Analisi semiotica della tipografia dei titoli dei film di mostri.
di Matteo Berta
Viviamo nell’epoca dove i poster cinematografici vengono talmente standardizzati e appiatti da sembrare dei semplici ammassi di corpi senz’anima, composti assieme dopo sessioni di scatti singoli per ogni personaggio. L’insignificanza dei poster contemporanei si contrappone all’eccessiva cura di molti paratesti di pellicole datate, soprattutto per quanto riguarda la fantascienza, dove spesso la locandina, in fin dei conti, risultava essere la cosa più bella del film.
Una delle componenti fondamentali dell’esposizione promozionale di un film all’interno di un poster è senza ombra di dubbio il titolo. Oltre all’importanza della composizione della parola stessa, un aspetto rilevante è la tipografia. Lo stile, la/il font e la spaziatura di molti titoli, hanno contraddistinto saghe e fatto sognare molti spettatori. Il nostro collega Massimo Terribile, per esempio, essendo uno spettatore “stagionato” ricorda ancora con piacere quando si trovava, da piccino, a fantasticare sui film che avrebbe visto, solamente osservando i titoli che venivano inseriti su di una fantomatica bacheca (Qui potete trovare il video completo del Racconto Terribile).
Fin dagli albori del cinema di mostri, i titoli sono sempre stati curati nei minimi dettagli, arrivando a costituire veri e propri stili di scrittura che successivamente hanno contraddistinto l’immaginario del cinema horror. La Universal, con i suoi mostri classici, ha sempre puntato sull’esagerazione e la fatiscenza dei propri titoli, infatti le intestazioni dovevano rappresentare al meglio il mostro del film stesso e in alcuni casi, dovevano riprenderne qualche caratteristica o analogia. Il titolo doveva stabilire il tono dell’orrore che lo spettatore sarebbe andato a provare.
I film di mostri classici fornivano una svariata tipologia di tipografia nei titoli, tra i più raffinati possiamo trovare: il Fantasma dell’Opera del 1925 e il Dracula di Carl Lemme del 1931, dove si può assistere ad una trasposizione dell’eleganza del teatro dell’opera e dell’animo tormentato del suo “mostro” e ovviamente la nobiliare presenza del conte transilvanico. Queste suggestioni vengono espresse con dei titoli abbastanza stilizzati con la caratteristica serif, ovvero con la presenza di grazie (allungamenti ortogonali al termine dei caratteri).
Se i primi due esempi potevano risultare abbastanza “classici” con la Mummia del 1932 e L’Uomo invisibile del 1933 si assiste al fenomeno, descritto in precedenza, di “ricalco del mostro“, infatti per rappresentare il mostro egizio si è deciso di mantenere una texture del materiale utilizzato per costruire le piramidi e, all’inizio del film, il titolo appare proprio posizionato sopra uno dei celebri monumenti funerari dell’antico Egitto. Per rappresentare il titolo de l’Uomo invisibile, si è realizzato un composto tipografico che rimandasse all’evanescenza delle nuvole, così come il mostro può “dissolversi”. Allo stesso tempo si è adottato uno stile semplice, ma instabile, proprio come uno scienziato normale può trasformarsi in un killer.
Il primo film in cui Gianni e Pinotto incontrato i mostri classici è Il Cervello di Frankenstein (Abbott and Costello Meet Frankenstein) del 1948. Il titolo del poster è una classica intestazione con un cambio di font, ma nello stile tradizionale tipografico senza molte particolarità, l’originalità arriva nella comparsa del titolo durante la pellicola. I main title del film sono costituiti da una simpatica sequenza animata e lo stesso titolo appare con qualche breve animazione, la composizione dei caratteri è interamente fatta di ossa, disegnate stile cartoon, questo per rispettare l’animo della commedia, ma nello stesso tempo ricordare il genere horror. (Qui potete trovare un altro episodio di Racconti Terribili dedicato a questo film).
Con il trascorrere degli anni, i titoli dei film di mostri si sono adattati all’evoluzione delle grafiche moderne, che cercano più di seguire delle logiche minimal, dando sempre meno importanza alla struttura estetica dei titoli, dal momento che la promozione delle pellicole è concentrata più in altre tipologie di prodotti. Nonostante si vada verso una spersonalizzazione delle intestazioni, ci sono ancora dei franchise che sono orgogliosi di mantenere le proprie caratteristiche “invadenti”, come la saga di Jurassic Park e Jurassic World, dove il titolo (potete divertirvi a replicarlo con la font “African”), innestato all’interno del logo, è molto caratteristico e rispecchia perfettamente la natura “selvaggia” dei mostri dei vari capitoli della saga.
Molti stili di scrittura hanno influenzato il nostro immaginario cinematografico, molti titoli sono divenuti iconici e sono direttamente influenti sul nostro richiamo ai ricordi o alle sensazioni legate a determinate pellicole. Nell’ultimo ventennio si sono imposti titoli notevoli, come lo stile saettato di Harry Potter o il cibernetico/disturbato di Matrix. I film di mostri hanno sempre cercato di rispecchiare le caratteristiche del mostro che le pellicole andavano a raccontare: dalle varie versioni insanguinate di Dracula alle imponenti lettere dei film di King Kong.
Per chi fosse appassionato all’argomento della tipografia dei titoli consigliamo un fantastico portale di nome “Art of the Title” che raccoglie e documenta tutti i titoli del mercato.