Stranger Things 2 – Cose belle ma già viste

di Cristiano Bolla

Un anno fa gli appassionati di serie tv hanno perso la testa dietro ad uno show divenuto immediatamente (e con merito) un fenomeno mediatico con pochi precedenti nel nostro tempo: si parla ovviamente di Stranger Things e ora il sequel (attenzione: non seconda stagione, ma sequel vero e proprio come testimoniato da quel “2” bello grande nel titolo) era atteso alla prova del nove. Inutile dirlo: il mondo ha perso la testa di nuovo.

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Si ritorna ad Hawkins e si riprendono le fila di quel gruppo di ragazzini divenuti una sorta di icona nerd; in breve il setting di partenza è: Will ha visioni del Sottosopra, a Undici manca Mike e a Mike manca Undici, Dustin e Lucas si contendono la nuova arrivata Maxime, il tutto mentre dal piano dei Mostri sta per abbattersi una calamità sotto forma di mostro-ombra. Già a leggere una brevissima sinossi della trama si può capire come i Fratelli Duffer a questo giro hanno provato a mettere molta più carne al fuoco, inserendo molte più sotto-trame che nella prima stagione si limitavano a gravitare attorno al macro-plot Finding Will. Restano sempre le grandi linee che si intrecciano tra tre generazioni (bambini, adolescenti, adulti), ma adesso all’interno delle stesse si snodano molti più sentieri, [SPOILER] un po’ come accade nel sottosuolo della città di Hawkins [/SPOILER]. Il tentativo di dare profondità, tuttavia, si scontra anche con la netta scelta di rendere la serie più action, di tenere sempre il ritmo alto e l’azione in movimento. Pochi sono gli esempi riusciti al 100% di unire uno sviluppo action ad uno psicologico: alla fine qualcosa si deve sacrificare ed è così anche per Stranger Things, dove alcune plotline avrebbero meritato più spazio (vedi quella di Undici) e altre molte meno (vedi Maxime e il fratello).
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Tutto questo non toglie che Stranger Things 2 sia una serie che è migliorata sotto praticamente tutti i punti di vista: narrativo, gestione dei personaggi, persino CGI. E no, ovviamente il tutto è sempre condito con un’abbondantissima dose di citazionismo, l’elemento che ha reso la serie il fenomeno mediatico che è. L’anno scorso, nella recensione fatta sempre per Monster Movie, dicevo che Stranger Things era un bel panegirico degli anni ‘80, ma che la deriva nostalgica e citazionista rischiava di far perdere la bussola sulla reale qualità del prodotto. Un anno dopo Stranger Things esce quasi in contemporanea con IT, Blade Runner e altri film tornati a “tormentarci” dal passato: la tendenza è talmente evidente che non occorre approfondire l’argomento, ma concentrandosi su Stranger Things 2 viene da chiedersi quanto questo citazionismo sia funzionale o essenziale allo show. Potrebbe, insomma, funzionare anche senza essere così esagerato?
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Perché in certi punti della serie lo diventa e parecchio anche. Un conto è il contorno, come per esempio i vari poster pre-release che hanno citato praticamente ogni grande capolavoro di genere degli anni ‘80, o dettagli di scena come il costume da Ghostbusters o altre piccole chicche come Hopper che raccoglie il cappello da terra (abbiamo tutti pensato a Indiana Jones, vero?), un altro invece quando il citazionismo diventa eccessiva parte integrante della narrazione. Alcune scene e sviluppi sembrano una copia (ben fatta) di altre situazioni viste appunto in tutti quei film capolavoro che hanno segnato le generazioni cui i Duffer vogliono rivolgersi (nonostante loro stessi siano nati nel ‘84 e siano, come noi che scriviamo, “figli acquisiti” di quella cultura anni ‘80): da Alien a Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo e anche un pizzico di Esorcista, sono tantissimi i riferimenti meta-cinematografici che non arricchiscono solo l’immaginario della serie, ma la vincolano ad essi. Citare è un conto, riproporre (seppur con successo) un altro.
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Per questo Stranger Things 2 è una serie di “cose strane ma già viste”, un pot-pourri di tutto il meglio del genere cinematografico servito su un piatto d’argento ai nerd, appassionati di gdr e nostalgici degli anni ‘80. Funziona e molto bene, ma lo fa perché il materiale di partenza è immortale nella testa degli spettatori che lo guardano. Sarebbe bello che si prendessero ancora più rischi, partendo da quel materiale e uscendo dalle dinamiche e dagli sviluppi da esso “codificati”. Allora e solo allora diventeranno solo cose strane ma belle.

Poi chiaro: facciamo tutti la ola per Undici, Dustin che fa grrr e l’incredibile abilità di Sean Astin di salvare sempre la situazione. Goonies una volta, Goonies per sempre.

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