THE GIFT – Mamma sensitiva contro i bifolchi

La ghost story di Sam Raimi nel profondo Sud degli USA.

di Alessandro Sivieri

Un dono insolito come quello della chiaroveggenza può trasformarsi in una maledizione, specie se a sfruttarlo è una giovane vedova circondata da violenti e ipocriti. Siamo in una cittadina della Georgia, dove Annie Wilson (una piacente Cate Blanchett) vive con i suoi tre figli in una casa isolata. Il marito è deceduto tempo prima e la donna si guadagna da vivere grazie a una facoltà “ereditata” dalla nonna: prevedere il futuro e leggere le carte. Questo thriller di un Sam Raimi in procinto di darsi alla saga di Spider-Man contiene parecchie sfumature sovrannaturali, che durante l’epilogo assumono un peso sbilanciato rispetto allo svolgimento da giallo classico. Buona parte del racconto sfrutta le visioni della protagonista per inscenare i pregiudizi dell’America rurale. Come ai tempi della caccia alle streghe, la “guaritrice” viene pubblicamente disprezzata e guardata con sospetto, ma al contempo cercata da chi si affida, per un motivo o per un altro, alla superstizione per affrontare i drammi quotidiani.

Cate Blanchett in the Gift

L’aspetto più interessante è infatti il rapporto tra Annie e i suoi clienti, piuttosto variegati: dalla giovane Valerie (Hilary Swank), succube di un marito che la picchia, al meccanico Buddy (Giovanni Ribisi), uomo introverso e dal carattere instabile. I fedelissimi basano le proprie scelte di vita e gli stati emotivi sulle premonizioni di Annie, diventandone dipendenti. Quest’ultima si preoccupa del loro benessere, arrivando a ricoprire il duplice ruolo di veggente e psicologa. I suoi consigli vanno oltre la lettura dei tarocchi e questo la porta a farsi dei nemici, come il rozzo marito di Valerie (un Keanu Reeves razzista). Il senso di giustizia di Annie confligge in modo evidente con l’incolumità della sua famiglia, e ne abbiamo la conferma quando in città viene uccisa una giovane di buona famiglia e la protagonista, tramite le visioni, riesce a localizzarne il cadavere.

Keanu Reeves in The Gift

“Sono Constantine, John Constantine, stronza!”

I poteri di Annie hanno dei limiti e non le permettono di identificare l’assassino con un margine sicurezza, tuttavia gli indizi conducono al personaggio di Reeves, che taccia la donna di volerlo incastrare per i recenti dissapori. La storia assume le tinte del dramma processuale mentre il mistero si infittisce ed emergono gli scheletri nell’armadio di una società perbenista. Annie e i suoi figli finiscono sotto un giogo mediatico che si dipana tra feroci accuse di stregoneria, calunnie e ricorrenti minacce. Come se non bastasse, le truci visioni continuano a tormentare la protagonista e appare sempre più chiaro che il vero assassino è ancora in circolazione.

Hilary Swank in The Gift

One Dollar Baby.

Nell’ultimo atto la sceneggiatura, che vede la collaborazione di Billy Bob Thornton, inizia a scricchiolare e la componente paranormale, tenuta a freno per tutto il film, si incarna in un repentino deus ex machina. Di impatto la cupezza e l’ambiguità che si respirano nella piccola comunità di Brixton, i cui abitanti hanno un rapporto ambivalente con le credenze ancestrali. Un pelo caricaturale la figura di Reeves, che tenta di imbarbarirsi con un look da proto-John Wick, bamboline voodoo e ingiurie xenofobe. Sulla medesima linea Giovanni Ribisi, archetipo del ragazzo complessato che vive nel proprio mondo, esplodendo con violenza in base a opportune trigger word.

Giovanni Ribisi in The Gift

“Ricordati del diamante blu! Il diamante blu… !”

Le sequenze oniriche hanno una buona costruzione ma sono dosate in modo prevedibile e il ritmo lento della pellicola produce tempi morti che spezzano la tensione. Il plot ridondante (medium e polizia che si accaniscono su un falso colpevole) mostra il fianco nell’epilogo, dove si intuisce facilmente l’esito degli eventi, come se potessimo usare il sesto senso della protagonista. Facendo slalom tra la ghost story, il crime thriller e la critica sociale, la scrittura non fornisce delle solide fondamenta  alla visionarietà macabra di Raimi. Una salvifica marcia in più viene dalla bravura della Blanchett, che espone in modo misurato la fragilità, il fascino e la tenacia di una “strega” dei tempi moderni. Peccato che, un po’ come le facoltà extrasensoriali, anche la vocazione per la suspense è un talento che può essere sprecato.

Cate Blanchet e lo sguardo sexy

Menzione speciale per il fantasma della futura Zia May che raccoglie ortaggi.

Per approfondire l’opera di Raimi date un’occhiata alla nostra recensione della sua fantastica trilogia: Evil Dead.

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