I principali stili di duello con la lightsaber adottati da Jedi e Sith.
di Alessandro Sivieri
Questa è l’arma dei cavalieri Jedi. Non è goffa o erratica come un fulminatore… è elegante invece, per tempi più civilizzati.
La definizione di Obi-Wan Kenobi in Una nuova speranza è il nucleo della filosofia che sta dietro alla spada laser. La parte “solida” della lightsaber è costituita da una impugnatura in metallo, che contiene tutta la componentistica necessaria al funzionamento dell’arma, tra cui la batteria e un crystallo kyber (il cuore dall’arma stessa, un raro minerale che si trova in alcuni pianeti della Galassia). Una volta attivata, l’elsa emette un fascio di plasma lungo circa un metro, in grado di tagliare e perforare qualunque cosa. Solo una lega forte come il beskar (acciaio mandaloriano) è in grado di resistergli. Affascinante il fatto che un’arma bianca (accostabile al mito di Excalibur) sia diventata il simbolo di una saga di stampo fantascientifico, dove regnano blaster e tipologie di armamenti che rendono superfluo lo scontro ravvicinato. Almeno in teoria.

In mani esperte, una spada laser è pericolosissima ed è perfino in grado di respingere i colpi di armi a energia diretta. Se l’utilizzatore non è addestrato e non percepisce la Forza, rischia di infortunarsi fatalmente, anche se ci sono delle eccezioni: nella trilogia sequel della Disney, i protagonisti Rey (Daisy Ridley) e Finn (John Boyega) sono stati in grado di usarla senza farsi del male. Anche Luke Skywalker (Mark Hamill), ai tempi della trilogia originale, era in grado di confrontarsi in duello con Darth Vader senza aver completato l’addestramento di Yoda. È un fatto accertato che, nelle mani di un Jedi della Vecchia Repubblica o di un antico Signore dei Sith, la lightsaber abbia una potenza devastante.

Nonostante l’unico peso sia quello dell’impugnatura, la lama al plasma acquisisce un effetto giroscopico durante i movimenti e quando viene respinta da un’altra spada. Proprio per questo soltanto i Jedi e i Sith possono usarla con destrezza: gli anni di allenamento e i riflessi preternaturali garantiti dalla Forza sono un requisito essenziale e permettono al duellante di muoversi con una rapidità fulminea. Nel corso dei millenni sono nate decine di varianti di lightsaber, dai primi prototipi alla spada a doppia lama usata da Darth Maul (Ray Park). Alcuni maestri schermidori, come il Conte Dooku (Christopher Lee), personalizzavano elementi come l’elsa per adattarli al proprio stile di combattimento. Un altro esempio degno di nota è la spada di Kylo Ren (Adam Driver), dotata di due fessure laterali di sfogo per il cristallo kyber instabile.

Di norma le tecniche di lotta vengono raggruppate e codificate fino a ottenere un insieme omogeneo, e nel caso della spada laser non si fanno eccezioni: nel 2002, all’interno della rivista Star Wars Insider n.62, viene pubblicato un pezzo speciale dal titolo Fightsaber: Jedi Lightsaber Combat, nel quale l’archeologo David West Reynolds, con l’aiuto del coreografo Jack Bobo, introduce le Sette forme di combattimento con la lightsaber. Da allora queste discipline sono diventate parte integrante dell’universo di Guerre Stellari, con riferimenti in fumetti, romanzi e videogame. Nel gioco Knights of the Old Republic 2: the Sith Lords, pubblicato da LucasArts, il protagonista ha la facoltà di imparare i sette stili. Questi ultimi appaiono anche nel MMORPG Star Wars: Galaxies e vengono menzionati per via indiretta in serie come Star Wars Rebels. Nei giochi Jedi Outcast e Jedi Academy abbiamo invece lo stile Veloce, Medio e Forte, creati dal Nuovo Ordine Jedi di Luke Skywalker e basati sulle vecchie Forme.
La codificazione degli stili non si limita al mestiere delle armi, ma è connessa alla spiritualità e all’impostazione mentale dell’individuo. Questa dualità non deve sorprendere, se pensiamo che la figura del Jedi è ispirata ai samurai e agli ordini cavallereschi del medioevo. Il duello tra Obi-Wan e Darth Vader in Episodio IV, lento e riflessivo, ricorda un incontro di Kendo giapponese. La concezione di onore e rigore tipica dei Jedi riporta alla mente il Bushido, la via del samurai, dove all’impulsività e ai piaceri mondani vengono preferiti l’equilibrio e uno stile di vita ascetico. Alcune delle Forme che analizzeremo, sia nel moveset che nella filosofia, prendono spunto dalla scherma europea, mentre altre discendono da opere come il Go rin no sho (Il libro dei cinque anelli) del celebre spadaccino Miyamoto Musashi e l’Hagakure del monaco Yamamoto Tsunetomo. Il meglio di due mondi, l’intera esperienza umana nell’arma bianca è al servizio del Force user, che ne attualizza i valori. Indossate il triplo strato di beskar e iniziamo con l’addestramento!
Per approfondire la tua conoscenza delle spade laser, ti consigliamo di visitare il sito web di Spada Laser.
FORMA I: SHII-CHO
LA VIA DEL SARLACC / FORMA DELLA DETERMINAZIONE
Il Sarlacc vi ricorda qualcosa? Si tratta proprio del mostro che vive tra le dune sabbiose di Tatooine, capace di ingoiare Boba Fett in un sol boccone! Ogni Forma è infatti associata a una creatura del mondo di Star Wars! Lo Shii-Cho è molto antico e venne sviluppato dai primi maestri Jedi ben 4000 anni prima della Battaglia di Yavin. Per la sua semplicità è la prima Forma a essere insegnata ai Padawan, prima di passare a schemi più complessi. Un tipico allenamento a base di Shii-Cho è quello di Luke Skywalker in Una nuova speranza, identico quello dei bambini nel Tempio Jedi durante L’attacco dei cloni: deflettere i colpi di un droide remoto con gli occhi bendati.

Le prime spade laser erano instabili e rudimentali, poco indicate per un uso che non fosse cerimoniale. L’evoluzione tecnologica le portò a essere utilizzabili in situazioni di contesa. Alcune proto-spade erano collegate a una batteria esterna, che il guerriero Jedi portava all’altezza del fianco o dietro la schiena. La transizione dalle semplici spade in metallo (dalle quali discendono anche la Vibrolama e la Vibrospada) portò alla formulazione dello Shii-Cho. La Forma I punta più al disarmo o alla sottomissione del nemico piuttosto che alla sua uccisione, in linea con la morale dei Jedi. È ideale per difendersi da minacce multiple e per spazzare via ondate di droidi, ma di fronte a un esperto di Makashi (Forma II) o di altri stili avanzati, si dimostra insufficiente. Molti maestri duellanti includono comunque le mosse dello Shii-Cho nel loro bagaglio tecnico.

Come nelle comuni discipline di scherma, il corpo dell’avversario viene diviso in aree vitali da colpire. Lo Shii-Cho si concentrava sul Sun djem, punto di contatto utile a distruggere la spada laser altrui senza infliggere grossi danni. Un’altra mossa è il cosiddetto Sarlacc Sweep, una spazzata che può mettere fuori gioco più nemici. Gran parte dei colpi dello Shii-Cho sono ampi e ripetitivi, utili a sfruttare l’effetto giroscopico dell’arma e ad acquisire un ritmo costante. Il Conte Dooku, duellante eccezionale, definiva la Forma I goffa ma risoluta, utile ad avanzare passo dopo passo per chiudere le vie di fuga agli avversari. Le sequenze (Kata) dello Shii-Cho riportano alla mente il Kenjutsu, ovvero il combattimento bellico con la katana.

Pur essendo applicabile in qualunque scenario, lo Shii-Cho non ha particolari punti di forza e la sua difesa non è delle migliori. Molti praticanti della Forma I risultavano grossolani nei movimenti, evidenziandone tutti i limiti. Si ha notizia di maestri specializzati in questo stile, come Kit Fisto, membro del Consiglio Jedi. Fisto utilizzava il proprio impeto emotivo e i riflessi sovrumani per diventare imprevedibile. In questo modo la razionalità viene subordinata alla memoria muscolare. I suoi colpi avevano una grande fluidità e venivano paragonati allo scorrere dell’acqua.
Lo studio avanzato dello Shii-Cho permise a Fisto di tenere testa al Generale Grievous, fin quasi a sconfiggerlo, e di sopravvivere per qualche secondo agli attacchi feroci di Darth Sidious (Ian McDiarmid) ne La vendetta dei Sith. Peccato che il cancelliere Palpatine fosse estremamente potente, oltre che un maestro del Juyo (Forma VII). Il cancelliere si sbarazzò in un lampo di Agen Kolar e Saesee Tiin, cogliendoli di sorpresa, per poi scagliarsi contro Fisto e Mace Windu (Samuel L. Jackson). Per quanto abile, il Nautolano era troppo inferiore a Sidious e venne ucciso da quest’ultimo. Solo Windu e Yoda si dimostrarono all’altezza del Sith.
FORMA II: MAKASHI
LA VIA DELL’YSALAMIR / FORMA DELLA CONTESA
Per supplire alle mancanze dello Shii-Cho venne ideato il Makashi, uno stile orientato puramente al duello. La Forma II ricorda moltissimo la scherma europea (fencing), in particolare quella basata sullo stocco e la sciabola. Gli spadaccini spagnoli, celebrati (e in egual misura temuti) nei secoli per la loro abilità, hanno soprannominato questo insieme di tecniche Verdadera destreza. Di eguale considerazione godono la scuola italiana e quella francese, che hanno posto le basi per la odierna scherma olimpica. Ispirandosi alle succitate tradizioni, il Makashi fa leva sul controllo della distanza dall’avversario, sul gioco di gambe (footwork) e su colpi fulminei e letali, in prevalenza stoccate e affondi.

Un maestro di Makashi si muove come un ballerino ed economizza i movimenti, puntando sulla precisione dei colpi. Buona parte delle mosse vengono eseguito impugnando la spada con una singola mano, cosa che rafforza le analogie con la scherma moderna. L’eleganza va a braccetto con l’astuzia, quindi se fronteggiate un praticante della Forma II, fate attenzione alle finte. La posizione iniziale prevede una guardia verso il basso, a sottolineare la sicurezza del guerriero. Tale confidenza può facilmente trasformarsi in arroganza. Spesso ci si pone di fianco rispetto all’avversario, per esporre una minor porzione di corpo agli attacchi e infilzare più a fondo.

La Forma II nacque in tempi remoti per gestire gli scontri uno contro uno e conobbe il suo periodo più florido durante la Grande Guerra Iperspaziale, la Grande Guerra Sith e la Guerra Civile Jedi. Insomma, era molto diffusa all’epoca di Exar Kun e Darth Revan, per poi cadere nel dimenticatoio per secoli. Essendosi ridotto fortemente il numero di Sith nella Galassia, i Jedi non sentivano più il bisogno di specializzarsi contro nemici armati di spada laser. Per loro sfortuna, durante le Guerre dei Cloni scese in campo il Conte Dooku, rinomato cavaliere e adepto segreto di Sheev Palpatine. Di discendenza aristocratica, Dooku era stato un Jedi portentoso, e con il passaggio definitivo al Lato Oscuro aveva padroneggiato alla perfezione il Makashi.

Durante l’ultimo periodo della Vecchia Repubblica, lo Shii-Cho e l’Ataru (Forma IV) andavano per la maggiore tra i cavalieri Jedi e pochi erano preparati ad affrontare uno stile antico come il Makashi. Questo spiega la sconfitta di Obi-Wan Kenobi (Ewan McGregor) e di Anakin Skywalker (Hayden Christensen) nella battaglia finale de L’attacco dei cloni. La Forma IV poteva fare poco contro la grazia e l’esperienza di Dooku. Per tenergli testa scese in campo il maestro Yoda, che aveva una vasta conoscenza delle sette Forme, anche se sarà Anakin a uccidere il Conte ne La vendetta dei Sith, una volta padroneggiato il Djem So (Forma V). La spada di Dooku aveva l’elsa incurvata, in modo da favorire una presa utile alle sue movenze. Christopher Lee era stato un campione di scherma in gioventù e questo background gli consentì, nonostante l’età avanzata, di compiere alcuni stunt da solo.

Pur essendo letale, il Makashi non è esente da difetti: la sua filosofia e il moveset non sono adatti ad avversari multipli, anche se Dooku riusciva con tranquillità a fronteggiare due Jedi alla volta. Le stoccate non permettevano inoltre di sfruttare l’energia cinetica della spada laser e quindi di caricare colpi potenti. Per questo i fendenti di Anakin, a bordo della Invisibile Hand, sono riusciti a rompere le difese di Dooku, il quale era ormai lontano dalla giovinezza. È consigliato ai praticanti della Forma II di integrare il proprio addestramento per supplire alla debolezza fisica e alla mancanza di parate efficaci, altrimenti contro gli stili più aggressivi saranno dolori. Volete sapere che animale è l’Ysalamir? È un bizzarro rettile che respinge la Forza!
FORMA III: SORESU
LA VIA DEL MYNOCK / FORMA DELLA RESISTENZA
I Mynock sono pipistrelli parassiti che vivono negli asteroidi e che possono sopravvivere al vuoto siderale. Tenere duro nonostante l’ambiente avverso è la loro specialità, e su questo principio si fonda il Soresu, la Forma più difensiva. In origine venne sviluppato per contrastare i colpi di blaster provenienti da più direzioni, mantenendo la spada vicino al corpo e riducendo i movimenti superflui per risparmiare le energie. Il praticante ideale della Forma III è in grado di deflettere qualunque attacco e creare, in via metaforica, un muro impenetrabile. Definito in modo unanime uno stile passivo, è quello che più si avvicina alla forma mentis dell’Ordine Jedi, insieme allo Shii-Cho.

Questi concetti sono affini al Rei, uno dei sette princìpi del Bushido, dove lo scontro migliore è quello evitato. Un buon Jedi, alla pari di un samurai, fa ricorso alla violenza solo in casi estremi. In secondo luogo, Musashi sostiene che bisogna aver vinto un duello ancora prima di sfoderare la spada. Questo postulato può essere inteso sia come dominazione mentale del contendente (tipica del Djem So, ma anche del Juyo) sia come invito a una condotta pacifica: vi sono vari stratagemmi, verbali e non, per dissuadere un avversario dai propositi di attacco.

Con la diffusione su vasta scala dei droidi, il Soresu divenne una delle Forme più studiate, in modo da potersi proteggere dal fuoco incrociato in campo aperto. Queste tecniche vengono applicate anche nei duelli, dove il Jedi fa leva sulla pazienza, logorando gli avversari e studiando ogni loro mossa. Lo scontro può durare parecchio tempo, fino a quando le riserve del nemico si esauriscono. Allora il ritmo rallenta e, quando ha individuato un’apertura, il maestro del Soresu può attaccare. Sebbene punti a risparmiare il fiato, la Forma III richiede molta concentrazione e, contro un avversario esperto, il minimo errore può costare la vita.

Un celebre praticante del Soresu era Obi-Wan Kenobi, che approfondì tale Forma dopo la prima battaglia contro Dooku. L’Ataru, tramandogli dal maestro Qui-Gon (Liam Neeson), si era rivelato insufficiente a contrastare il Makashi, quindi Obi-Wan decise di puntare sulla difesa pura. Definito da Mace Windu come il massimo professionista del Soresu, Obi-Wan riusciva a parare fino a venti colpi al secondo. Proprio per questo venne mandato a eliminare il generale Grievous, che combatteva con quattro spade laser. Grazie alla sua tecnica impeccabile, Kenobi riuscì a deviare ogni colpi e a disarmare il cyborg un braccio alla volta! La maestria nel Soresu permise a Obi-Wan di tenere a bada Anakin durante la resa dei conti su Mustafar, per poi batterlo con l’astuzia. Allievo e maestro conoscevano a menadito lo stile dell’altro e Anakin, il Prescelto, poteva contare sul Lato Oscuro, quindi lo scontro non fu affatto facile per Kenobi.
Come Obi-Wan, Luminara Unduli era celebre per l’uso della Forma III. Membro del Consiglio Jedi, aveva delle movenze molto aggraziate. Attenzione, il Soresu non era insegnato solo nell’Ordine Jedi: vi sono casi di Signori dei Sith abili nella Forma III. Uno di questi fu Darth Bane, un esperto di Djem So che, dopo aver perso la protezione garantita dalla sua Orbalisk armor, optò per uno stile più difensivo. Nei suoi anni migliori, Bane era in grado di deflettere le gocce di pioggia durante una tempesta, e insegnò il Soresu alla sua discepola, Darth Zannah. Come sempre non esistono tecniche esenti da debolezze, e in questo caso il Soresu può rivelarsi troppo posato, allontanando le chance di vittoria. È infine sconsigliato a chi non è abituato a controllare le emozioni, poiché la calma è essenziale a non lasciare falle nella difesa.
FORMA IV: ATARU
LA VIA DELL’HAWK-BAT / FORMA DELL’AGGRESSIONE
Gli Hawk-bat sono creature simili a pipistrelloni che vivono nei sobborghi di pianeti ad alta densità urbana come Taris e Coruscant. Sono alquanto pericolosi e per questo sono sporadici i tentativi di addomesticarli. Quale miglior paragone per l’Ataru? Questo stile, al contrario del “pacifico” Soresu, è votato all’offensiva e alla dinamicità dei movimenti. Gli utilizzatori dell’Ataru usano la Forza per superare i propri limiti fisici, compiendo salti, piroette e acrobazie dal forte impatto scenico. Conobbe una diffusione capillare durante le Guerre Mandaloriane, ma anche ai tempi della trilogia prequel di George Lucas questa Forma era piuttosto popolare.

Per un praticante della Forma VI, il corpo è un’arma come la spada laser e va sfruttato per colpire con calci, pugni e, se la situazione lo permette, proiezioni a terra e tecniche base di disarmo. L’amplificazione della corsa e dei salti permette inoltre di superare ostacoli ambientali e attuare manovre evasive. Grazie a un utilizzo diversificato del campo di battaglia, un Jedi specializzato nell’Ataru può attaccare da ogni angolazione, sia dal basso che in aria, fino a confondere l’avversario e aprire una breccia nelle sue parate. Essendo una Forma aggressiva, non ha un impiego efficace contro i colpi di blaster e i nemici multipli. Infine la maggior mobilità non è certo sinonimo di miglior difesa: il combattente incauto può rimanere esposto ai fendenti del nemico, specie mentre è in aria.

Il Conte Dooku, aggraziato praticante del Makashi, affermava di poter leggere con facilità lo stile Ataru, comprendendone le debolezze e le “acrobazie ridicole”. Effettivamente Dooku era in grado di colpire i punti vitali dell’avversario quando questi effettuava salti mortali e capriole, cosa che penalizzava gli adepti della Forma IV. Un maestro dell’Ataru era Qui-Gon Jinn, che trasmise le sue conoscenze a un giovanissimo Obi-Wan Kenobi. Allievo e mentore affrontarono in coppia Darth Maul e, grazie al gioco di squadra, riuscirono a contrastarne la forza d’urto, derivante da un attento studio del Juyo (Forma VII). Dopo lo sfortunato epilogo del duello contro Dooku su Geonosis, Obi-Wan puntò sul Soresu, mentre Anakin trovò nella Forma V una ottima valvola di sfogo.

Vi furono altri specialisti dell’Ataru, come Aayla Secura, Shaak Ti e Ki-Adi-Mundi, ma il più rappresentativo fu il Maestro Yoda. Il leggendario Jedi utilizzava la Forza e le acrobazie della Forma IV per aggirare gli acciacchi della vecchiaia, oltre che delle sue modeste dimensioni. Piccolo, velocissimo e difficile da colpire, Yoda era temibile in battaglia, tanto da contrastare il Makashi di Dooku e ingaggiare uno scontro leggendario contro Palpatine dentro il palazzo del Senato. Sebbene l’Ataru non sia rinomato per la difesa da avversari pesantemente armati, Yoda lo usò per sconfiggere i Cloni su Kashyyyk.
I suoi movimenti erano fluidi e si basavano su un insieme di tecniche chiamato su ma, che si divideva in: jung su ma (rotazione su se stesso); ton su ma (salto mortale); en su ma (ruota). Questi tre concetti riflettono i tre possibili assi di rotazione di un corpo in uno spazio tridimensionale e consentivano a Yoda di colpire senza alcuna tregua, cambiando angolazione in modo repentino. Non si hanno notizie, nella Galassia conosciuta, di un altro Force user ugualmente talentuoso nell’Ataru. Di sicuro la taglia ridotta e l’esperienza pluricentenaria giocavano a suo vantaggio.
FORMA V: DJEM SO
LA VIA DEL DRAGO KRAYT / FORMA DELLA PERSEVERANZA
Non è certo un caso che il grosso e feroce drago Krayt, visto di recente nella seconda stagione di The Mandalorian, sia il feticcio animalesco di questa Forma, catalogata tra le più offensive. Il Djem So è stato soprannominato dai fan “Lo stile degli Skywalker”, poiché sia Anakin che Luke ne hanno fatto un largo uso, esplorandone i segreti e diventandone i massimi conoscitori. Altri cavalieri Jedi famosi lo hanno praticato, come il maestro d’arme (e capo della sicurezza del Tempio) Cin Drallig, Aayla Secura, Plo Koon e, con qualche modifica personale, Ahsoka Tano. Essendo uno stile aggressivo, venne impiegato anche dai Signori dei Sith, tra cui Darth Bane, Darth Revan e Galen Marek, l’apprendista segreto di Darth Vader. Revan e Marek combattevano per abitudine con due spade laser impugnate al contrario (reverse grip), unendo la tecnica del Jar’Kai alla Forma V, proprio come Ahsoka.

Lo sviluppo della Forma V ebbe inizio dal Soresu, considerato troppo passivo per avere la meglio sull’avversario in tempi accettabili. Unendo le tecniche difensive alla filosofia del Makashi, si ottenne un nuovo stile, che partiva da blocchi e parate per dare vita a una serie di contrattacchi rapidi e poderosi. Un esperto di Djem So è paragonabile a un counter puncher nel pugilato: aspetta che il contendente colpisca, andando a vuoto o venendo deviato, per poi colpirlo a sua volta, infrangendone le difese. Chiunque commetta un errore o abbassi la guardia davanti alla Forma V è destinato a perdere.

Una volta preso il giusto ritmo, le serie di attacchi diventano sempre più veloci e violente, fino a vincere con la forza bruta. Proprio per questo lo stile Djem So era malvisto da alcuni Jedi, poiché si basa sulla dominazione fisica del nemico, avvicinando l’utilizzatore al Lato Oscuro. L’impulsività e l’arroganza sono un rischio costante in questo approccio e sono il motivo della sconfitta di Anakin su Mustafar. Essendo più potente di Obi-Wan, Anakin lo mise in difficoltà per buona parte dello scontro, ma Kenobi giocò d’ingegno e fece leva sulle emozioni del ragazzo, portandolo a scoprirsi. Un combattente assennato può comunque mantenere la mente lucida, evitando mosse avventate e riducendo al minimo i danni che gli vengono inflitti.

Esiste una variante difensiva di questa Forma, chiamata Shien e focalizzata sulla copertura dai colpi di blaster. Una tipica posizione di partenza del Djem So e dello Shien prevede che l’utilizzatore impugni la spada laser con entrambe le mani, portandola al di sopra della testa, con la lama inclinata di circa 45°. Possiamo osservare questa stance sia in Anakin che in Aayla. La postura di un praticante di Djem So, come pure la gestione oculata dello spazio tra i contendenti, il contatto fisico e l’uso delle leve articolari, ricordano molto la scherma medievale. Basti pensare al finale de La vendetta dei Sith, dove Anakin tende ad accorciare le distanze (gioco stretto) per poi effettuare delle prese su Obi-Wan, incluso un tentativo di strangolamento. Avvisiamo gli aspiranti Padawan che un altro rischio di tale Forma, oltre alla perdita di concentrazione, è la stanchezza fisica: un uso prolungato richiede immensa energia e una buona mobilità, quindi è meglio concludere il duello alla svelta.

Una volta divenuto Darth Vader, Anakin modificò il suo approccio per supplire all’ingombro dell’armatura, inserendo una serie di elementi del Makashi e del Juyo nella Forma V. Impugnava spesso la spada con una mano sola, portando colpi precisi e potenti contro gli avversari. Per apprezzare la finezza del suo stile basta osservare il suo scontro con Luke ne L’Impero colpisce ancora e il massacro di truppe ribelli in Rogue One, dove impiega lo Shien per deflettere i blaster. All’apice della sua forza, Anakin era inoltre un maestro della Fluid riposte, tattica che consiste nella transizione naturale dalla parata alla fase offensiva. In pratica il movimento della spada che blocca un colpo coincide con l’attacco che partirà subito dopo. Tale tecnica riassume la filosofia della Forma V.
FORMA VI: NIMAN
LA VIA DEL RANCOR / FORMA DELLA MODERAZIONE
Sebbene la creatura simbolica di questa Forma sia il feroce Rancor, in realtà il Niman è perlopiù usato dai Consoli Jedi e, più in generale, da chi preferisce una infarinatura standard di combattimento per poi dedicarsi alla diplomazia. La Forma VI è utile per imparare i rudimenti della difesa personale ed è meno esigente, in termini tecnici e fisici, rispetto alle altre. Il Niman era molto in voga durante le Guerre dei Cloni e il successivo Ordine 66, poiché non si vedevano dei Sith da parecchio tempo e i Jedi erano poco avvezzi alle schermaglie. Insieme allo Shii-Cho e all’Ataru, veniva insegnato ai Padawan e non annoverava autentici specialisti tra le sue fila. O almeno, non durante l’epoca in cui si svolgono i film.

La Forma VI era un jack-of-all-trades, che sta a significare un equilibrio tra tutte le strategie senza eccellere in nessuna. Chi studia il Niman si trova davanti a una sintesi degli elementi di altre Forme: un po’ di difesa del Soresu, un po’ di aggressività dell’Ataru e una sana dose di Shii-Cho per cavarsela contro droidi e avversari numerosi. Chi studia la Forma VI può cavarsela in parecchie situazioni e portare a casa la pellaccia, specie se non è abituato a battersi, ma di fronte a un professionista del Makashi o a un Sith particolarmente cattivo, passerebbe un orrendo quarto d’ora.

Gli stili che fanno leva sulla forza bruta possono sconfiggere il Niman, la cui filosofia punta a far risparmiare le energie all’utilizzatore. Per supplire alla carenza fisica del soggetto, la Forma VI prevede l’uso dei poteri della Forza come strumento offensivo. La telecinesi e lo strangolamento vengono usati per dare varietà agli attacchi e compensare eventuali lacune nell’uso della spada laser. Questo vuol dire che, al netto del potenziale, il Niman si dimostra uno stile valido e perfino pericoloso! Dipende tutto dalla creatività e dal talento del praticante.

Questo approccio flessibile e multiforme portò diversi combattenti a integrare alcuni aspetti del Niman nella loro tattica. Obi-Wan e Qui-Gon, ne La minaccia fantasma, fecero uso della Forza per contrastare le pattuglie di droidi, mentre Darth Maul e Darth Vader amavano sfruttare la telecinesi per mettere in difficoltà gli avversari. Perfino Cin Drallig, maestro d’arme e capo della sicurezza nel Tempio Jedi di Coruscant, teneva in gran considerazione questa Forma, suggerendo che per conoscerla a fondo fossero necessari dieci anni di studio!

L’uso dello strangolamento e dei fulmini per fare mattanza di Jedi era una specialità dei Sith, quindi non sorprende che una figura leggendaria come Exar Kun, temuto in tutta la Galassia, fosse un adepto del Niman. Ancora prima di concepire la spada laser a doppia lama, studiò a lungo la Forma VI, praticando inoltre il Jar-Kai. In effetti la dinamicità del Niman è un valido strumento per chiunque intenda battersi con due spade o con armi non convenzionali. Peccato che altri individui più pacifici, come il maestro Coleman Trebor, non trovarono nel Niman una difesa efficace e morirono durante la Battaglia di Geonosis e la Grande Purga Jedi.
FORMA VII: JUYO
LA VIA DEL VORNSKR / FORMA DELLA FEROCIA
Il Vornskr è una creatura canina del pianeta Myrkr, capaci di percepire la Forza e di sfruttarla per cacciare. Tra le loro prede si contano anche dei Jedi, presi alla sprovvista da questi predatori notturni. Un concetto che aderisce come un guanto al Juyo, la più selvaggia e crudele delle Forme. Diffusa da millenni, pare che abbia origine da alcuni colpi proibiti dello Shii-Cho. Venne praticata sia dai Sith che dai Jedi, ma cadde in disuso tra questi ultimi fino a diventare formalmente illegale. Il Consiglio temeva che la carica emotiva del Juyo avvicinasse gli individui al Lato Oscuro, e non gli si può dare torto. La Forma VII non è solo un insieme di tecniche, è uno stato mentale che incanala la furia del soggetto e la sfrutta per sovrastare l’avversario.

Visto all’opera, il Juyo risulta caotico o perfino imprevedibile. L’utilizzatore è così concentrato su se stesso che il corpo si muove in modo quasi autonomo, grazie alla memoria muscolare e alle scariche di andrenalina. Abbandonarsi al proprio istinto è la chiave per usare la Forma VII, ma non significa certo che sia facile: bisogna avere una conoscenza dettagliata delle altre sei Forme per applicare con successo la settima, altrimenti aumenta il rischio di esporsi agli attacchi. Un fanatico del Juyo può rompere la difesa di un maestro di Soresu o contrastare le mosse dell’Ataru, ma la sua eccessiva autostima, accompagnata dalla sete di sangue, può sfociare in atti di imprudenza. La forma mentis arrogante avvicina questo stile al Makashi e al Djem So.

Cari seguaci del Lato Chiaro, non vi illudete: la quiete interiore e la superiorità morale non sono una caparra per vincere contro il Juyo. Essendo in larghissima parte Sith, gli utilizzatori della Forma VII giocano sporco e mettono a segno dei colpi scorretti. L’avversario approfitta della minima distrazione per mutilare la vittima e tenta di intimorirla durante l’intero duello con la sua aura negativa. Usando una combinazione di Juyo, Niman e Ataru, Darth Maul mise in grande difficoltà di Jedi della Vecchia Repubblica, arrivando a uccidere uno schermidore rispettato come Qui-Gon prima di essere tagliato in due da Obi-Wan Kenobi.

La marcata fisicità di Maul si nota soprattutto quando stordisce Qui-Gon, colpendolo sulla fronte con l’elsa della spada, per poi trapassarlo un attimo dopo. Questa mossa ha delle affinità con la scherma tradizionale tedesca, in particolare con gli insegnamenti del maestro Hans Talhoffer, che dava grande importanza al corpo a corpo. Tale tecnica è denominata Mordhau (il “colpo assassino”) e consiste nel percuotere la testa dell’avversario con la guardia o il pomolo della spada, per spiazzarlo o addirittura infliggergli gravi danni. I secondi successivi sono preziosi per vibrare un colpo risolutivo, sempre che il nemico non sia già a terra. Quale espediente più adatto alla Forma della Ferocia?

Un altro fuoriclasse del Juyo era Darth Sidious, capace di muoversi a una velocità tale da essere a malapena visibile a occhio nudo. I suoi attacchi repentini e violenti gli permisero di uccidere in pochi istanti una squadra di cavalieri Jedi, tra cui Kit Fisto, per poi ingaggiare Mace Windu in duello. Quest’ultimo aveva sviluppato una sua personale variante della Forma VII, chiamata Vapaad. Sfruttando il suo carattere irruento come fonte di potere, Windu riusciva ad alimentarsi dell’oscurità del nemico e a sopraffarlo con una fitta sequenza di fendenti. Per praticare il Vapaad è necessaria una notevole forza d’animo, pena il cedimento al Male, infatti Windu ne proibiva lo studio ai compagni e ai discepoli. Il tentativo di arresto di Sidious costrinse il maestro Jedi a far emergere il suo lato più spietato.
JAR’KAI

Vi sono alcune fonti che classificano il Jar’Kai come ottava Forma, ma in verità si tratta dell’utilizzo di due spade laser nella lotta, adattando le tecniche di tutti gli stili in base alle esigenze e all’indole del guerriero. Vi sono tecniche che si prestano maggiormente alla doppia lama, come quelle dell’Ataru e del Juyo, essendo basate sull’intensità dei colpi. Si dice che lo studio rigoroso del Niman, grazie alla sua versatilità, sia un’ottima fase preparatoria per il Jar’Kai. Diversi personaggi di Guerre Stellari ne hanno fatto uso, come Ahsoka Tano, Darth Sidious, Darth Revan, Asajj Ventress, Exar Kun e Darth Krayt. Anche il generale Grievous sfoggiava una versione distorta di questo stile, impiegando le molteplici spade laser ottenute dai Jedi uccisi. Dooku insegnò a Grievous alcuni rudimenti del Soresu e dello Shii-Cho, adattandoli al suo corpo robotico.

DUN MÖCH

Più che uno stile, il Dun Möch è una tattica di guerriglia psicologica, che consiste nel comunicare (verbalmente o gestualmente) con l’avversario durante una contesa, insultandolo (taunting) o insinuando dei dubbi sulle sue effettive capacità. La volontà e la concentrazione del nemico si affievoliscono in maniera progressiva, permettendo all’aggressore di avere la meglio. Personalità acute come Sidious e Dooku hanno sfruttato questa strategia verbale per distrarre Yoda, Obi-Wan Kenobi e Anakin Skywalker. La pratica del Dun Möch non è esclusiva del Lato Oscuro, infatti Cade Skywalker (diretto discendente di Luke) la utilizzò durante il suo duello con Darth Krayt.

STAR WARS LEGENDS
Con l’avvento della Disney e della trilogia sequel, il materiale prodotto sulla saga di Star Wars nei decenni precedenti, inclusi videogame, fumetti e romanzi, venne dichiarato non canonico, andando a formare una sorta di universo espanso, chiamato Legends. Solo i sei film e la serie The Clone Wars vennero tenuti come base per preparare l’avvento di nuovi prodotti, che oggi stanno forgiando un inedito corso degli eventi. Ciò non impedisce agli autori e sceneggiatori disneyani di trarre ispirazione dal vecchio materiale e introdurne una porzione nell’attuale continuity, come nel caso di Darth Bane, apparso a Yoda proprio in un episodio di The Clone Wars.

A questo punto potremmo domandarci se le Sette Forme siano da considerare canoniche. I vari fumetti, giochi e opere letterarie di riferimento appartengono a una dimensione separata dalla Galassia che la Disney costruisce passo dopo passo. Nella serie Star Wars Rebels, il Grande Inquisitore fa riferimento a una Forma III di combattimento, ma non è chiaro se si riferisca al Soresu o a una rielaborazione che dobbiamo ancora vedere. Vi sono poi delle menzioni in manuali piuttosto recenti sul franchise, come Star Wars: Absolutely Everything You Need to Know, datato 2017. Eppure sugli aspetti tecnici della lightsaber rimane un velo di incertezza, poiché non sono mai state discusse nelle nove pellicole principali, nemmeno in quelle uscite dopo lo storico numero di Star Wars Insider. A noi piacerebbe che nelle future storie ambientate nella Galassia venisse dato il giusto peso alle Forme, poiché aprono un ventaglio di riflessioni sulla natura dei protagonisti. Il miglior modo per conoscere un guerriero, in fondo, è osservare come si batte.
PRATICA DELLE FORME
Uno dei pregi di Star Wars è la sua immensa comunità di fan, che nel bene e nel male (ci riferiamo ai dissapori sulla qualità delle trilogie) si è sempre dimostrata prolifica. Gli appassionati di Guerre Stellari impiegano le loro capacità individuali per arricchire l’universo di George Lucas, creando storie inedite e organizzando eventi. Numerosi in tutto il mondo sono i raduni di cosplayer, dove è possibile incontrare centinaia di persone vestite da Jedi e da Sith. Le Sette Forme vengono tutt’oggi studiate e messe in pratica, a volte in vere palestre gestite da personalità del mondo sportivo. Non sono rari i maestri di scherma che, ritrovando nelle Forme le affinità che abbiamo citato, decidono di rielaborarle per l’insegnamento alle persone comuni, cercando di mantenerne integra la filosofia.
Come nelle rievocazioni storiche, c’è chi assimila delle nozioni militaresche per potersi calare nei panni di un cavaliere. La stessa cosa avviene per quei fan con una base di arti marziali e sport da combattimento, che non si limitano a indossare i costumi dei loro personaggi preferiti, ma programmano meeting, corsi di formazione ed esibizioni live con tanto di duelli. Ogni individuo, a seconda delle proprie inclinazioni, mescola gli elementi dei vari stili, creandone una variante esclusiva per farne sfoggio nelle sessioni di sparring. Tra i portali più attivi sull’argomento, ci sentiamo di segnalare Ultrasabers.com (che vende spade laser customizzabili), Ludo Sport Combat Academy (associazione sportiva nata nel nostro paese), Saber Academy e l’internazionale The Saber Legion!
CONCLUSIONE

Il viaggio è stato tortuoso come una gita nell’apparato digerente di un Sarlacc, ma sicuramente più piacevole! Attraverso una panoramica estesa delle Forme ci siamo resi conto di come la storia dell’umanità e lo sport, oltre a essere una componente importante della nostra vita, siano linfa preziosa per la produzione di fiction. Gli stili della spada laser vennero codificati tardivamente, passando per la porta sul retro, ma già ai tempi di Una nuova speranza, George Lucas e il suo team di creativi discutevano su come mettere in scena i combattimenti con la lighsaber. L’idea preferita di Lucas era quella di armi pesanti e difficili da maneggiare, ma altre voci suggerivano una coreografia più rapida e spettacolare. In fondo a quei tempi si erano diffuse in Occidente le pellicole di arti marziali, che riscuotevano un discreto successo.
Prevalse una via di mezzo, con lame prive di peso e un approccio tattico agli scontri. Il duello tra Obi-Wan e Darth Vader non è certo memorabile per il lato tecnico, ma per le sue implicazioni psicologiche. Oltre all’età avanzata di Alec Guinness, bisognava badare alla fragilità dei prop: le spade si rompevano facilmente e David Prowse, intrappolato nell’armatura di Vader, ne frantumò parecchie. Le battaglie de L’Impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi esibirono uno schema più elaborato, ma è con la trilogia prequel che nacque il terreno fertile per la codifica delle Forme. L’epoca dei film originali, similmente ai sequel targati Disney, è paragonabile a un periodo oscuro, lontano dai tempi d’oro dei cavalieri Jedi (i quali, ricordiamolo, si addestravano tutta la vita). Che sia grezza come nel caso di Kylo Ren o raffinata come quella di Dooku, la spada laser rimarrà nel cuore del fandom e invoglierà chiunque a ingaggiare gli amici in duello, inclusi quelli che non saprebbero agitare nemmeno un battipanni.
Non scordatevi la nostra classifica degli scontri con la spada laser più eccitanti di sempre:
DUELS OF THE FATE: I 10 Migliori Scontri con le Spade Laser di Star Wars