CAPTAIN MARVEL – La recensione in punta di piedi

Brie Larson e la Disney presentano Captain MeToo.

di Alessandro Sivieri

Nell’ambito della critica o del mero scambio di informazioni, Internet ci ha dato due grandi certezze: la prima, che è possibile esprimersi su qualunque argomento con velocità fulminea. La seconda, che a prescindere dalla nostra opinione, faremo arrabbiare qualcuno. Nel caso di film particolarmente discussi, il commento scritto diventa il mezzo ideale per sfogare l’ira repressa e fare del tifo da stadio. Qualche tempo fa abbiamo discusso del fenomeno in questo articolo. A cosa è dovuto il noioso preambolo? Al peso mediatico di una pellicola come Captain Marvel, capace di scatenare un vespaio che non tocca tanto i cultori del fumetto, ma i supporter di fronti politici opposti e gli attivisti per la parità di genere.

Alla vigilia del debutto di Brie Larson come eroina, ne abbiamo viste di tutti i colori: utenti che accusano la Disney di portare avanti un’agenda nazifemminista, Rolling Stone che apostrofa i detrattori del film come “maschi bianchi vergini” e l’aggregatore RottenTomatoes che arriva a censurare le recensioni negative, rischiando di non colpire soltanto i troll. Insomma, una scazzottata che non tiene conto della qualità intrinseca del film, quanto dei significati che vorrebbe veicolare (o che gli vengono attribuiti). Ci siamo sforzati di formulare un giudizio obiettivo sull’opera, superando le divergenze interne e la lieve antipatia provata dal sottoscritto per l’interprete principale. Al netto dei pro e dei contro, siamo al cospetto di una origin story priva di mordente, un riempitivo che getta alcune basi per gli sviluppi di Avengers: Endgame.

Sul fronte registico, il duo composto da Anna Boden e Ryan Fleck si limita a una messa in scena standardizzata e si affida agli effetti speciali, che offrono il massimo durante le fasi di dogfight. Non si colgono velleità autoriali, salvo una sequenza catartica che, grazie a un uso intelligente della camera a mano, si dimostra molto efficace. La colonna sonora non presenta alcun tema memorabile e rumoreggia sullo sfondo. L’ambientazione anni ’90 vive di piccoli accenni e richiami simbolici, ma non ha un’impronta stilistica simile a quella sfruttata da James Gunn per immergere i suoi Guardiani della Galassia nella cultura pop degli eighties. Il maggior problema è però la recitazione di Brie Larson: in una scena chiave, la sua Carol Danvers afferma di non dover dimostrare niente a nessuno. Paradossalmente, l’attrice non coglie l’insegnamento del proprio personaggio e sembra voler dimostrare al pubblico, in ogni secondo, di essere tosta e indipendente. Senza mai spingersi oltre le pose plastiche, gli sguardi intrepidi e i sorrisetti con il sopracciglio inarcato, la Larson mantiene un freddo distacco e non riesce a creare una connessione emotiva con lo spettatore.

Carol Danvers, la guerriera senza passato coinvolta nel conflitto tra Kree e Skrull (a lungo invocati dai fan), appare spersonalizzata e desessualizzata rispetto a colleghe come Vedova Nera (Scarlett Johansson) o Scarlet Witch (Elizabeth Olsen). Quest’ultimo fattore ha un ampio margine di dibattito: una supereroina non deve necessariamente girare in tuta aderente e sbattere il fondoschiena sullo schermo, senza contare che le tipe toste come Sigourney Weaver e Linda Hamilton non puntavano affatto sulla sensualità, mostrando talvolta connotazioni androgine. Esistono varie concezioni di femminilità, com’è giusto che sia, ma mettersi in gioco fisicamente non vuol dire per forza oggettificarsi (in fondo anche i vari Chris Evans e Chris Hemsworth non lesinano sui pettorali scolpiti). Se il corpo è lontano dai riflettori, la mente fatica in egual misura a guadagnare il primo piano. Perfino nello scontro finale, quando i poteri di Carol sono liberi da ostacoli, non viene comunicata l’emancipazione passionale della protagonista, appiattendo una stratificazione psicologica potenzialmente interessante.

Vi sono elementi narrativi impregnati di girl power ma vi assicuriamo che nessun maschio bianco della redazione si è irritato per questo. I flashback mostrano una ragazzina che non si ferma davanti alle discriminazioni e, dopo aver combattuto e fallito più volte, riesce a farsi strada in una società a misura di uomo. La creazione di un modello che ispiri le bambine è encomiabile ma non pionieristica, perché da Lucy Lawless a Gal Gadot, tale sentiero è già stato intrapreso con successo. Siamo in un’epoca dove le battaglie sociali contaminano pesantemente il cinema (vedasi la questione razziale in Black Panther), ma ricordiamoci che il fulcro deve essere una buona storia da raccontare e non la costruzione di feticci. Il passato di Carol assume dei tratti eccessivamente didascalici, con siparietti da pubblicità progresso che paiono troppo artificiosi per il loro scopo motivazionale. In mezzo ai ricordi e alla scampagnata da road movie con Nick Fury sorgono plot twist prevedibili, dove la protagonista scopre di essere la vittima di un inganno e la chiave risolutiva della guerra.

Scendendo dalla giostra, permane la sensazione di uno spin-off che sfrutta un messaggio sociale come alibi per non decollare mai (a differenza di Carol in modalità Tom Cruise). Non aiuta la strategia commerciale della Disney, che impiega questo Captain Marvel per creare uno spudorato deus ex machina in grado di prendere a calci Thanos e risolvere le grane dei Vendicatori in Endgame. Interpreti come Jude Law, Ben Mendelsohn e Samuel L. Jackson (digitalmente ringiovanito) non vanno al di là del minimo sindacale, mentre le scenografie e le comparse paiono trafugate da un’avventura dei Guardiani. Forse Carol Danvers potrà salvare l’Universo, ma l’alta dose di divertimento e un paio di momenti sentimentali non bastano a salvare il suo film d’esordio. Ci auguriamo che la guerriera riesca a dare il meglio in Avengers 4, circondata da comprimari in grado di stimolarla a livello dialogico ed espressivo. Siete rimasti delusi? Me too.

Nel caso ve la siate persa, ecco la diretta post-visione andata in onda su Facebook, dove esponiamo le nostre impressioni a caldo:

4 commenti Aggiungi il tuo

  1. Austin Dove ha detto:

    Ma appunto, avete ragione. Mi ricordo bene come nel primo thor c’è lui che si mette i jeans che tra poco non gli stanno da quanto è largo e grosso mentre l’assistente di Natalie se lo divora con gli occhi.
    Nell’universo marvel non è solo la femmina a essere sexy, lo sono tutti gli attori che interpretano eroi particolarmente fisici

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