WONKA – Occhio ad accettare i cookie

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Al costo di sole dieci sovrane avrete un biglietto dei Baci Perugina.

di Alessandro Sivieri

chiamami col tuo nome timothee chalamet

“Oh, io spacco i culi, adesso mi tuffo in una storia melensa per mostrarvi quanto sono bravo a cantare e ballare!”. Ebbene, capita che un attore sulla cresta dell’onda senta la necessità di ampliare il suo curriculum e di misurarsi con un genere mai affrontato in precedenza. Meglio ancora se tale scelta lo porta a concorrere per qualche premio prestigioso e a mostrare al pubblico le sue doti canore. Lo ha fatto Emma Stone con La La Land e si è pure portata a casa un Premio Oscar come miglior attrice protagonista! Bene, è il turno di Timothée Chalamet, classe 1995, novello sex symbol dalle sfumature efebiche che di talento ne ha da vendere: ha creato traumi sentimentali in Chiamami col tuo nome, si è abbuffato fino alle ossa in un road movie cannibale di Luca Guadagnino ed è pure diventato il Muad’dib!

gene wilder in willy wonka e la fabbrica di cioccolato

La sua bravura mostruosa viene messa al servizio di un prequel di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, basato a sua volta sul romanzo di Roald Dahl. Gli adattamenti cinematografici in verità sono già due e devono buona parte del loro successo alla performance degli interpreti dell’eccentrico magnate dei dolciumi: nel 1971 era Gene Wilder a prestare volto e cilindro a Willy Wonka, mentre nel 2005, con la firma del regista Tim Burton, è toccato a Johnny Depp. Il personaggio di Wilder è rimasto nella leggenda per la sua natura ambigua e disincantata, tanto da far dubitare al pubblico che Wonka tollerasse la presenza di qualsivoglia bambino all’interno della sua preziosa fabbrica (vivi o glassati, poco importa). Il Wonka di Depp offre una lettura differente del cioccolataio, un individuo fragile, segnato da traumi affettivi, la presenza scenica è deliberatamente ispirata a quella di Michael Jackson. In entrambe le versioni di Willy emergono i tratti scostanti di una personalità che si trova più a suo agio con i colori e i sapori delle caramelle che non con il mondo esterno.

wonka chalamet legge il giornale

SPOILER: può solo guardare le figure.

Che ne dite di un prequel che si focalizzi sulla giovinezza e l’ascesa di Wonka? Il punto di vista di Burton ce lo consegnava come un adulto rimasto preda dei conflitti insoluti con l’autoritario padre dentista, prima che le generazioni attuali potessero godersi Chalamet e i ricordi della dolce mamma cioccolataia Sally Hawkins (la tizia che ha regnato di brutto in The Shape of Water). La regia di Paul King, qui anche co-sceneggiatore, presenta Wonka come un giovane ingenuo, idealista e solare, lontano dal genio misantropo con la fabbrica ben avviata. Il Wonka esordiente serba il ricordo della madre, morta in povertà, e ha girato il mondo in cerca degli ingredienti più preziosi, inseguendo la formula del cioccolatino perfetto. Oddio, non cominciate ad andare in ipoglicemia reattiva?

chalamet wonka nelle gallerie gourmet

Ecco che Willy approda in una nuova città con il sogno di aprire una sua bottega all’interno delle rinomate Gallerie Gourmet, venendo ostacolato dai tre ricchissimi mastri cioccolatai del luogo (in pratica la Galleria Vittorio Emanuele II di Milano con un ipotetico racket della pizza di Cracco). Il caporione della triade mafiosa dolciaria è Arthur Slugworth (Paterson Joseph), apparso brevemente nel film del ’71 e totalmente assente nella versione di Depp. I tre magnati locali non sopportano la creatività di Wonka, il cui piglio artigianale e la sincera passione si contrappongono alla loro logica industriale, e mettono mano al portafogli per sabotarlo, corrompendo le forze di polizia a suon di calorie. Slugworth e soci si configurano come dei tipici villain da blockbuster per ragazzi, buffi nella loro malvagità, in preda ai conati quando sentono parlare dei poveri e istrionici nell’atteggiamento, al punto da darti la totale certezza che non possano costituire alcuna minaccia fin dal primo secondo di screen time. Alle incursioni nel dramma viene preferita una sorta di comfort zone narrativa, sulla falsariga del David Copperfield con Dev Patel o, se togliamo la componente musicale e coreografica, del Dolittle con Robert Downey Jr.

mastri cioccolatai in wonka 2024

Fin dalle prime battute Wonka scopre che l’inventiva e la buona volontà non bastano a farsi strada in questa metropoli steampunk ed è costantemente a corto di soldi, o meglio di sovrane, la valuta corrente. Come se non bastasse viene schiavizzato nel motel di due squallidi individui perché non ha letto completamente l’informativa della privacy (poi ci verrà detto che non sa proprio leggere e se ne vergogna); avete presente quando accedete a un sito e cliccate a caso sui consensi? Bene, il pernottamento ti costerà anni e anni di lavoro in lavanderia, mister Wonka. All’interno della struttura, Willy solidarizza con altri poveri diavoli tenuti in ostaggio dalla coppia, inclusa l’orfanella Noodle (Calah Lane), l’elemento più empatico del gruppo e quello che viene maggiormente preso dall’ammirazione per le creazioni del ragazzo. Tutti insieme, i lavandai proletari ordiscono un piano per vendere clandestinamente le caramelle di Wonka e risanare i propri debiti. Pian piano il cioccolato di Willy conquista il cuore e i palati della capitale, senza che i cattivi riescano a interromperne il flusso. Mannaggia, qui inizia il rischio diabete.

wonka e noodle film

La origin story dolciaria di Chalamet si snoda su un background scenografico e concettuale di stampo dickensiano, con un’enfasi sulle condizioni lavorative dei ceti medio-bassi, tenuti saldamente in pugno da un’élite di sfruttatori che utilizzano i cioccolatini alla stregua di una droga su cui vige il monopolio di Stato, qualcosa che dà dipendenza e che diventa al contempo un costume sociale (vedasi il capo corrotto degli sbirri che a furia di ingoiare tangenti non passa più dalle porte). Le conversazioni sui tetti e la gente che si solleva in volo o scoppia a ridere per effetti magici non possono che ricordarci Mary Poppins, sensazione che si acuisce quando Wonka tira fuori ogni tipo di oggetto da un cilindro che pare senza fondo. Lo stesso protagonista si definisce a più riprese mago e inventore, correndo a destra e a manca con il suo baule consunto, finendo ben presto per somigliare a… boh, il nipote hippie della famosa tata e di Newt Scamander?

wonka scena dello zoo

Lungo il canovaccio di una storia di formazione che non ha grandi lezioni da trasmettere (l’eroe fatica un po’ ad avviare il business e diventa meno scemo) e che non inciampa nemmeno per sbaglio nei dubbi morali, il vero mattatore non si rivela Chalamet con le sue gag incolori e nemmeno Olivia Colman nei panni di una losca albergatrice. No, la scintilla proviene da Hugh Grant miniaturizzato con la faccia arancione che fa i balletti. In questo preludio alla costruzione della fabbrica gli Umpa Lumpa ci vengono raccontati come una razza estremamente avanzata, orgogliosa e con un istinto protezionistico verso verso i frutti della loro terra, in particolare il cacao. L’aplomb inglese di Hugh crea una combinazione letale con la sua necessità di esprimersi attraverso numeri musicali, rendendo il suo personaggio godibile sia in veste di antagonista che di deus ex machina. Lo sapete, gli Umpa Lumpa diventeranno i principali dipendenti dell’impero economico di Wonka, quindi è impossibile restare immuni a quel bonaccione del protagonista. Oompa-Loompa doom-pa-dee-do, qua di insulina non ce n’è più.

hugh grant umpa lumpa in wonka

È un peccato che al termine di questo giro di dessert rimanga solo il sentore di un prodotto confezionato con tutti i crismi ma privo di una sceneggiatura che permetta a Chalamet di creare un alter ego minimamente sfaccettato o alla trama di posare su un qualche genere di lore (il contesto sociale e culturale in cui il protagonista tenta di inserirsi per realizzare il suo sogno). Ogni sforzo è diretto al design, ai vestiti, agli orpelli che arrivano a comunicarci qualcosa più dei personaggi che li indossano, come se l’obiettivo finale fosse uno spettacolo di Broadway. Ops, il mezzo espressivo scelto è il cinema ed è abbastanza insano limitarsi a inserire parentesi poco efficaci tra una parte cantata e l’altra. Poi vabbè, sull’ottimo ripescaggio di Pure Imagination non ci sentiamo di spargere sale.

wonka bottega del cioccolato albero

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. apheniti ha detto:

    “(in pratica la Galleria Vittorio Emanuele II di Milano con un ipotetico racket della pizza di Cracco)” …che è esattamente come mi immagino Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. 😀

    Sono indecisa se andare a vedere il film o meno, perché mi dà l’idea di… tutto molto colorato, tutto molto friendly, tutto molto vuoto di contenuti…

  2. Monster Movie ha detto:

    Diciamo che invece della torta Sacher ti ritrovi allo spaccio dolciario a prendere le cose a metà prezzo.

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