THE LAST DUEL – Le crociate di Matt Damon

Ridley Scott mette in scena una cura medievale per l’adulterio.

di Alessandro Sivieri

the last duel driver e damon

“Siamo ancora amici, vero?”

“Dipende da quanta forza ci metti.”

C’era un tempo in cui il giudizio non veniva emesso nei tribunali, ma sul terreno di un’arena, tra sangue e polvere. Essere onesti non era così importante e non garantiva di portare a casa la pelle. La ragione, consacrata all’alibi della volontà divina, apparteneva al vincitore, che in quei sanguinosi istanti si ergeva a giudice e boia mentre la giuria assisteva ammaliata. Una faida tra uomini d’arme poteva trasformarsi in un duello fatale ed è proprio qui che Ridley Scott, autore di Alien e Blade Runner, costruisce un racconto suddiviso in più chiavi di lettura e orientato verso un inevitabile, cruento finale. L’idea di base sembra riportare il regista alla sua pellicola d’esordio, I duellanti, dove due giovani Keith Carradine e Harvey Keitel davano il via a una contesa fortemente personale durante le guerre napoleoniche.

duellanti film ridley scott

L’esordio di Scott omaggiava l’estetica e le atmosfere del Barry Lyndon di Kubrick, in primis nella composizione delle immagini. Il fulcro era l’infinita serie di duelli tra i protagonisti, nata da una scaramuccia tra ufficiali e destinata a sfociare in una sorta di co-dipendenza. Il desiderio di una rivincita consumerà buona parte della loro vita, fino alla resa incondizionata di una delle due parti. Le premesse di questo The Last Duel sono analoghe, ma la rivalità mortifera tra gentiluomini, supportata dalla tensione fino al fatidico giorno, diventa un pretesto per donarci uno scorcio di vita medievale, con un occhio di riguardo per la condizione femminile.

the last due jodie comer

Siamo nella Francia del XIV secolo e gli amici Jean de Carrouges (Matt Damon) e Jacques Le Gris (Adam Driver) sono due scudieri in cerca di gloria e apprezzamenti di terra. Dopo una campagna militare, le loro strade si divideranno: Le Gris diventa il braccio destro del conte donnaiolo Pierre d’Alençon (Ben Affleck) mentre de Carrouges acquisisce un feudo e insegue il sogno del cavalierato. Essendo vedovo, il condottiero prende in sposa una seconda moglie, la bella Marguerite de Thibouville (Jodie Comer), che porta in dote un nutrito numero di possedimenti. La coppia, apparentemente felice, non riesce a concepire un figlio. De Carrouges si ritrova in difficoltà economiche sempre maggiori, oltre a venire escluso dalla vita di corte. In tutto questo, Le Gris prospera sotto l’ala protettrice del conte Pierre, arrivando a soffiare un ricco terreno proprio a de Carrouges.

carrouge last duel personaggio

I due, un tempo affiatati, diventano nemici a livello personale e politico, fino a quando Marguerite accusa Le Gris di averla violentata mentre de Carrouges era impegnato a combattere come mercenario. L’avvenente scudiero nega tutto, ma de Carrouges, determinato a difendere l’onore della sua casata, sfida l’ex-amico al cosiddetto “Duello di Dio“, una battaglia sanguinosa di fronte al popolo e al re di Francia. Storicamente il duello Carrouges-Le Gris fu l’ultimo autorizzato dal parlamento di Parigi nel 1386, prima che la pratica cadesse in disuso. L’incipit si apre proprio con la preparazione dei contendenti, un montaggio alternato che mostra Driver e Damon intenti a indossare le pesanti armature, in contrasto con la vestizione di una eterea e nervosa Marguerite. Al primo cozzare delle lance il climax si interrompe e l’esito della schermaglia viene lasciato all’epilogo, in modo da mostrarcene le cause e la natura controversa.

the last duel giostra medievale

Il regista si avvale della tecnica di Rashomon, ovvero mettere in scena più versioni della verità. L’approccio è riscontrabile in altre pellicole orientali di cappa e spada, come Hero di Zhang Yimou, e ci consente di vivere la storia in base a punti di vista differenti, cogliendo sfumature che ci fanno rivalutare le azioni dei personaggi. Un cavaliere senza macchia può non essere uno stinco di santo, una figura secondaria può rivelarsi determinante. La rilettura personalizzata degli eventi sottolinea l’ambiguità dei protagonisti e stratifica l’opinione del pubblico, che dopo ogni sequenza sposta di qualche grado la propria bussola morale.

de carrouges marguerite litigio

La prima versione dell’accaduto è quella di de Carrouges, un Matt Damon che regge tranquillamente il film a colpi di sfuriate e lamentazioni. Il suo protagonista è coraggioso, avventato, un arrampicatore sociale che discende da una nobile stirpe e che vuole disperatamente provare il suo valore. Le imprese belliche non bastano a garantirgli il rispetto dovuto né a risanare la sua situazione finanziaria, mentre l’amico Le Gris entra nelle grazie della Corona con facilità.  Alla morte del padre, de Carrouges si ritrova allo sbando e incapace di generare un erede. Sotto l’armatura si nasconde un uomo di scarso acume, poco avvezzo alle dinamiche dell’aristocrazia e indegno di una nobildonna come Marguerite, che pure è l’unica ad ascoltare con pazienza le sue rimostranze. La notizia dello stupro è l’ultimo colpo alla sua dignità, ciò che lo porta a giocarsi tutto in una sfida al beffardo Le Gris. Frustrato, preda della sfortuna, de Carrouges si vede comunque come un eroe.

jean de carrouges primo piano

Il secondo punto di vista è quello di Le Gris, un Adam Driver raffinato e imprevedibile, che complice il mantello lascia emergere qualche movenza alla Kylo Ren. La sensazione si accentua durante lo scontro tanto atteso, dove nelle coreografie si palesa un aspirante Sith che ha lasciato la spada laser nel baule per utilizzarne una in ferro battuto. Le Gris non ha il sangue blu di de Carrouges, ma ha studiato come chierico e sfoggia diverse qualità: la cultura, il talento negli affari e l’arte del corteggiamento.

jacques le gris armatura

Lo scudiero viene presto notato dal conte Pierre, un Ben Affleck sopra le righe che trascina il ragazzo in una spirale di sbronze e baccanali. Inquadrabile come spalla comica, Affleck è un libertino che starebbe meglio in un salotto de Le relazioni pericolose, a reggere il candelabro a John Malkovich. Pierre è uno di quei personaggi che si amano o si odiano, uno che invita Adam Driver a calarsi le brache per affrontare i dilemmi esistenziali. Eppure quando umilia de Carrouges davanti agli amici della bocciofila ci viene colpevolmente da sorridere.

ben affleck conte pierre con fantozzi

“Togliti le mutande! Togliti le mutande!!”

Tra una festicciola e l’altra, Le Gris acquisisce privilegi e notorietà, suscitando l’invidia di de Carrouges. È nella parte centrale che il personaggio di Matt Damon inizia a incrinarsi, mostrando un’inclinazione al pressapochismo (conduce spedizioni militari disastrose) e un pessimo uso della parola, un’arma che in determinati contesti – ce lo ripetono a menadito i proverbi – è più pericolosa di uno spadone a due mani. Le Gris ha un altro tipo di debolezza: è un narcisista e, come tale, vuole saziare la sua indole romantica senza compromessi.

adam driver primo piano the last duel

Questi fattori portano i destini dei due ex-amici a incrociarsi di nuovo. L’avvenente scudiero si innamora di Marguerite, con la quale condivide la passione per i libri, mentre il marito Jean è analfabeta (come rimarca, sprezzante, lo stesso Le Gris). La donna rimane affascinata dal carisma del corteggiatore, ma il buon senso e il decoro le impediscono di compiere il passo decisivo. O forse ha ravvisato un campanello d’allarme, quel marcio che presto emergerà dall’animo del misterioso chierico.

marguerite abito ricco the last duel

Assistiamo così allo stupro per la prima volta, un atto animalesco, consumato tra le grida disperate di Marguerite. Non si capisce se Le Gris abbia perso la ragione per amore o se ambisca, con fredda lucidità, a un trofeo più prezioso delle solite cortigiane. Nel suo delirio è convinto che la donna abbia provato piacere e la invita a non parlare con nessuno dell’accaduto. Marguerite, coraggiosamente, non tace e la questione diventa di dominio pubblico. Valutata ogni possibile scappatoia legale, a Le Gris non resta che accettare la sfida a singolar tenzone di de Carrouges, negando a oltranza la propria colpevolezza. Forse la sua idea di consenso è tribale, forse la sua faccia tosta non ha limiti. In ogni caso il verdetto passerà per il filo di una lama. I cavalli nitriscono, la folla si spazientisce, ma altri ricordi ci attendono al varco: quelli della vittima.

adam driver le gris duello

Il segmento dedicato a Marguerite de Thibouville è tormentato e si ammanta di una lettura sociologica che coinvolge i comprimari finora mostrati, dalle dame di compagnia al marito Jean. Quest’ultimo perde in via definitiva quell’aura da condottiero e marito devoto attribuitagli dalla prima ellissi temporale. De Carrouges è infantile, irascibile, incurante dei bisogni della moglie, vista unicamente come un mezzo per garantirsi un erede. Marguerite vive reclusa nelle mura di una fortezza, in balia di una suocera austera e di un gruppetto di amiche che accettano senza fiatare la loro posizione subordinata.

jodie comer protagonista the last duel

La donna non si perde d’animo e gestisce gli aspetti economici del feudo in modo assennato, mentre Jean è impegnato a fracassare teste per primeggiare tra i vassalli. Uno spiraglio di passione arriva con Le Gris, l’assaggio di una relazione clandestina che poco dopo si trasforma in un incubo. La versione 2.0 dello stupro è ravvicinata, focalizzata sul volto di Jodie Comer e sul suo senso di impotenza. La decisione di raccontare il crimine a tutto il reame arriva dopo una presa di coscienza, l’intenzione di non subire mai più umiliazioni. L’amor proprio va a braccetto con la necessità di creare un precedente, di motivare altre donne a esprimersi. Marguerite scoprirà suo malgrado che, in una struttura sociale arcaica, tale lotta comporta solitudine e ulteriori sofferenze.

adam driver le gris primo piano

“Ma dai, è un bravo ragazzo! Salutava sempre, veniva a prendere il pane, dava il resto giusto…”

Il marito, adirato con la consorte, si preoccupa del suo prestigio personale. Nelle audizioni pre-duello va in scena una consuetudine che persiste in alcuni processi odierni: la vittima deve giustificarsi più del carnefice. Marguerite subisce domande invasive sulla sua vita privata, su atteggiamenti disdicevoli e sul piacere che potrebbe aver provato durante la violenza. Non è molto diverso dal chiedere a una ragazzina del terzo millennio come fosse vestita o se abbia provocato l’assalitore. La radice del victim blaming – come ribadisce lo script senza mezzi termini – risiede nella concezione della donna come proprietà di un uomo o come un bene collettivo. L’eventuale danno cagionato non è contro di lei ma contro il buon nome di chi l’ha sposata in cambio di terre e denaro. L’incazzatissimo de Carrouges è la parte lesa, pronta a una constatazione per nulla amichevole.

last duel processo

Il brutale scontro ripaga l’attesa, supportato da un intervento più incisivo di Scott, che fino all’ultimo atto aveva mantenuto un piglio distaccato per lasciare il timone alle interazioni del cast. Ansiogene e spettacolari, le mazzate in testa rinfrescano il lungo minutaggio e incarnano la giustizia sommaria dell’epoca. Se la causa di Marguerite (punire lo stupratore) è giusta, le motivazioni dei contendenti e i metodi adottati spogliano l’esito di ogni prospettiva consolatoria. Non si tratta di difendere una persona ma di riscattare un oggetto sottratto con la forza. L’esecuzione teatrale del perdente è l’unico linguaggio che la folla, disinteressata al dramma umano di Marguerite, è in grado di comprendere e accettare.

the last duel matt damon a cavallo

Tornati a scrivere insieme per la prima volta dopo l’Oscar per Good Will Hunting, Ben Affleck e Matt Damon si spartiscono il soggetto (e verosimilmente i tre blocchi narrativi) con Nicole Holofcener, veterana delle serie televisive. La sceneggiatura è solida e, grazie alle azioni dei personaggi, riesce a trasmettere un messaggio importante senza trasformarlo in una predica fuori contesto. Le performance attoriali si fanno apprezzare per le piccole differenze nelle varie versioni della storia, pensate per non sconfessarsi a vicenda.

affleck e damon sceneggiatori

La nostra idea di un individuo cambia grazie a sequenze appena accennate o del tutto omesse in precedenza (come ha sempre fatto Tarantino da Le Iene a The Hateful Eight) o a un gesto che, visto da un’altra angolazione, comunica sensazioni alterate. È come raccontare il medesimo aneddoto a una decina di persone e dirgli di fare altrettanto: ognuno aggiungerà un elemento o cambierà dei particolari mantenendone intatto lo scheletro. Una lezione esemplare su quanto la fisicità degli interpreti possa, tramite calibrazioni anche lievi, influenzare la percezione del pubblico.

last duel coppia protagonisti

Eppure una trave scricchiola nelle fondamenta del castello: il montaggio non è sempre in grado di scandire il trittico di memorie, specie nell’incipit. Alcuni salti temporali presentano qualche riga di testo, altri sembrano buttati nel calderone a prescindere dalla loro importanza. In una sequenza i protagonisti festeggiano in un salone, in quella successiva si rivedono dopo diverso tempo ma nel flusso delle immagini sembrano trascorsi pochi minuti. La timeline accosta in modo superficiale dei passaggi dove i rapporti tra i personaggi e la loro collocazione spaziale hanno subito mutamenti drastici. Fortunatamente il problema svanisce dopo il primo quarto d’ora.

castello location the last duel

Il trio centrale di attori si spartisce i pregi: la prova più convincente è quella di Damon, capace di restituirci ogni volta un de Carrouges inedito grazie a cambi di registro che vanno dalla furia omicida al patetismo. La barba posticcia e i balletti di corte non ne scalfiscono la credibilità. Egualmente valida Jodie Comer, alle prese con una figura sfaccettata e investita del ruolo più simbolico. Adam Driver ha il personaggio più intrigante e del quale avremmo voluto conoscere qualcosa in più. Il suo Le Gris ha troppa fretta di farci metabolizzare la sua infamia e ci sembra parzialmente sacrificato.

the last duel poster personaggi

La fotografia si mantiene su toni desaturati, tendenti ai colori fretti, caratteristica che troviamo nel prologo de Il Gladiatore, ne Le crociate o anche nel vituperato Robin Hood, forse l’opera più vicina – per ovvie ragioni – a The Last Duel sul fronte costumistico e panoramico. Quando ci si allontana dai protagonisti per abbracciare le scenografie in ampiezza, emerge qualche criticità. Palazzi storici circondati da paesaggi in compositing non si amalgamano del tutto e gli interni paiono ripuliti alla bell’e meglio da panchine ed estintori per riempirli di comparse intente a fare cose. Non siamo certo in un parco a tema o nella rievocazione storica di Monzambano, ma l’occhio critico noterà una cura degli sfondi un po’ grezza per una produzione di questo livello. Nelle battaglie campali le inquadrature si fanno strette e concitate, in parte per celare una mancanza di comparse imputabile a problemi logistici o alla scelta di destinare il budget a reparti più essenziali.

guerra de carrouges matt damon

“Will Hunting – Crociato imbelle”

Difetti che non pregiudicano la visione di un film tarato sull’incontro-scontro tra amici, tra cavalieri, tra i sessi, o meglio ancora tra una comunità profondamente gerarchica e un’icona femminile in cerca di emancipazione. Aggirando con maestria il rischio della retorica, l’ultima fatica di Scott è molto più di un #MeToo in farsetto medievale. Serve a farci appassionare, a mostrarci come la corporeità dell’attore sia eloquente quanto una linea di dialogo. Infine, a insegnarci che in un sistema malato la verità non vince mai.

the last duel dietro le quinte scott

Non perdetevi la nostra videorecensione del film, a cura del collega Matteo Berta:

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