TOP GUN: MAVERICK – In volo radente al crepuscolo

Tom Cruise insegna ai giovani piloti come distruggere la Morte Nera.

di Alessandro Sivieri

alfredo nuovo cinema paradiso tom cruise

“Non ti fare fottere dalla nostalgia.”

Non posso parlare per Tom Cruise ma, personalmente, ho cercato di ascoltare i consigli di Alfredo. Ho cercato di non dipendere da un passato rassicurante e di non volerlo intravedere a tutti i costi in qualcosa di nuovo. E niente, ho fallito. Ho violato il codice di combattimento. Ho fatto fuori Jester sotto la quota stabilita e ora dovrò pilotare un cargo pieno di merda di cavallo per il resto della mia vita, almeno fin quando dei tizi con la visiera scura non invaderanno il nostro spazio aereo. Mi spiace, Philippe Noiret, ma io ho tanta nostalgia di Top Gun e degli anni ’80. Colmo dei colmi, è un decennio che non ho neppure vissuto!

top gun poster maverick tom cruise

Questo riassume la potenza di fuoco di un film fatto come si deve (oltre che di un F-14 Tomcat): farti provare sensazioni agrodolci per una dimensione temporale e culturale che non hai sperimentato in prima persona. Top Gun non è solo una summa delle atmosfere degli eighties, ha contribuito a plasmarle. Capisci ora, caro proiezionista cieco, perché vado a vedere il sequel con i migliori propositi di imparzialità, salvo esaltarmi non appena sento partire Danger Zone mentre i caccia decollano in controluce e i tecnici gesticolano con gli aviatori? L’introduzione è quasi un rifacimento shot per shot dell’originale e la cosa non mi turba.

top gun tramonto inizio

La pellicola del 1986, rampa di lancio di un giovanissimo Cruise, è una di quelle che potrei rivedere centinaia di volte senza stancarmi, piazzandosi tra titoli nobili e meno nobili come Alien, Shining, Interstellar e Independence Day. In tutta onestà, Top Gun fa leva su un imprinting infantile e rappresenta ciò che cerco in un film a livello di fusione tra suono e immagine; escludiamo il comparto scritturale dall’equazione poiché la trama è quanto di più lineare ci possa essere. Fotografia, selezione musicale e conseguente montaggio hanno dato vita a un equilibrio di rara efficacia, senza nulla togliere alla colonna sonora di Harold Faltermeyer e Giorgio Moroder, due mostri di bravura: il solenne Anthem e la malinconia dopo la morte di Goose (Anthony Edwards) toccano livelli altissimi, eppure a svolazzare nell’immaginario del pubblico rimangono una partita a beach volley con Playing with the Boys, una serata festaiola a base di Great Balls of Fire e – bomba calorica finale – le scene d’amore accarezzate da Take My Breath Away.

top gun maverick e iceman

L’impostazione da videoclip fa pensare a un’altra uscita testosteronica di quel decennio, ovvero Rocky IV, dove Sylvester Stallone piange l’amico defunto e si allena per fronteggiare Ivan Drago, la sua nemesi suprema, sorretto da una hit parade che diventa così centrale da influenzare il montaggio. Don Simpson e Jerry Bruckheimer, produttori di Top Gun, scelsero come regista Tony Scott, fratello del più celebre Ridley e proveniente da un background pubblicitario: l’intenzione non era solo raccontare una storia, c’era la volontà di brandizzare la vita del protagonista Maverick come una declinazione del sogno americano e di promuoverlo come ambasciatore superfigo dell’aeronautica statunitense, senza scordare i panorami della West Coast e una serie di feticci noti alla cultura popolare. Eccovi servito il tenente Pete “Maverick” Mitchell, con il sorriso scanzonato, gli onnipresenti Ray-Ban e il giubbotto di pelle, che quando non è a bordo di un caccia percorre le assolate strade della California in motocicletta per soddisfare il suo bisogno di velocità.

top gun pete mitchell aereo

Lo stesso Scott aveva in mente un’atmosfera più cupa, vicina ad Apocalypse Now e Mad Max 2, prima di comprendere le reali necessità dei suoi finanziatori, in cerca di una sorta di rock’n’roll nei cieli. Nacque così una risposta ottimista, solare e priva di violenza grafica alle truculente opere sul Vietnam che proliferavano da qualche anno (e alla critica politica portata avanti delle medesime). Per quanto la retorica sia palese in Top Gun, non ne intacca lo spirito essenzialmente avventuroso. Il film è militarista nel contesto e nell’ideologia, ma non nella messa in scena, la quale si avvicina ancora una volta a pellicole come Rocky IV: sembra di assistere alla preparazione per vincere un’importante competizione sportiva, dove avvengono infortuni, si testano strategie, nascono amori e rivalità.

top gun 1986 protagonisti ufficiali

Va bene, non siamo in un campo da gioco e il minimo errore a bordo di un jet può costare la vita. Le sequenze traboccano di uniformi, mezzi da combattimento, ufficiali stereotipati che si incazzano per le insubordinazioni; potremmo definirla una formalità di facciata, al pari dei battibecchi tra commilitoni negli spogliatoi su chi abbia la stoffa del campione, durante i quali emergono sottotesti omoerotici che diverse analisi del film hanno evidenziato. Decine di ingredienti di contorno per il piatto forte, ovvero le aspirazioni di un ragazzo che adora volare e non vorrebbe fare altro per tutta la vita. La formula vincente viene completata da villain anonimi, dei pupazzi disumanizzati che vanno presi per i fondelli in volo rovesciato e, all’occorrenza, abbattuti. Siamo in piena Guerra Fredda, si capisce che sono aviatori sovietici, però non spiccicano una parola e hanno le visiere oscurate come i cavalieri neri delle favole. La difesa della Madre Patria è marginale rispetto al sogno di essere incoronato come numero uno dei piloti a stelle e strisce.

mig-28 russi in top gun

Il sequel è rimasto a lungo in un limbo produttivo e, nel frattempo, abbiamo assistito alla tragica morte di Tony Scott. Nel frattempo Tom Cruise è diventato uno degli action hero principali di Hollywood, un attore che non vuole saperne di piegarsi all’età che avanza e che esegue più stunt possibili in autonomia. Avete presente la merce vintage nel retrobottega a cui vorreste dare un’occhiata? Ecco, c’era la volontà di rimettere mano al personaggio e di raccontare come il mondo contemporaneo, tra droni e tecnologie futuristiche, abbia mutato gli scenari bellici, rischiando di rendere superflui i piloti. Beh, non oggi. L’attore produce in prima persona insieme al ritrovato Bruckheimer, mentre alla regia viene piazzato Joseph Kosinski, che aveva già diretto Cruise in Oblivion e che da più di un decennio si è costruito la fama di uno che sa integrare la CGI al meglio.

top gun maverick inizio

Torniamo così all’incipit e alle piste di decollo durante il tramonto, in un balzo all’indietro di 36 anni che non è un omaggio, è pura osservanza religiosa. Insomma, si sfiora in volo radente il confine della paraculaggine. Trascorsa la dichiarazione d’intenti, si passa a Maverick nel mondo odierno, impegnato a testare velivoli sperimentali in grado di raggiungere il Mach 10. Pete Mitchell, quasi sessantenne, è stato promosso capitano di vascello e ha ottenuto varie decorazioni al valore, sebbene il suo temperamento ribelle non gli abbia consentito di fare carriera, a differenza dell’amico Iceman (Val Kilmer), ormai ammiraglio.

top gun jet a mach 10

Cruise si cala con naturalezza nella versione verosimile di un Maverick di mezza età, che non ha scordato le antiche abitudini né il vestiario, al punto da farci dubitare che sia mai “uscito” dal personaggio. Ai commenti sulla sua espressione ribatte di “avere soltanto quella”, come un Clint Eastwood che ha solo due facce, una col sigaro e l’altra senza; ebbene, il sorrisetto del capitano Mitchell è un evergreen che ci fa desiderare, per la seconda volta, di possedere il suo approccio alle sfide. Il protagonista è ancora al top fisicamente, con un portamento da forever young, e non si riscontra quell’eccesso di battute sull’invecchiamento che caratterizzano i revival dei duri di Hollywood, quei frizzi e lazzi sulla prostata infiammata che stancano dopo tre minuti. I veri acciacchi sono nella mente e Maverick si dimostra più umano, vulnerabile e in preda al rimorso. La perdita di Goose non è stata completamente superata e Pete Mitchell, suo malgrado, non ha smesso di volare contro un fantasma.

top gun maverick in moto

L’ennesima trasgressione agli ordini fa sì che Maverick venga rispedito dall’ammiraglio malmostoso (Ed Harris) a San Diego, nella vecchia scuola di volo dove ottenne il brevetto Top Gun. Qui un altro ammiraglio malmostoso (Jon Hamm) gli affida una missione ad alto rischio: addestrare dodici giovani piloti in tre settimane e selezionarne sei per un’operazione militare segretissima. Uno Stato canaglia ha acquisito un deposito di arricchimento dell’uranio e minaccia i paesi limitrofi, che chiedono alla NATO di intervenire. Il nemico, date le tensioni geopolitiche nel mondo reale, supera in anonimato sovietici nell’originale; non si fa mai il nome di questa pericolosissima nazione e ci si ritrova a combattere nuovamente contro dei pupazzi silenti con la visiera oscurata, in possesso di aerei di quinta generazione. Il luogo è sorvegliatissimo ed è difeso da lanciamissili pronti a fare polpette di qualunque aviogetto o gabbiano americano che abbia il coraggio di avvicinarsi.

top gun jon hamm

Pete Mitchell concepisce un piano che prevedere l‘attraversamento dei canyon per sfuggire ai sensori dei lanciamissili, per poi colpire il deposito in una frazione si secondo e scavalcare una parete rocciosa verso la salvezza, il tutto con degli obsoleti F-18, perché gli F-35 non hanno le caratteristiche necessarie (incluso il biposto per la troupe del film!). La missione è ai limiti del fattibile e ricorda parecchio il blitz dei Ribelli per distruggere la Morte Nera, colpendo uno spazio ristretto in una frazione di secondo. Il gruppo di piloti ai quali Maverick dovrebbe illustrare i trucchi del mestiere fa insorgere due problemi: il primo riguarda la presenza di Bradley “Rooster” Bradshaw (Miles Teller), figlio di Goose che non ha mai perdonato il protagonista; Maverick teme di perderlo come il padre e ha cercato di bloccarne la carriera nella Marina. Il secondo ostacolo è la natura di Maverick, un fuoriclasse nel volo ma non nell’insegnamento. Il suo talento è a un livello talmente istintivo che non è facile trasmetterlo a qualcun altro.

rooster bradshaw top gun

L’introduzione-fotocopia lascia perciò campo libero a una parte centrale di addestramento, di trial and error. Il tempo stringe e i Top Gun prescelti devono imparare a rispettare Maverick come maestro, risolvere le diatribe interne e superare i propri limiti. Nel frattempo il protagonista riallaccia i rapporti con una vecchia fiamma, Penny Benjamin, nominata un paio di volte nel primo film. L’interesse amoroso ha il volto di Jennifer Connelly, che va a sostituire Kelly McGillis e si dimostra una cinquantenne da togliere il fiato. Penny è una madre divorziata, una tipa tosta che ha imparato a conoscere Maverick nel bene e nel male e che sa come tenerlo a bada, oltre a proteggerlo da se stesso. La pellicola ricalca degli schemi già rodati (incipit solenne, preparazione alla gara, relazione romantica che sfocia in un confronto di personalità) e diviene progressivamente un Top Gun 2: Air Force Awakens.

jennifer connelly top gun

La reunion con i volti storici fa inumidire gli occhi ai fan di lunga data, specie quando spunta un Val Kilmer provato dal cancro alla gola che gli ha tolto la voce. Possiamo sentire brevemente la voce di Iceman grazie a una ricostruzione digitale ed è un tipico caso dove un personaggio viene scritto in base alle esigenze mediche dell’attore. Nessun pietismo, quanto la funzionalità dell’ammiraglio Kazinsky come unico confidente, come un amico di fronte al quale Maverick può esprimere le sue incertezze. Il peso emotivo non si adagia sulle condizioni di Ice e si sposta su un protagonista che davanti a esso si lascia andare, accantona le sovrastrutture in una manciata di secondi e perde l’aura da spaccone che mantiene con il resto del mondo, alla stregua di un tributo forzato al suo stesso mito. Maverick è leggenda, e se Maverick crolla, se sente di non potercela fare, non ci sarà nessuno a salvare la baracca. Questo è ciò che gli comunica Iceman, devastato nel fisico ma incrollabile nella sua fede fraterna.

top gun foto iceman

Il resto del cast è formato da nuove leve che, per quanto rispondano a dinamiche relazionali di base, faticano a ottenere visibilità in uno script Cruise-centrico. L’Hangman di Glen Powell guadagna subito il titolo di Capostronzo; l’ufficiale dei sistemi d’arma Bob ha il volto di Lewis Pullman, figlio di quel Bill Pullman che piloterà un caccia contro gli alieni in Independence Day; Phoenix (Monica Barbaro) è la ragazza cazzuta che non ha bisogno di dimostrarlo; Miles Teller è, appunto, il figlio di Goose con gli stessi baffetti e la camicia hawaiana. Il tessuto narrativo non punta a svilupparne la dimensione emozionale, limitandosi a contrapporre il suo astio a un Maverick penitente. Solo l’abilità di Teller, compressa nel minutaggio a disposizione, dona un pizzico di concretezza a un personaggio che rischiava di rimanere un cosplayer del padre, una scintilla per lo stress post-traumatico di Pete Mitchell, e l’alchimia tra lui e Cruise inizia a brillare nel terzo atto.

top gun piloti protagonisti maverick

In generale novanta minuti abbondanti se ne vanno nella reminiscenza e in una serie di dialoghi abbastanza fiacchi. I piloti del primo capitolo non parlavano certo di massimi sistemi, eppure si notava una naturalezza maggiore nel loro essere cheesy, sopra la righe, mentre Teller & affini paiono alla costante ricerca di un linguaggio che funzioni e di scherzi da caserma che rispecchino la società contemporanea. Accompagnati da qualche scricchiolio nel pacing, giungiamo alla missione suicida con una chiara idea di come potrebbero andare le cose. Abbiamo un’immagine mentale delle tappe di questo compitino tecnicamente gustoso che ci ha ingozzato di nostalgia.

top gun maverick portaerei

Ecco, negli ultimi venti minuti la storia prende una piega inattesa, utile a… ingozzarci di nostalgia. Una mossa spiazzante che sbatte per l’ennesima volta Maverick in una situazione familiare, eseguita però in modo genuino e spassoso. Invero c’è un momento in cui Cruise rischia una piega da Mission: Impossible, salvo ricordarsi di essere un pilota e non un agente sotto copertura; un altro volo radente, non sulla paraculaggine ma su un concetto di azione lontano dallo spirito di Top Gun. Fortunatamente l’eroico epilogo sa dove vuole andare a parare e si rivela azzeccatissimo per un tipo come Maverick.

top gun maverick finale

Sul piano tecnico siamo a livelli eccellenti, seppure questo Top Gun 2.0 possa contare su mezzi tecnologici all’avanguardia e su una scarsa concorrenza di genere, poiché non sono molti, a parte l’originale, i lungometraggi che si focalizzano sul dogfighting (scontro aereo a corto raggio). Durante la lavorazione del primo film, Scott e compagnia ebbero appena un paio di giorni per riprendere le scene di volo. Ne consegue che la dinamica dei combattimenti sia il frutto di un intenso lavoro di post-produzione, dove spettava al montaggio dare un senso dell’orientamento allo spettatore nelle sequenze action. Il fatto che gli interpreti indossassero casco e maschera aiutò la sala doppiaggio a piazzare dialoghi aggiuntivi per dare una consistenza narrativa al tutto. Le riprese più valide a bordo di un velivolo furono quelle di Tom Cruise, che nel sequel torna a mettersi in gioco e a seguire estenuanti allenamenti per sopportare l’energia cinetica generata da un caccia supersonico. I comandi, ovviamente, sono affidati a un pilota esperto!

top gun maverick volo di gruppo

Tutti gli interpreti principali si sono addestrati per volare a bordo di veri F-18 e ottenere così delle sequenze aeree dove la computer grafica è destinata alle rifiniture. Il risultato è di un realismo notevole, specie durante le fasi ad alto tasso di tensione: i protagonisti boccheggiano per le accelerazioni a cui sono sottoposti i caccia e si verificano delle alterazioni del flusso ematico cerebrale. Recitare in aria ad alte velocità non è uno scherzo e gli attori, fisicamente scombussolati, diventano un punto di forza che ci fa immaginare di trovarci nella cabina insieme a loro. Joseph Kosinski ha avuto meno vincoli economici di Scott e più tempo a disposizione; resta indubbio il suo ottimo lavoro con gli effettisti e il direttore della fotografia Claudio Miranda per regalarci un’esperienza unica, basata su coreografie spettacolari e un uso generoso della camera-car (anzi, meglio dire camera-plane). Sarebbe proprio il caso di fare una riflessione che distingua tra la tecnologia e la tecnica cinematografica in quanto tale, se non fosse per la loro estrema complementarietà in un’opera come questa.

top gun 2 tom cruise aeroplano

Il montaggio scandisce gli scontri da cardiopalma senza disorientarci e si nota la tendenza a sfruttare il cosiddetto stacco sull’asse, ovvero l’avvicinamento a un soggetto senza cambiare punto di vista o ricorrere alla zoomata; inizialmente può infastidire una fetta di pubblico, ma alla decima volta ci si accorge che, forse forse, si tratta di un effetto voluto. Tale espediente ricade soprattutto sui primi piani degli attori e tiene conto dello spazio angusto di una cabina di pilotaggio, oltre a rendere l’idea di un duello frenetico, dove basta un battito di ciglia per ritrovarsi in una situazione totalmente diversa. Un altro esempio di come i vari aspetti produttivi lavorino in armonia per evidenziare uno dei messaggi chiave della saga, ovvero “Lassù non c’è tempo di pensare. Se pensi, sei morto”.

cabina pilotaggio top gun

Meno gradevoli gli inserti degli spezzoni del primo film, trucchetto già utilizzato nel seguito di Blade Runner. Oltre alle differenze nella qualità visiva, si avverte una sensazione di superfluo, come se i flashback di Maverick volessero sbatterci in faccia un sentimento che poteva benissimo essere sussurrato. Insomma, la faccia di Tom è abbastanza eloquente. Se escludiamo questo autocitarsi estremamente didascalico, Kosinski ha scatenato i suoi talenti e ci ha regalato quella che a oggi è la sua opera più memorabile. Sul fronte sonoro troviamo Hans Zimmer e il suo collaboratore Lorne Balfe, accoppiata spesso dedita alla rielaborazione di soundtrack storiche. I due si appellano a Faltermeyer e propongono un accompagnamento musicale nella media, mentre la tracklist su licenza, pur comprendendo gente come David Bowie, non raggiunge le vette del 1986. Menzione speciale per Hold My Hand di Lady Gaga, la quiete dopo la tempesta.

Atterrati sulla portaerei, ci si sente come dei guerrieri alla fine di un’era, quella dei miti, che si avviano al crepuscolo mentre l’automazione avanza implacabile. Gli assi come Maverick sono una razza in estinzione che però ha ancora delle cartucce da sparare. Cruise si dimostra in grado di parlare a più generazioni e riesce a far sentire tutti giovani indistintamente, sia quando resuscita i bei tempi andati, sia quando ci ricorda che le cose cambiano. Analizzando la storia dal profilo sociologico, salta fuori lo specchio di un’America che ha bisogno di riscoprire la fiducia nei suoi valori. La parabola di Maverick insegna a raccogliere il proprio vissuto, incluse le vicende dolorose, per schizzare verso il futuro con il postbruciatore inserito. E non importa quale minaccia si affacci all’orizzonte, perché ci ritroveremo tutti – i cavalieri neri, i fan di lunga data, i millennials – a esclamare “Porca troia, sono Maverick e Goose!”.

poster top gun maverick personaggio

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