forky, una forchetta di plastica un po’ decorata che tuttavia si sente solo spazzatura e non un giocattolo vero e proprio. Woody fa proprio il compito di “educare” Forky alla sua nuova natura, un po’ per darsi uno scopo (al contrario di Andy, Bonnie non lo considera molto come giocattolo) e un po’ perché Forky è molto importante nel processo di crescita della bambina. A questo aggiungete un viaggio in camper con la famiglia e gli altri giocattoli, missioni di recupero, personaggi esilaranti e avete Toy Story 4 fatto e finito.

Tutto questo funziona? Assolutamente sì: il divertimento è assicurato, grazie ai personaggi doppiati da Keanu Reeves e Jordan Peele (Duke Kaboom e Duckie) ma anche all’incredibile livello di dettaglio raggiunto dalla CGI, in grado di rendere in modo strabiliante le texture dei giocattoli e del mondo circostante; spazio anche a qualche elemento creepy con i Dummies, le bambole-scagnozzo di Gabby Gabby, sulla carta la villain di questo capitolo. Tutto bello, tutto magnifico… ma tutto ha anche una patina strana, di quella magia che non sorprende più come prima. Toy Story 4 è un fuoco di artificio: bellissimo, ma mai come la prima volta.

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Il motivo di questo retrogusto amarognolo è sostanzialmente uno: i primi tre Toy Story avevano chiaramente una generazione di riferimento, parlavano ai bambini o ragazzi che negli anni ’90 trattavano con amore e rispetto i propri giocattoli, col risultato di farli affezionare ancora di più a loro. Il target del terzo capitolo, invece, non erano solamente  nuovi bambini, ma anche quelli ormai cresciuti e pronti a lasciarsi alle spalle i giocattoli per la “vita adulta”: nel 2010 a versare lacrimoni mentre Woody e Buzz vengono passati di mano, siamo stati noi Millennials, coloro cioè che sono cresciuti con le toy stories originali. Toy Story 4 invece non sembra più parlare a noi, ma si è “standardizzato” e livellato verso un pubblico più stabile. I bambini si dimenticano dei giocattoli, ma Toy Story sembra essersi dimenticato di noi.

Restano comunque dei temi interessanti: tra riflessioni sul senso della vita e sull’esistenza dei giocattoli, viene da rispolverare il buon vecchio Heidegger e il suo “essere ed esser-ci”, cosa significhi essere un giocattolo e il valore che questo ha nel momento, nel suo porsi nel mondo e soprattutto nelle mani di un bambino. Toccante, preciso e insieme leggero. Un po’ troppo azzardato (almeno per gli standard con cui ci avevano abituato) il rapporto e l’uscita allo scoperto dei giocattoli, in una collisione di mondi molto più evidente.

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Vale la pena perdersi in una nuova avventura di Toy Story? Senza dubbio sì: la grafica, il divertimento e molto altro sono assicurati, anche con quella patina di cui sopra che rende tutto molto scintillante quanto gratuito. È Disney, direte voi, un altro film nato per far soldi. E avete ragione, ma fino a che punto è lecito macinare su un prodotto cui avevamo dato un commovente addio?

La speranza è che la risposta non sia verso l’infinito e oltre.

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