BLACK SWAN – IL LATO OSCURO DEL BALLETTO

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BLACK SWAN – IL LATO OSCURO DEL BALLETTO

di Alessandro Sivieri

Non fatevi ingannare dal titolo, non starò qui con piglio documentaristico a narrarvi delle terribili prove, sia fisiche che psicologiche, alle quale devono sottostare le ballerine classiche. Come in The Wrestler, sempre di Aronofsky, le dure convenzioni dello sport e dello spettacolo sono solo una metafora del percorso di autodistruzione del protagonista. Se lì avevano Mickey Rourke nel ruolo della vita, quello del wrestler decaduto e senza possibilità di rifarsi una vita, qui abbiamo Natalie Portman, più affascinante che mai, nei panni di Nina, un’aspirante prima ballerina che cerca di farsi strada in un mondo ultra-competitivo. Timida, ingenua e costretta a farsi mantenere da una madre opprimente (un personaggio-cliché, tipo la madre bigotta di Carrie) che le riserva un rapporto di amore-odio, caricandola di aspettative, Nina sembra trovare l’occasione giusta quando, in vista di una nuova rappresentazione de Il lago dei cigni, il direttore artistico Leroy (Vincent Cassel che, come altre volte, fa il porco e gli riesce a meraviglia) è in cerca di una ballerina in grado di rappresentare sia il cigno bianco che quello nero. Nonostante le insicurezze della giovane, impeccabile nell’interpretare il cigno bianco ma reticente a lasciarsi andare per impersonare quello nero, Leroy viene sedotto dalla sua innocenza e le assegna il ruolo.

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È la prima, forse l’unica occasione per Nina di realizzare il suo sogno, ma le difficoltà sono mille: la madre, ex-ballerina che ha dovuto interrompere la carriera per colpa della gravidanza, le mette pressione e le impedisce di avere una vita sociale; Leroy cerca di spronarla e sedurla allo stesso tempo; la sua rivale Lily (Mila Kunis), ben più mondana e spigliata, potrebbe soffiarle la parte.

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La giovane, già psicologicamente fragile, inizia a sprofondare in una spirale di schizofrenia e autolesionismo, con delle fasi allucinatorie messe in scena con efficacia da Aronofsky. Certo, non è al 100% originale il tema del doppio, del lato oscuro che preme per prendere il controllo, come se potesse incarnarsi con volontà propria, ma l’inquietudine vi prenderà per mano, e presto non riuscirete più a distinguere il reale dall’immaginario. In questa lenta trasformazione le metafore si sprecano: il cigno bianco rappresenta l’innocenza, la dimensione infantile dalla quale dobbiamo uscire per scontrarci con il cigno nero, ovvero la dura realtà, la violenza, la pulsione erotica sfrenata: ne abbiamo un assaggio quando Nina, dopo aver bevuto troppo, immagina di avere un rapporto omosessuale con Lily, sfogando la voglia di sperimentare e gli istinti repressi dalla madre. In questo caso mi infischio altamente delle critiche e del moralismo di alcuni: se da una parte non vedo la scena come una forzatura narrativa o una provocazione gratuita, dall’altra getto la neutralità alle ortiche vi dico che due bellezze come la Portman e la Kunis che si slinguazzano allegramente valgono da sole la visione.

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Abbiamo poi le ferite auto-inflitte, le scene di sdoppiamento con l’ausilio degli specchi e la metamorfosi finale durante l’esibizione, una chicca visiva dove Nina assume a tutti gli effetti le sembianze del demoniaco cigno nero, spingendosi oltre i propri limiti ma pagando un prezzo altissimo: una catarsi spirituale/artistica che presumibilmente le costerà la vita. Perché forse il talento può essere innocente, ma questa società egoista e competitiva non lo è di certo. E nemmeno i genitori che attribuiscono ai figli ogni colpa e ogni aspirazione. Si spera che Aronofsky, memore di questa perla non troppo lontana, abbandoni le seghe mentali bibliche per ritornare a dimensioni più intime e visionarie, anche a costo di produrre capolavori incompresi (qualcuno ha detto The Fountain?).

Il Cigno Nero Blu Ray

 

 

 

 

 

 

 

 

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