A Quiet Place –  Un monster movie sul silenzio

Un’idea sfruttata in modo intelligente, che regala un horror semplice quanto geniale.

di Carlo Neviani

Proiezione delle 22:35. Prima di entrare in sala ho pochissime informazioni su A Quiet Place – Un posto tranquillo: è un horror e ho sentito dire che è bello, una combinazione non proprio comune negli ultimi tempi. Non ho praticamente cenato, quindi decido di prendere un popcorn medio. Sono convinto che i popcorn siano ottimi anche per smorzare la tensione in un film dell’orrore. A pochi minuti dall’inizio del film sono costretto a ricredermi. Mi sarebbe bastato leggere uno dei simpatici articoli pubblicati da Vice e The Guardian per sapere che la pellicola di John Krasinski è un ottimo antidoto agli sgranocchiatori compulsivi.

scala decibel rumori

 

“Stay silent, stay alive”, chi fa casino muore. È questo il contesto in cui ha luogo la storia. Semplice ma efficace, e la forza del film sta tutta lì, nel silenzio. Pochi dialoghi bisbigliati, che lasciano spazio agli sguardi e alle azioni dei protagonisti, e una colonna sonora poco presente, compensata da un sound design magistrale, creano un silenzio che definiamo assordante: una tensione costante per 95 minuti di film giocata sul contrasto rumore-quiete. Il silenzio in scena si traduce in assenza di “spiegoni” sul perché nel 2020 la Terra sia stata invasa da mostri, ciechi ma dall’udito ipersensibile. Le pochissime informazioni che sappiamo vengono da titoli di giornali inquadrati nel prologo. “It’s sound!”, è il suono che attira i mostri, è il suono che porta la paura e l’incombenza di una morte atroce. Questa premessa, se ci pensiamo, non è affatto nuova per il genere.

quiet place film john krasinski

Negli horror e nei film di mostri il suono è spesso sinonimo di paura. E non semplicemente quando un personaggio deve nascondersi da qualcosa o qualcuno. Sarebbe così efficace Lo squalo senza le note di Williams? Profondo rosso senza il carillon? The Ring con un telefono senza suoneria? Lascio alla vostra fantasia proseguire la lista… la novità e il merito di John Krasinski, qui in doppia veste di regista e protagonista, è quella di sfruttare il cliché di un genere in un modo assai intelligente. Lo fa funzionare al meglio, costruendo una motivazione e un contesto credibile (se non ci pensiamo troppo) in un survival movie capace di rendere pregevole anche i solitamente noiosi jumpscare.

john krasinski a quiet place parte 1
Il film è iniziato da poco, e ho già la sensazione di essere di fronte a un horror geniale, più o meno come mi era successo con La notte del giudizio e Scappa – Get Out. Tra lo stupore per il silenzio teso in sala e il tentativo di masticare un popcorn nel modo meno rumoroso possibile, mi assale un pensiero: un’idea solida non basta a rendere un film godibile per un’ora e mezza. Come affermano in tutte le scuole di cinema del mondo “we need more drama”. A Quiet Place mi risponde così: senza spiegare, ma mostrando i fatti in medias res, mi immedesima in una famiglia in cui una figlia è sordomuta (come fa a difendersi se non si accorge di fare rumore?) e la madre è incinta al nono mese (come farà a partorire in silenzio? Il bambino come potrà non piangere?). Il film prosegue, i problemi aumentano e l’idea del silenzio diventa sempre di più una metafora. Il silenzio è incomunicabilità del rapporto famigliare, è l’essere genitori in un mondo malato, è l’elaborazione del lutto del figlio. Non a caso Krasinski ha scelto Emily Blunt, sua consorte nella vita reale, per interpretare la moglie nel suo film che “parla” di famiglia.

emily blunt incinta a quiet place

Ma parliamo dei mostri. Come sono? Su Google immagini non è facile trovare una foto, perché nel film si vedono di rado, solo quando serve. La scelta di seguire l’ovvia regola “don’t show the monster” è di certo funzionale al crescendo di tensione, costruito tra suoni strani e movimenti rapidi nei campi di grano in pieno stile Signs di Shyalaman. Dietro al team di effetti speciali per la creazione dei mostri, che in definitiva ricordano un po’ troppo i Demogorgoni (strano), c’è Scott Farrar di Industrial Light & Magic, un veterano dei VFX che ha lavorato a troppi film belli, tra cui Jurassic Park, film a cui A Quiet Place deve molto (chi non ricorda la scena dei velociraptor in cucina?).

john krasinski a quiet place scena campo di grano
I popcorn sono finiti, è il momento del verdetto: è un capolavoro? No. È un gioiellino, ma da considerare nel suo status di horror B-movie. Un film che funziona al 99% ma su cui non porsi troppe domande in quanto a credibilità, o il bellissimo castello di carta costruito potrebbe anche cadere. Anche Non aprite quella porta però era un B-movie basato su un’idea semplice, metafora di un disagio umano e sociale (quello della guerra in Vietnam), e oggi se ne parla ancora. Chissà se A Quiet Place resisterà al tempo. Sicuramente è stato capace di dare una piccola lezione al cinema mainstream odierno: anche con pochissime parole e pochissimo rumore si può raccontare una storia per tutti, ricca di tensione ed emozioni.

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