Lo Shrek cinematografico nasce da un libro che prese ispirazione da un wrestler francese, il quale soffriva di una malattia simile al gigantismo.
di Matteo Berta
L’orco orripilante, protagonista del più classico intreccio di storie (salvare una principessa e trovare un posto nel mondo), è ormai impresso nella memoria degli spettatori con il nome di Shrek. In pochi sanno però che la sua figura non è nata grazie agli artisti della DreamWorks nel fortunato film del 2001: quello fu solamente una ottima reinterpretazione di una fiaba di William Steig del 1990. I film e il libro condividono, a grandi linee, la figura dell’orco e i suoi propositi iniziali. Ma le origini di Shrek non sono ancora terminate, perché lo scrittore costruì il suo protagonista basandosi sulla storia del wrestler francese Maurice Tillet.
«La sua mamma era bruttissima, e bruttissimo il papà: ma Shrek era il più brutto di tutti e due messi insieme».
Con questa frase Steig descrisse il personaggio dell’orco, e si può notare subito quel tipo di ironia che aveva caratterizzato i racconti di Roald Dahl, dal quale fu sicuramente contaminato. Questo concetto venne esasperato dagli sceneggiatori del film, che riuscirono a trasformare la semplice e già sentita trama in uno dei lavori più interessanti di destrutturazione e auto-omaggio alla classica struttura in tre atti del Cinema. Shrek è un’opera di finzione, ma lo sentiamo fortemente nostro, non solo perché porta sul groppone decadi di racconti di fiabe (che vengono riversate in un calderone in grado di restituirci una zuppa narrativa strepitosa), ma perché l’orcone verde si posiziona perfettamente nei nostri sentimenti di rivalsa, dettati a loro volta dalle sensazioni negative che coltiviamo. Spesso ci capita di sentirci inappropriati e inadatti di fronte a una società che stabilisce di partenza una narrazione che non sempre siamo disposti a seguire.

Il desiderio di solitudine e asocialità di Shrek dovrà cozzare con i vari personaggi che incontrerà. L’orco asociale costretto a interagire e collaborare con essi per il raggiungimento dei suoi obbiettivi. Allora vediamo che l’orco che vive nella palude è sempre più come noi, che ci isoliamo nella cameretta, con il desiderio di estraniarci da un mondo che sembra aspettarsi troppo da noi, ma nello stesso tempo non crede nelle nostre capacità. Shrek nel secondo film, per una bellissima svolta narrativa, diviene uomo e inizialmente si trova perfettamente in quei panni, riesce a godersi una situazione che non avrebbe mai potuto vivere nelle sue originarie sembianze. Ma lo scopo che lo porta a divenire uomo risulterà inutile per la sua vita, dal momento che la principessa, anch’essa orca, da lui non aveva mai desiderato dei tratti estetici migliori, ma era aggrappata all’animo che risiedeva sotto i numerosi strati della cipolla.
Shrek quindi fu uomo tanto quando lo era l’Angelo Francese, un rugbista-wrestler degli anni quaranta di nome Maurice Tillet. Né la DreamWorks né Steig dichiararono mai di essersi ispirati a Tillet per la creazione dell’orco, ma diverse fonti e un limpido confronto portano a pensare che quel gigante buono fosse tra le principali fondamenta per la creazione di questo personaggio immaginario.

(AP Photo)
Maurice nacque a San Pietroburgo nel 1903 e in giovane età si trasferì con la madre in Francia, dove si accorse di avere la acromegalia, una malattia che porta a un lavoro triplo dell’ormone della crescita e alla conseguente sproporzione di organi e arti. Dopo aver conseguito un percorso di studi di tutto rispetto, che lo portò a essere un ingegnere e a parlare una decina di lingue, incontrò il wrestler Carl Pojello, il quale lo convinse a intraprendere la sua stessa professione. Tillet divenne in poco tempo detentore del titolo dei pesi massimi e lo mantenne per diverso tempo. I giornali parlarono di lui con l’appellativo de “l’Angelo Francese“. Il povero Maurice, per un problema cardiovascolare derivante dalla sua malattia, morì a Chicago nel 1954.
Ricordiamo che nessuno degli artisti legati al mondo di Shrek ha mai confermato l’ispirazione a Tillet, ma credo che questa storia possa far riflettere sulla ricerca degli eroi nel cinema che amiamo e nella vita che viviamo.
In effetti, Shrek sembra una caricatura di quest’uomo…