AREA 51 – Alieni digitali in miniera

Oren Peli presenta la sua molto normal activity.

di Alessandro Sivieri

Dopo il lancio di Paranormal Activity, con una spintarella di Steven Spielberg, il cineasta in erba Oren Peli si è gettato nella produzione di film horror insieme a gente come Jason Blum e James Wan, mettendo in stand by la dimensione registica. Non a caso il suo secondo lavoro, Area 51, è rimasto per anni in un limbo, accompagnato da riscritture e riprese aggiuntive. Nel 2015 è stato rilasciato direttamente per il circuito direct-to-video, perciò ci troviamo con un po’ di ritardo a commentare il ritorno di quello che per alcuni è solo un gran furbacchione. Codesta gitarella nella base segreta del Nevada è di un vuoto stilistico e narrativo disarmante, infarcita di momenti che non riescono né a stupire né a incutere timore.

Area 51 poster del film anteprima

Evidentemente aver fatto jackpot con un genere non significa padroneggiarlo e reinventarlo senza inciampi. Vero, il primo Paranormal Activity ha ridato lustro al found footage, dimostrando che con pochissimi mezzi e qualche buona trovata si può realizzare una pellicola ricca di fascino e riuscire pure a portarla sul mercato internazionale. A livello di esposizione mediatica, l’esordio di Peli sale sul podio già occupato da Rec e The Blair Witch Project, anche se non sono mancate le accuse di paraculaggine da parte di chi ha sbadigliato per tutto il tempo.

Scena del film Area 51

Al netto dei limiti strutturali (dialoghi, storytelling, effettistica), rimane una pellicola capace di farsi guardare e di ispirare un approccio ai deludenti seguiti. Il sound design è il principale veicolo orrorifico nelle sequenze notturne e tampona la scarsità di riferimenti visivi. Prima di Area 51 ci si aspettava molto da Peli ed era opinione diffusa che, pur non riuscendo a ripetersi, non sarebbe mai sceso al livello di roba come ESP. Quanto ci sbagliavamo!

La storia va per tappe obbligatorie: incipit ignorante con giovani americani che si sbronzano alle feste e documentano le loro bravate. Uno di loro, Reid (Reid Warner), scompare nella foresta e viene ritrovato qualche momento dopo in stato confusionale. Il presunto rapimento a opera di entità sconosciute lo fa diventare un complottista incallito, di quelli che Adam Kadmon spostati. Reid convince i suoi due amici a infiltrarsi nel cuore dell’Area 51, il celebre complesso militare nel deserto del Nevada. Raccolgono mappe, planimetrie, equipaggiamenti e contatti utili, pronti a partire senza alcuna cognizione di causa; il tutto dopo soli 3 mesi dalla sbronza di Reid, che potrebbe semplicemente aver trascorso la notte a vomitare tra gli alberi.

Area 51 interno base ragazza

Arrivati sul posto, architettano una effrazione nella casa di un impiegato di alto livello della base per rubargli il badge, lanciando del cibo al cane da guardia (in seguito, durante la fuga, il loppide goloso si è dato alla macchia). Due minuti per unirsi alla giovane Jelena (Jelena Nik) e indossare delle tute termoisolanti prese su Internet, e i nostri prodi avventurieri sgambettano nella zona protetta. Riescono a giungere nell’Area 51 praticamente indisturbati, dato che i cecchini sono in ferie e le poche guardie sono scazzate per il guasto alla macchinetta del caffè. Più Reid e soci esplorano le viscere del complesso, più tifiamo per la loro cattura.

Area 51 deserto Nevada cartello

Non serve essere ufologi o cospirazionisti per sbavare di fronte all’Area 51. La base (poco) segreta statunitense è radicata nella cultura popolare e ha ispirato innumerevoli opere di finzione, quindi è forte il desiderio di una gita turistica simulata. Purtroppo l’esplorazione si risolve nel classico deposito di bozzoli alieni e dischi volanti parcheggiati, con laboratori pieni di rocce che levitano e liquidi senzienti, alla stregua de La Cosa. Ci accorgiamo di preferire decisamente le autopsie gelatinose di Independence Day.

Area 51 Reid scena base

Quando i ragazzi vengono scoperti, scattano le fughe scriteriate in direzioni diverse. Gli alieni, realizzati con una pietosa CGI, iniziano ad aggredire i militari. A una discesa in una specie di miniera, piena di frattaglie e bambole di dubbio gusto, segue il decollo finale delle navicelle spaziali mentre la struttura viene evacuata. Negli attimi di caos i protagonisti vengono rapiti o uccisi ma, a essere sinceri, la storia è rimasta a casa col doposbronza. Quali erano i rapporti tra alieni e militari? Perché ha avuto inizio un’evasione di massa? Cos’era successo veramente a Reid? Era pieno fino a scoppiare di sonde anali?

Area 51 finale navicella

L’elemento portante della storyline, cioè l’amnesia del protagonista, perde il suo mordente insieme al layout dell’Area 51. Il fascino della location rimane sulla carta e la sospensione dell’incredulità viene portata oltre ogni limite accettabile, sommando la frustrazione alla noia. In verità una domanda sensata c’è: non sapremo mai perché gli americani si siano scomodati a imprigionare degli extraterrestri quando non sono in grado di scovare tre sbarbatelli.

Oren Peli regista fotografia

La poker face del regista.

Tornando a scrivere e dirigere in prima persona, il nostro eroe israeliano è riuscito a farsi battere su tutta la linea da filmetti che lui stesso ha prodotto, come Chernobyl Diaries. Perciò, se cercate un horror on the road con ambientazione figa, buttatevi su quest’ultimo. Se invece volete una discesa sotterranea con mostri incarogniti, correte a guardare The Pyramid. In ogni caso state alla larga dai Peli superflui.

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