Perché il regno del teschio di cristallo va in frantumi.
di Alessandro Sivieri
Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta. Se ci pensate, la prima avventura del leggendario archeologo ha un titolo lungo come un treno, infatti quello vero e proprio si limita a I predatori dell’arca perduta. Poi abbiamo il quarto episodio del 2008, che vede Steven Spielberg e George Lucas rimettere mano alla propria creatura, con il ritorno di un Harrison Ford un po’ avanti con gli anni. A cavalcare un hype generalizzato è giunto Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. Non è lungo 16 chilometri, ma provate a leggerlo ad alta voce e suonerà strano. Sarebbe stato il caso di smussarlo un po’ e chiamarlo Indiana Jones e il teschio di cristallo. Esaurite le premesse, passiamo ai reali problemi della pellicola.
Il teschio di cristallo è l’erede di una delle saghe più amate di tutti i tempi, che ha consacrato Ford come archetipo dell’avventuriero moderno: all’apparenza un affascinante e stimato professore di archeologia, nel tempo libero un cacciatore di tesori che prende a cazzotti i soldati nazisti. Indy è coraggioso, sarcastico, donnaiolo e deciso a sottrarre preziosi reperti dalle mani sbagliate. Un suo ritorno dopo quasi due decenni di assenza non era scontato, ma Spielberg e Lucas si sono fatti prendere dalla nostalgia e dal richiamo del box office. Tenendo conto dell’impossibilità di accontentare i fan in modo unanime, è riapparso il professor Jones che tutti conosciamo, un po’ invecchiato ma sempre in gamba. Purtroppo viene affiancato da un ipotetico erede che si riduce a irritante spalla comica. Parliamo del giovane Mutt, il figlio che non sapeva di avere. Interpretato da Shia LaBeouf (all’epoca pupillo di Spielberg), il soggetto in questione è un bulletto sbarbato che finisce a tirare di scherma su una jeep e a dondolarsi nella giungla insieme alle scimmie.

Un finto passaggio di testimone dove Indiana resta sempre Indiana, ma ha figli e decide di sposarsi in nome di una serena e socialmente approvabile vita familiare. Vero, a una certa età è opportuno sistemarsi, ma le persone non cambiano mai fino in fondo e ridurre Indy a questi termini, se pensiamo alla sua natura indomita, è una scelta che fa cadere i testicoli. Eppure siamo lontani dal nocciolo della questione, perché a spezzare la magia non bastano certo un matrimonio tardivo e un figlio ritrovato. Un’altra debolezza si riscontra nel villain: Cate Blanchett è sempre affascinante, ma il suo agente sovietico simile a un automa non regge il confronto con la presenza scenica degli ufficiali nazisti. Esagerati, bidimensionali ma capaci di farsi detestare dal pubblico in modo genuino.
I russi, pur essendo il nemico naturale degli USA durante la Guerra Fredda, paiono soltanto un’ombra dei servi del Terzo Reich, e riescono perfino a penetrare indisturbati nel cuore del territorio nemico, raggiungendo una base segreta con un prigioniero del calibro di Indy. Poi abbiamo le esplosioni atomiche scampate grazie a un frigorifero, qualche citazione visiva a personaggi scomparsi (uno su tutti Sean Connery) e orde di insetti giganti mangiauomini presi da La mummia con Brendan Fraser. In pratica Indiana Jones prende in prestito elementi da una saga che a suo tempo si ispirò a Indiana Jones (che al mercato mio padre comprò). Attenzione, la minaccia non si limita a formiche e sovietici, perché nell’epilogo entrano in campo le creature fantascientifiche.
Il peccato originale di Indy 4 sono proprio gli alieni e i dischi volanti, che risultano fuori posto pur essendo il fulcro della storia. Che Spielberg avesse il pallino degli extraterrestri si era capito già da tempo. Con ET e Incontri ravvicinati del terzo tipo ha ampiamente dimostrato di essere un autore innovativo e in grado di azzeccare la formula vincente. Questa vena sci-fi autoreferenziale è invece uno scivolone, perché la saga di Indiana Jones si basa su reliquie di religioni abramitiche, pietre dai poteri arcani, sette assassine con i loro oscuri rituali. Il suo background non è mai stato fantascientifico ma mistico.
Nel quarto episodio l’atmosfera spirituale viene contaminata da incursioni spaziali. Di leggende sugli extraterrestri è pieno il mondo e un mistero è sempre un mistero, ma non riesco a concepire la coesistenza di fantasmi e omini verdi, specialmente in un prodotto a tema archeologico. Sarò vittima di un pregiudizio? Può darsi, ma non ho mai bocciato il cambiamento a occhi chiusi, apprezzando alcuni cambi di rotta in saghe storiche come Star Wars: i fan si erano indignati per l’azzardo di The Last Jedi, che invece ho apprezzato per la scrittura solida e i tocchi di classe. Qui cosa abbiamo? Se abbozziamo una scala dell’incredulità, Carrie Fisher che vola come Mary Poppins viene superata dai frigoriferi indistruttibili e dai tornei di fioretto sulle jeep.
Ripresomi dalla delusione, sono in attesa del quinto episodio, la cui natura resta ineffabile: tornerà l’Indy che tutti conosciamo, ma ci sarà quella discussa incoronazione di un degno erede? Salvo qualche escamotage narrativo, il nostro archeologo affronterà il peso degli anni e a un certo punto non bastano più battute sull’età per rendere credibile una scena action. Le aspettative sono alte e c’è chi ha paura di un Indy fin troppo arzillo, coinvolto in performance fisiche virtualmente fuori dalla sua portata. Sarebbe ugualmente dannoso un Indy passivo, magari seduto a leggere in un parco tra escrementi canini e piccioni rincoglioniti. Insomma, è giusto che il personaggio muoia con Harrison Ford?
Alcuni vogliono un Indy legato all’attore originale, altri sarebbero disposti ad accettare un passaggio di testimone, per non dire un reboot. Da appassionato faticherei a dire addio a Harrison, ma sarei curioso di vedere un interprete più giovane alle prese col personaggio, un po’ alla James Bond. Come prima scelta fa capolino Chris Pratt, che oltre ad avere già maturato esperienza in ruoli avventurosi, ha una fisionomia e un repertorio gestuale che ben si prestano alla natura scanzonata del celebre archeologo. Il mio collega Matteo Berta può non essere totalmente d’accordo, ma lo ha comunque inserito nella lista del casting immaginario per Indiana Jones 5 qui su Monster Movie. Io non escludo un Indy senza Ford, basta che la selezione venga fatta con cognizione di causa.
In attesa di novità come tutti voi, auguro centomila di questi anni a Ford ed evito di prenderlo in giro per la sua età con titoli come Indiana Jones e l’anca perduta. No, non ci riesco: Indiana Jones e gli aumenti Inps, Indiana Jones e il cantiere maledetto, Indiana Jones e il bacino di cristallo, Indiana Jones e la prostata infiammata, Indiana Jones e l’ultima dentiera…
Non perdetevi il saggio del collega Giovanni Siclari sui villain della saga di Indy:INDIANA JONES ALLA RICERCA DI UN VERO CATTIVO.
Concordo che Indiana Jones 4 (abbreviamo il titolo) sia una delusione, ma non sono d’accordo su alcune cose. In primis Shia funziona. In secondo luogo, niente eredi. Indy é lui, finito indy si passi ad altri personaggi, la fantasia ce. Coi reboot stanno rovinando il cinema. Chris Pratt ricorda in certe cose Harrison, o per meglio dire lo scimmiotta ma a livello di carisma é pressoché nullo se paragonato a Ford.