RAMPAGE – VANDALISMO ANIMALE

“Allontanati da quell’animale! The Rock, stai fermo, dicevo al gorilla!”

di Alessandro Sivieri

Negli anni ’80, epoca gloriosa dei cabinati, la Midway Games rilasciò Rampage, un titolo che consisteva nell’impersonare mostri giganti e distruggere i palazzi di diverse metropoli, facendo strage di mezzi militari e divorando innocenti per ripristinare la barra della salute.

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Oggi arriva l’omonimo live action, con protagonista il muscolare Dwayne Johnson, forse l’unico in grado di risultare credibile in un tale contesto grazie alla sua stazza. Da esperto primatologo con un ovvio passato nelle forze speciali, The Rock si trasforma ben presto nel quarto contendente di una faida tra creature gigantesche, e una delle scene più epiche lo vede usare un lanciagranate contro un coccodrillo gigante, come se avesse in mano un mitragliatore. Un momento che sintetizza la natura di un filone monster, quello ignorante e spettacolare. Solitamente assistiamo senza pregiudizi a tali operazioni, perché i bestioni che distruggono le città ci piacciono, a patto che il film sia onesto con se stesso.

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È questo il caso di Pacific Rim: Uprising, mentre Rampage è riuscito a spaccare in due la redazione con le sue lungaggini. La pellicola presenta un atto centrale ripetitivo e colmo di punti morti, come se cercasse di approfondire alcune backstory senza disporre di una scrittura sufficientemente coesa. Ma facciamo un passo indietro e andiamo alle origini della catastrofe.

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Un incipt tutto sommato riuscito, e che ricorda molto Life, vede una scienziata stalkerata da un ratto gigante in una stazione spaziale. La sua navicella si schianta sulla Terra nel tentativo di portare in salvo un agente patogeno in grado di alterare radicalmente il metabolismo di un individuo, accelerandone la crescita e aumentando l’aggressività. I rottami contaminati precipiteranno nel parco naturale dove opera Davis Okoye, esperto di primati. Oltre a un lupo e a un coccodrillo, la tossina andrà a contaminare George, un gorilla albino a cui Davis è molto affezionato, avendolo salvato dai bracconieri quando era un cucciolo. Da qui inizia un’escalation di esplosioni, mentre le tre creature si dirigono a Chicago, attirati con gli ultrasuoni dalla spietata multinazionale che ha creato la formula.

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Okoye dovrà collaborare con la dottoressa Caldwell (Naomie Harris), ex-dipendente dell’azienda, e con il sardonico agente Russell (Jeffrey Dean Morgan), inviato da un’agenzia governativa per gestire la situazione. L’inseguimento degli animali prima che raggiungano il centro abitato si prende qualche decina di minuti di troppo, tra un aereo che precipita come ne La mummia e The Rock che sottrae automezzi ai militari, troppo impegnati a borbottare ordini inefficaci da un centro di comando. Ma la tanto attesa distruzione?

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Le sequenze d’impatto non mancano, tra cui uno scontro nella foresta tra il lupo gigante (Ralph) e alcuni mercenari, capitanati da un Joe Manganiello che sembra ancora in prova per Deathstroke. Oltre a un po’ di splatter, veniamo ricompensati con della sana tensione, a differenza di quando Okoye tiene a bada dei gorilla furiosi come Chris Pratt in Jurassic World. Se infatti The Rock, nei primi minuti, risulta accettabile come primatologo, ben presto ritorna negli usuali panni del manzo indistruttibile: ha un passato nell’esercito, ha cacciato bracconieri e ha sviluppato un’apparente misantropia, preferendo l’istintività delle bestie alla crudeltà umana. I tentativi di tirarlo fuori dalla sua bidimensionalità, tra cui un flashback di George da cucciolo, risultano superflui, così come la storia personale della dottoressa Caldwell, che creò la formula per salvare il fratello malato. Non sono da meno i dialoghi tra i due leader della multinazionale: la milfona Malin Åkerman e il giovane Jake Lacy sono due caricature a cui è concesso troppo spazio, e il loro decesso fa tirare un sospiro di sollievo, specie se pensiamo alla demenzialità del loro piano, anche per gli standard del genere. Trascorse le derive inutili (il tentativo di imbottire un panino troppo sottile) inizia ciò che tutti aspettavamo, ovvero l’attacco a Chicago. I mostri non deludono e seminano devastazione gratuita fino a saziare il mostrofilo più indemoniato, coadiuvati da una regia che finalmente mostra i muscoli.

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Il prestanome Brad Peyton (che ha esordito con titoli come Cani & gatti 2 e San Andreas) sfrutta al meglio i suoi pesi massimi con un’azione fluida e riprese dall’alto, come se fossimo in un gioco strategico o in un notiziario. È solo in un pandemonio di tale portata che il rapporto tra Okoye e George esprime il suo potenziale, e la realisticità del gorilla (specialmente nel comparto espressivo) ci fa perdonare qualche melensaggine e i siparietti dal sapore slapstick. Alla fine della visione usciamo saziati da una portata che si è fatta troppo attendere. Era meglio aggiungere un po’ di pepe e tagliare mezz’ora.

The Art and Making of Rampage (Inglese) Copertina rigida 30,98€

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