L’ORCA: Non è Jaws, non è Lupo, sa soltanto quello che non è!

Recensione del rifacimento nostrano dello Squalo in chiave “Orca Assassina”.

di Matteo Berta

In Italia, attorno agli anni settanta, si diffuse una becera pratica basata sull’emulazione. Un successo internazionale proveniente da oltre oceano, poteva essere preso come stimolo per rifacimenti paro-paro. Non stiamo parlando di un genere come quello degli Spaghetti Western, in grado di saper camminare con le proprie gambe e auto-imporsi a livello mondiale, parliamo di una serie di pellicole che avevano il solo fine di cavalcare l’onda del successo di un prodotto, cercando di ricopiarne le componenti il più possibile. Parliamo di pellicole come “L’Ultimo Squalo” di Enzo Castellari, pellicola denunciata dalla Universal per plagio o il finto sequel non autorizzato de “Alien 2 – Sulla Terra” di Ciro Ippolito, fino ad arrivare a prodotti non del tutto copiati beceramente, ma che rispettano le logiche e molti passaggi narrativi del prodotto “ispiratore”.

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L’Orca Assassina del 1977, rientra in quella categoria di produzioni. Essa molto probabilmente è stata messa in cantiere il giorno seguente all’uscita nei cinema de Lo Squalo di Steven Spielberg. Il produttore Dino De Laurentis incaricò lo sceneggiatore Luciano Vincenzioni di – testuali parole – “trovare un pesce più duro e terribile dello squalo bianco“. Lo sceneggiatore si mise subito al lavoro e grazie ai consigli del fratello appassionato di zoologia, decise di concentrarsi sulla specie dell’orca assassina. La regia venne affidata a Michael Anderson, regista di successo grazie alla pellicola de Il Giro del Mondo in 80 Giorni del 1956.

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Le riprese si svolsero nella città di Petty Harbor, l’orca usata per le riprese era un esemplare addestrato, proveniente dall’acquario di San Francisco, ma furono usate anche orche artificiali di gomma che conferirono una sensazione di “pasticcio produttivo”, andando a minare il normale svolgimento della continuity del film. Nonostante le metodologie per rappresentare l’orca protagonista fossero diversificate, per lo squalo della prima sequenza venne incaricato il famoso cacciatore Ron Taylor, che ne recuperò uno per la produzione.

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Il film è facilmente definibile come una “pacchianata“, ma per qualche oscura ragione, se ci trovassimo a raccontare a qualcuno lo svolgimento degli eventi, ne rimarremmo noi stessi colpiti, perché le parole che uscirebbero dalla nostra bocca sarebbero legate a una storia tanto assurda quanto drammatica. Se Jaws poteva puntare all’essenzialità narrativa “Caccia a uno squalo che ha seminato il panico“, per poi addentrarsi nelle dinamiche uomo-mostro in modo più viscerale, in questo caso ci troviamo già dal primo atto nel dualismo uomo-natura. Un giovane Richard Harris, prima di darsi all’Impero Romano e alla magia, decide di catturare un’orca per venderla e ricavare qualche spicciolo per comprarsi la barca ipotecata, ma nel momento della cattura, l’animale partorisce sulla sua nave.

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La scena mostrata è di una crudezza inaudita: sentiamo piangere in modo disperato l’orca e vediamo questo pupazzo ultra creepy del feto di orca rimbalzare a poppa. Da quel momento inizieranno i guai per il capitano Nolan, che si troverà ad affrontare una vendetta spietata da parte del “marito” dell’orca brutalmente catturata e uccisa. L’orca creerà talmente tanti danni al paesino di porto da costringere gli abitanti a spedire Nolan per mare e portare via da loro tutte le sciagure. In stile Quint vs Jaws, il capitano affronta il mare aperto e insegue l’animale che sembra avere un piano ben preciso: cercare uno scontro al polo nord. Dopo aver perso tutto il suo equipaggio a causa dell’animale, Nolan si troverà a fronteggiare l’orca a mani nude su una lastra di ghiaccio.

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I protagonisti di questo film sono tra i più stereotipati del Cinema: dopo averci presentato il moderno Achab, abbiamo una donna che inizialmente viene presentata come un’esperta oceanografica che odia i pescatori, ma che per qualche strana ragione, qualche minuto dopo diviene adoratrice di Nolan e si imbarca assieme a lui. Abbiamo il nativo americano saggio che racconta cose con aria di mistero e infine la serie di comprimari che sai già che son lì solamente per morire.

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L’Orca di Anderson è un goffo pasticcio produttivo che per qualche strana ragione ti rimane in testa. Uno dei pochi elementi positivi della pellicola è la colonna sonora di Morricone che non cerca di scimmiottare l’amico Williams.

L’Orca Assassina – Blu Ray

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3 commenti Aggiungi il tuo

  1. Celia ha detto:

    Ovviamente io tifo per l’orca.

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