MONSTER COMICS – Mary Shelley Cacciatrice di Mostri

Abbiamo potuto leggere in anteprima il nuovo prodotto edito in Italia da SaldaPress, ecco cosa ne pensiamo.

di Manuel Bestetti

Nei fumetti, si sa, è possibile vedere grandi crossover molto più facilmente di quanto si possa fare in altri media. È così ad esempio che nacque il brand Alien vs Predator, quando la Dark Horse Comics, detentrice dei diritti dei due franchise, decise nel 1990 di unirli per far scontrare i due più letali alieni in circolazione. Nei comics si sono anche incontrati i più classici mostri della storia della letteratura: Dracula contro l’Uomo Lupo, Frankenstein contro il dottor Jekyll, Sherlock Holmes contro i vampiri… la lista è lunga e probabilmente non basterebbe un articolo per raggruppare i più importanti. Più raro, invece, il concetto dello scontro tra mostri inserito in un contesto più “realistico”, prendendo in esame figure esistite per davvero e inserendole in un fantastico viaggio che avrebbe permesso loro di entrare nella Storia.

Mary Shelley cacciatrice di mostri logo

In questo modo si presenta Mary Shelley – Cacciatrice di Mostri. Il prodotto di Adam Glass e Olivia Cuartero-Briggs è un elogio al grand guignol unito a una narrazione simile a quella dei classici film Hammer dedicati al dottor Victor Frankenstein. Gli autori presentano la protagonista e il suo gruppo proprio come questi erano visti dalla gente del tempo: essi vengono chiamati “lega dell’incesto e dell’ateismo“, un nome da articolo di giornale che forse poteva essere esagerato (si sa quanto, all’epoca, si cercasse di enfatizzare quelle che venivano viste come stranezze pur di avere consensi) ma che viene preso in considerazione per creare parte della psicologia dei personaggi presenti. Mary è una femminista, molto di più di quanto non fossero le femministe nel suo periodo: è una donna che prende decisioni, che non si lascia guidare dal proprio uomo e che, da buona figlia di Mary Wollstonecraft, porta avanti una battaglia di ideali dalla prima all’ultima pagina. Più che una cacciatrice di mostri sembra essere una combattente per i diritti.

Mary Shelley scrittrice quadro
Un ritratto di Mary Shelley.

È forse questo che lascia più l’amaro in bocca: l’aspettativa in parte disattesa data dal titolo. Capiamoci, la storia è ben lungi dall’essere pessima, ma lascia forse intendere che tutto ciò che stiamo leggendo non sia che una fiacca introduzione a qualcosa di più grande. Qualcosa che, arrivati alla fine, vorremmo sapere piuttosto che sfiorare con l’immaginazione. I temi scelti vengono trattati in modo egregio (“Questa faccenda del dottore donna è davvero di pessimo gusto“) ma sembrano essere più ingombranti della narrazione stessa. Mary si ritrova invischiata in un esperimento di Victoria Frankenstein, donna che ispirerà il Victor che Mary deciderà di raccontare nel suo libro. Gli altri personaggi risultano secondari, poco influenti e utili solo per creare attrito nella storia.

Mary Shelley fumetto

Lo stile di disegno è molto abbozzato e utilizza in gran quantità colori che forse cozzano con l’atmosfera ricercata. Buone alcune splash page (in particolare l’ultima presente nel volume è molto ben pensata), ma il tutto non riesce a risollevare la poca enfasi data a ciò che le tavole ritraggono. Una piccola critica si può inoltre muovere alla costruzione dei comprimari: a parte la stessa Mary Shelley e la Creatura chiamata Adam (dei quali parla il disegnatore Hayden Sherman in un’intervista a fine volume), gli altri sono pressoché intercambiabili, come se non si volesse spezzare il monopolio dei due (tre?) protagonisti neanche per un attimo.

Adam Mary Shelley cacciatrice di mostri

Mary Shelley – Cacciatrice di Mostri è, quindi, una buona introduzione a una storia più ampia che, per lo sconforto di tutti, rimarrà incompiuta. Qualche citazione nel finale e le parole di chi ha ritrovato gli scritti di Shelley sono le uniche cose che rimangono impresse alla fine della lettura. Se mai gli autori decideranno di portare avanti questa vicenda, sarà sicuramente interessante osservarne le scelte narrative, ma se questa è l’opera finita, non si può che rimanere un po’ amareggiati per un prodotto discreto che poteva senza dubbi osare di più.

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