PREY – Nel bosco nessuno può sentirti urlare

Recensione del nuovo avvincente prequel della saga di Predator.

di Matteo Berta

Ci sono pochi franchise che hanno cambiato il genere di appartenenza nel corso della loro evoluzione. La saga di Predator ne è un esempio, essendo iniziata con un testosteronico tentativo di emulare il successo di Alien, ma ambientando le vicende sulla terra ferma e con dei Rambo intrisi di mascolinità anni ’80, per poi evolversi con il tempo fino ad arrivare al limite dell’action demenziale (basti vedere il tentativo di rebootare il brand con The Predator). Infine questo Prey rappresenta una nuova linfa produttiva che decide di portare il franchise in ambiti meno fantascientifici e spettacolari, ma più relegati a una naturalità terrena dal retrogusto rituale e meno tossicamente macho.

predator stretta di mano

Questo film è ambientato in territorio americano una trecentina di anni fa, all’interno di una comunità di nativi che ci fa tanto pensare che questo film possa essere una versione moddata di Assassin’s Creed III, dove al posto di qualche “bianco usurpatore” abbiamo dei simpatici e combattivi alieni imbattibili. L’incontro-scontro tra uomo e bestia risalta ancor di più quando sul ring vengono messi a paragone umani estremamente legati all’essenza arcaica del nostro pianeta e mostruosità totalmente aliene dai vari archetipi di mostri classici. Ma anche esseri viventi naturalmente agli antipodi possono garantirsi dei punti di contatto e in questo film il concetto viene espresso perfettamente dall’utilizzo dell’ingegno nelle strategie combattive. Perché di base un nativo americano non avrebbe speranze contro una specie tecnologicamente sviluppata, ma quando ci si immedesima nel mostro, quando si capisce l’obbiettivo dell’altro, allora vengono a galla i punti deboli e la battaglia non è più impari.

protagonista nel mirino prey

La forza di questo film sta proprio nell’accostare realtà opposte per far salire in superficie i punti di contatto, in modo da garantire parità di armi e di punti di vista, sia tra i combattenti diegetici che tra i mostri e lo spettatore. La storia che ci viene proposta è semplice: gli esseri umani sono privi di sovrastrutture da uomo moderno che in un contesto simile penserebbe solamente all’utilizzo del prodigio o ad altre macchinazioni “complesse”. Ci troviamo di fronte a una semplice storia di sopravvivenza dove l’antagonista va capito per potersi garantire delle possibilità di vittoria contro colui che mina l’ordine delle cose.

protagonista prey cacciatore

Dan Trachtenberg è un cineasta che si è dedicato principalmente all’ambito televisivo e così come il suo 10 Cloverfield Lane, anche questo film trasuda di elementi di scrittura che fanno più pensare a un lavoro per il piccolo schermo piuttosto che a un prodotto estremamente cinematografico. La percezione è che Prey sia un grande episodio pilota per portare il franchise di Predator all’interno di un nuovo mondo narrativo che non presupponga per forza di cose una saga cinematografica ampia e duratura, ma che si vada a guardare più verso storie episodiche fini a se stesse. Perché questo film è una bella storia d’azione che non punta a creare una backstory solida dei personaggi e non si pone nemmeno l’obbiettivo di costituire un mondo che possa presupporre una narrazione orizzontale cospicua in futuro.

prey antagonista film

Tecnicamente ci troviamo di fronte a un buon lavoro, dove ogni elemento è in buona relazione con tutti gli altri: la fotografia e gli effetti visivi sono sufficienti così come le scelte di montaggio non eccellono all’interno di una narrazione che richiede una spettacolarità limitata. Sicuramente avrebbe giovato una cura dei dettagli migliore, in particolare non si percepisce un gran realismo all’interno della comunità dei nativi americani, principalmente per una scarsa verosimiglianza dei costumi o del trucco e parrucco. La colonna sonora si limita a ricalcare le sequenze e non diviene mai un sostegno imponente nelle scene più importanti, ma per una tipologia di prodotto simile, non vi era nemmeno la necessità di martellare lo spettatore con qualche nucleo tematico estremamente riconoscibile.

In definitiva possiamo considerare Prey come un buon rilancio della saga predatoria, ma che rischia di passare un po’ inosservato per via della natura non troppo memorabile del progetto, che è ben realizzato, ma non sembra destinato a risvegliare del tutto un fandom del genere monster-slasher leggermente assopito negli ultimi anni.

Prey è disponibile in Italia dal 5 Agosto su Disney+.

Disponibile anche la nostra videorecensione!

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Fabio ha detto:

    Un buon film ma di certo NON il secondo miglior capitolo dopo il primo come vogliono farci credere i critici americani, purtroppo il politicamente corretto ha contagiato pure sto franchise e ci mostra una ragazzina indiana che fa la guerriera badass e si ribella al patriarcato (cosa mai successa tra i nativi americani) e che da sola picchia un Predator a mani nude, ma vabbè una saga giustamente testoseronica e mascolina deve abbassarsi al girl Power
    :(, almeno ha belle scene gore e il predatore primitivo spacca, ma contando tutti e 7 i film per me sta al penultimo posto, superiore solo a the Predator che era simpatico ma troppo scemotto

    1. Monster Movie ha detto:

      Diciamo che a livello tecnico non si riscontrano mancanze, la protagonista regge più per l’intensità emotiva che non per la fisicità. L’equipaggiamento del Predator primitivo si fa apprezzare, anche e soprattutto quando viene trovato il modo di usarlo contro di lui. La memorabilità non è a livelli altissimi ma è un passo avanti rispetto agli ultimi sequel.

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