SINDROME DI LAVANDONIA – La macabra leggenda dei Pokémon

La nostra ricostruzione di una delle Creepypasta più famose di Internet.

di Alessandro Sivieri

Pokémon franchise logo ufficiale

Che significato ha il numero 731? Cosa sono i toni binaurali? Troppe domande, siamo così confusi da colpirci da soli. Iniziamo con una panoramica sui Pokémon, franchise nipponico dedicato ai ragazzi che in più di 20 anni ha ottenuto un successo planetario. Il brand è stato concepito da Satoshi Tajiri, che da giovane si divertiva a collezionare insetti nei sobborghi di Tokyo. Appassionatosi di videogame e stretto un proficuo legame di amicizia con il designer Ken Sujimori, iniziò a lavorare per la Nintendo nei primi anni ’90. Chiamò la sua compagnia Game Freak e, scoperte le potenzialità del Game Boy, trascorse un lustro a lavorare alla sua creatura. Nel 1996, in Giappone, videro la luce Pokémon Green e Pokémon Red, le versioni originali del celebre gioco di ruolo. Questo getterà le basi di un marchio milionario che appassionerà diverse generazioni e che ha invaso il mercato mondiale con ogni mezzo: serie animate, carte collezionabili, gadget, figurine e perfino un film in live action: Detective Pikachu.

Detective Pikachu scena con Charizard

I Pokémon, sintesi di Pocket Monsters (mostri tascabili), sono esseri dalle mille abilità, in grado di dominare gli elementi e di evolversi in creature più potenti. Vengono allenati e fatti scontrare dagli umani in tornei che, a essere maligni, possiamo definire una sottospecie di lotta consenziente tra animali. Tra combinazioni strategiche di mosse, bestie leggendarie e scambi con gli amici, la creazione di Tajiri & soci ha dominato la nostra infanzia. Il numero di esemplari è cresciuto con costanza nel tempo, fino ai giorni nostri, con il fuoco di paglia dell’app Pokémon Go e gli episodi nuovi di zecca Pokémon Spada e Scudo, rilasciati per Nintendo Switch.

Ash Brock e Misty Pokémon serie

Nonostante le storyline del trainer in erba Ash Ketchum non brillino per inventiva, la dimensione fittizia dei mostriciattoli ha una profondità enorme e ha dato linfa vitale ad alcuni misteri, alimentati dai fan. Uno di questi, forse il più elaborato, deriva dai primissimi titoli dei Pokémon, che noi di questa redazione abbiamo conosciuto in tenera età. Pensate che, in onore delle ore pomeridiane trascorse con loro, gli abbiamo dedicato un Bestiario!


I SEGRETI DEL GIOCO

Quando andavamo alle scuole elementari, un videogame con grafica 3D non sarebbe partito su un dispositivo portatile nemmeno con delle batterie al plutonio. Eppure quella manciata di pixel su un monitor quadrato era sufficiente a meravigliarci, perché era simbolo di una rivoluzione tecnologica, e lo spazio a disposizione (sia visivo che in termini di potenza di calcolo) era sfruttato con inventiva. Per quanto grezzo, il prodotto introdusse meccaniche di base che sono rimaste inalterate nel corso del tempo, catapultando i gamer in un setting dalla piacevole varietà: cittadine, grotte, isole e montagne. C’erano tosti capipalestra da battere, nascondigli da visitare e tornei da vincere. Con un paio di pile di ricambio e l’assenza di adulti rompiscatole, avevamo circa 16 ore di autonomia.

Pokémon Rosso Blu Gameboy cover

I Pokémon rari facevano gola, al pari di presunte location che nessuno aveva mai visitato prima. La fantasia infantile e le voci di corridoio contribuirono alla diffusione di tecniche segrete per sfruttare i glitch del gioco. Alcune erano efficaci: ricordiamo la Città dei numeri, una sorta di mappa danneggiata e altamente instabile. Vi si poteva accedere tramite una serie di azioni nei pressi della Zona Safari. Oltrepassata una porta, ci si trovava in una dimensione composta da simboli alfanumerici e sprite (frammenti di case, di terreno e di alberi) posizionati a casaccio. Gli elementi dello scenario mutavano in base ai nostri spostamenti, a volte sparendo del tutto. C’erano dei modi per andarsene, ma se per disgrazia non si trovava una via di fuga o si salvava la partita nella Città, l’unica soluzione era ricominciare la storia.

Città dei numeri Bug dei Pokémon

Un argomento gettonato dai passaparola era il sistema per catturare l’elusivo Mew, il Pokémon #151 che di norma non è reperibile nel gioco. Molti sostenevano che si trovasse in un camioncino posizionato sul molo della Motonave Anna, ma tale ipotesi è stata di recente smentita. Il sottoscritto ha avuto il piacere di possederlo per un breve periodo, grazie a un compagno di scuola che era riuscito a clonarlo e trasferirlo tramite scambio. I dettagli della sua origine non erano chiari, ma sapevo che quel Mew proveniva da una versione in inglese. Me lo sono goduto finché la sua presenza, per motivi ugualmente ignoti, mi ha corrotto il salvataggio. Attenzione, esiste anche un Pokémon apocrifo numero zero, chiamato MissingNo (che sta per missing number).

Missingno Bug del gioco Pokémon

Negli episodi Rosso, Blu e Giallo era possibile incontrarlo grazie a uno stratagemma e catturarlo. Essendo un errore di programmazione, appariva in diverse forme e poteva causare il crash del gioco ancora prima di iniziare la lotta. Se posseduto dal giocatore, c’era un serio rischio di danni al progresso della partita. Alcuni smanettoni lo giudicavano una versione buggata di Mew, altri il protagonista di un complotto. E qui giungiamo al piatto forte dell’articolo: le leggende metropolitane e le cospirazioni che circondano il franchise. Teorie di facile presa, talvolta complesse, che nell’era del Web sono identificabili come Creepypasta.


LE CREEPYPASTA

Leggenda Slenderman fotomontaggio

Questi fenomeni di Internet consistono in una serie di riflessioni e racconti a tema horror, che circolano sui social network, nelle image board o in forum dedicati. Il termine deriva dall’unione di creepy (spaventoso) e copy & paste (copia e incolla), dato il loro metodo di diffusione. Un buon portale dove potete saziarvi a volontà di “pasta” è Creepypasta Italia. Se volessimo sfruttare le metafore culinarie, ogni racconto è un pasto in porzione singola, da consumare alla buona per poi passare ad altro.

Slenderman personaggi delle Creepypasta

Diverse Creepypasta partono da un fotomontaggio inquietante e portano alla ribalta un personaggio carismatico, come nel caso del malefico Slender Man. Lo spilungone senza volto è apparso in una serie di videogame e nell’omonimo lungometraggio. Di recente a occupare il podio delle entità mitiche è arrivato Siren Head, al quale il collega Manuel Bestetti ha dedicato un approfondimento. A noi però interessano le storie macabre che partono dalla dimensione dell’innocenza, ovvero i prodotti di intrattenimento per bambini.

Bianca e Bernie messaggio subliminale

La Casa di Topolino è una delle principali “vittime” dei mitomani, i quali si focalizzano sui presunti legami di Walt Disney con il nazismo e sui messaggi subliminali (a sfondo satanico o sessuale) che apparirebbero in certi frame dei cartoni. Almeno uno di questi è stato verificato: nelle vecchie edizioni de Le avventure di Bianca e Bernie, durante una scena di volo, è presente una figura in un paio di fotogrammi. Una delle finestre mostra una donna in topless e con il volto celato. Lo scherzone di qualche stagista animatore sottopagato? Può darsi, ma per un’azienda che fonda il proprio core business sulla felicità dei più piccoli, non è certo una bella pubblicità.

Topolino Mickey Mouse Disney
Suicide Mouse Topolino Horror

Parimenti alle accuse di satanismo nei grandi classici, sono nate storielle originali che incarnano lo spirito delle Creepypasta, come quella di Suicide Mouse, incentrata su un filmato perduto della Disney dove Topolino percorre mestamente una strada. La musica si fa sempre più distorta, insieme alle architetture dello scenario, mentre in sottofondo si sentono delle urla strazianti e Topolino assume, con un gran sorriso, dei connotati mostruosi. Un ennesimo esempio di come i media a misura di famiglia possano diventare cibo per gli incubi. Le “robe da bambini” sono un terreno fertile per le fantasie distorte degli adulti, in virtù del delicato compito che assolvono: divertirci, ma anche trasmetterci delle lezioni edificanti in una fase cruciale del nostro sviluppo.

Complotti Disney con Topolino

Da piccoli assimiliamo i contenuti senza un filtro critico e qualunque tipo di esperienza, positiva o negativa, può contribuire alla formazione di una scala valoriale e di un equilibrio emotivo. I giovanissimi potrebbero assistere a ogni bruttura alle spalle di mamma e papà, specie se si cela in un cartone animato. Ecco spiegata l’isteria per i messaggi subliminali, sebbene sia alquanto ridicolo ipotizzare una progettualità su larga scala dove ogni avventura di Winnie the Pooh nasconde un decimo di secondo pieno di bestemmie in lingua polacca, con lo scopo di renderci dei perfetti serial killer. Se siete dei fanatici religiosi o dei sociopatici brufolosi che vivono nel sottoscala dei genitori, la cosa può avere un senso.

Porygon Pokémon episodio crisi epilettiche

Il corposo preambolo ci insegna che se un franchise per l’infanzia ha fama e successo, verrà passato al setaccio da studiosi e da fan di lunga data che si diletteranno a espanderlo, inventandosi dei contenuti non ufficiali che spesso vertono sul macabro. Come per la Disney, basta un singolo precedente a innescare il processo, e nell’ambito dei Pokémon facciamo riferimento a un episodio della serie anime, intitolato Electric Soldier Porygon. Andato in onda nel 1997 su TV Tokyo, era basato sull’incontro tra i protagonisti e il discusso mostriciattolo virtuale, con tanto di viaggio nel cyberspazio. Una delle sequenze finali mostrava una rapida alternanza di luci rosse e blu, lampeggianti a una frequenza di 12 Hz per svariati secondi. Molti spettatori accusarono cefalea, disturbi alla vista, vertigini e nausea. I più sensibili ebbero degli attacchi epilettici. Le persone colpite furono circa 12.000, di cui 685 bambini.

Pokémon Pikachu horror

I media giapponesi battezzarono l’evento “Pokémon Shock” e la Nintendo riscontrò evidenti perdite in borsa. La scena incriminata fu erroneamente riproposta da un telegiornale, causando ulteriori disagi. Le stazioni televisive si scusarono pubblicamente e l’episodio in questione non venne più trasmesso sul piccolo schermo o inserito nelle edizioni home video dell’anime. Vennero addirittura stabilite delle linee guida per le serie animate, in modo da limitare colori intermittenti ed eccessivo stress oculare. Il danno era fatto e i teneri Pokémon avevano guadagnato, a discapito dei creatori, un lato oscuro, come se non bastassero le controversie sulla crudeltà verso gli animali (ricordiamo l’analogia con gli scontri clandestini tra bestie). Sono spuntate diverse Creepypasta di pregio sul brand, come la teoria del coma di Ash, ma quella che analizzeremo affonda le sue radici negli stimoli audiovisivi occulti, ricamando sulle dinamiche dell’incidente di Porygon. Cari allenatori e allenatrici, benvenuti nella funerea Lavandonia!


LA TORRE POKÉMON

Torre Lavandonia Pokémon

La città di Lavandonia appare nei giochi della prima generazione, della seconda e nei remake di queste ultime. È un luogo tetro, diverso dagli altri e privo di una palestra. Secondo le parole di Uchitada Seki, supposto dipendente della Game Freak, fin dall’inizio vi era l’intenzione di rendere Lavandonia speciale. In questa ambientazione si può ascoltare una deprimente musichetta a 8 bit, alla quale dedicheremo il prossimo capitolo. Entriamo per prima cosa nella Torre Pokémon, che è a tutti gli effetti un cimitero di mostriciattoli. Qui gli allenatori e i cittadini si recano a visitare le tombe per rendere onore ai loro amici deceduti. La zona è infestata da numerosi Pokémon di tipo Spettro ed è pattugliata da uno stuolo di medium. Palese il significato di tale location: tratta il tema del lutto, abbastanza delicato per i bambini. Sottolinea il fatto che i Pokémon possano soffrire e morire come tutti gli animali.

Torre Pokémon Lavandonia sindrome

Nella Torre appaiono svariati spettri dalle fattezze nebulose, che non riusciamo a identificare come Pokémon (Ghastly e Haunter) fino a quando non otteniamo la Spettrosonda. È presente inoltre una sorta di boss da sconfiggere, ovvero l’anima di un Marowak, nello specifico una madre morta nel tentativo di proteggere il suo piccolo Cubone dal Team Rocket. Sconfitto lo spirito, il giocatore può accedere al piano più alto della Torre e salvare l’anziano Mr. Fuji, tenuto in ostaggio proprio dai Rocket. Un aspetto disturbante di Cubone è il fatto che indossi come un elmo il teschio della madre defunta. In virtù di questa abitudine, nessuno ha mai visto il suo vero volto. Ora viene il bello: stando alle Creepypasta che potete leggere sul Web, nelle vecchie versioni Rossa e Verde comparivano entità ben più terrificanti.

Sindrome Lavandonia Red is Dead

Il loro nome in codice è White Hand Sprite (WhiteHand.gif), Ghost Animation (codificata come Haunting.swf) e Buried Alive Model (nome alternativo Buryman Script). La White Hand è una mano bianca gigante, appartenente a un cadavere, che presenta dei dettagli piuttosto realistici, tra cui tendini penzolanti e dita rattrappite. Quando lancia il suo attacco “Brutalità”, esegue una animazione incompleta, proprio quando sta per aprirsi. Questo arto zombie si trovava originariamente al terzo piano della Torre. La Ghost Animation si attivava in vari punti dell’edificio e si componeva di 59 frame; metà di essi erano il modello standard di fantasma all’interno del gioco. Pare che in altri fotogrammi entrassero in scena volti urlanti, cadaveri e il Tristo Mietitore in persona.

Pokémon prima versione White Hand Sprite

Il Buried Alive Model era invece il boss in cima alla Torre, prima che il team di sviluppo lo sostituisse con lo spettro di Marowak. Dopo un veloce dialogo, dove dichiarava di sentirsi solo e invitasse il giocatore a unirsi a lui, iniziava un classico combattimento. Ecco che una gitarella al cimitero diventa un duello con un redivivo! Nella lotta, Buried Alive fa le veci di un allenatore e ha l’aspetto di una carcassa decomposta che affiora dal terreno. Tra i suoi Pokémon vi sono due White Hand. In caso di sconfitta, Buried Alive avrebbe esclamato “Finalmente, carne fresca!”, mandando la partita in Game Over. Il gioco sarebbe finito con un frame dove lo zombie trascina il giocatore Red sottoterra, accompagnato da una musica di nome staticmesh.wav che si sarebbe protratta fino a una nuova schermata di avvio.

Esistono video su YouTube dove viene mostrato lo scontro con Buried Alive, ma è evidente che si tratti di versioni del gioco modificate in modo artigianale. Se vogliamo essere pignoli, l’inserimento di tali entità, con tanto di animazioni complesse, avrebbe spinto il motore grafico oltre i propri limiti. Non ci sorprende che quando un furbone pubblica una clip dove documenta l’incontro, faccia uso di un emulatore e si batta con delle White Hand totalmente statiche. Ci chiediamo poi come farebbero questi easter egg macabri a causare traumi concreti ai bambini. Eh sì, oltre che brutti erano altamente dannosi. Secondo una sedicente relazione interna, condotta dalla Game Freak nel Giugno 1996, alla vista delle immagini centinaia di scolari giapponesi manifestavano emicranie, nausea, scoppi di violenza, insonnia ed emorragie. Tutto questo per dei pixel cadaverici? No, qualcosa di più grosso bolle in pentola. La storia di Buried Alive è solo un antipasto della Sindrome di Lavandonia, basata in gran parte sulla musica.


LA SINDROME DI LAVANDONIA

Spartito Musica Lavandonia Pokémon

L’intricato racconto della Lavender Town Syndrome mette in sinistra correlazione la Seconda guerra mondiale, un piano perverso per restaurare l’Impero del Giappone e il sinistro tema musicale dei Pokémon. La colonna sonora della città di Lavandonia è diventata iconica per la sua aura lugubre, ma non ha recato danni a cose e persone. La Creepypasta ci svela che Uchitada Seki, Ise Mitsutomo e Satou Harue, tre dipendenti della Game Freak, erano a conoscenza di una versione preliminare della canzone, leggermente diversa da quella che possiamo ascoltare. La musica originale, più spaventosa, comprendeva dei toni binaurali, in grado di influenzare la mente umana.

Schema con toni binaurali

I binaural beats esistono davvero e sono degli infrasuoni con una frequenza variabile, che si spinge oltre l’udibilità dell’orecchio umano. Si tratta nello specifico di due suoni sovrapposti che presentano una determinata differenza di Hz tra loro (nel caso di Lavandonia sarebbero 30). Il cervello, per “risolvere” la discrepanza tra l’orecchio destro e l’orecchio sinistro, genererà in modo automatico un terzo tono che equivale alla succitata differenza. Nell’esempio qui sopra, l’output cerebrale corrisponde a 10 Hz. Ascoltare questo tipo di tracce con un paio di auricolari può alterare il nostro stato emotivo, creando angoscia e disorientamento. Esistono delle app come iDoser che consentono agli utenti di scaricare dei brani, venduti dai creatori come “droghe sonore” e con presunti effetti psicotropi. Film come Paranormal Activity includono dei toni binaurali nelle scene chiave, per accentuare la paura dello spettatore.

Sindrome Lavandonia Charmander spaventoso

Inseriti di proposito nelle prime edizioni del videogame, questi effetti ebbero delle conseguenze devastanti sul piano clinico, analogamente alla controparte grafica Buried Alive: aumento dell’aggressività, disturbi del sonno, sanguinamento dal naso e dagli occhi, dipendenza dal gioco e momenti di apatia. Bastava arrivare nella città di Lavandonia e la musica maledetta si scatenava. Pare che colpisse solo i bambini tra i 7 e i 12 anni (target principale del franchise), in quanto le frequenze erano scarsamente udibili dagli adulti. Tutto questo, come ci ricorda il complotto, emerge dalle indagini riservate della Game Freak e non da rapporti ospedalieri o diagnosi di medici professionisti. Nei casi più estremi (circa il 67%), i ragazzi giapponesi accusavano emorragie cerebrali, si incidevano dei simboli sulla carne viva e compivano il suicidio. Oltre ai raptus autolesionisti, attaccavano i coetanei, i membri della famiglia e funzionari governativi.

Pokémon Red allenatore con fantasmi

Chi era il responsabile di tutto questo? Chi si sarebbe mai sognato di inserire contenuti dannosi e manipolatori in un RPG per ragazzi? La risposta viene proprio da Harue Satou, che rilasciò diverse interviste a giornalisti e blogger prima di morire per una leucemia il 3 Maggio 2001. In qualità di sound designer della compagnia, aveva lavorato alla colonna sonora in oggetto e, presa dal senso di colpa, diramò l’allarme quando si verificarono i primi malesseri. Per quale motivo applicò i toni binaurali? A fargliene richiesta fu il marito Shin Nakamura, anch’egli impiegato di fiducia della Game Freak. A quanto pare Nakamura sperimentò il brano sul piccolo Ken, figlio di sei anni della coppia. Mentre dormiva nel suo letto, il padre gli mise delle cuffie e fece partire la traccia. Ken manifestò in breve tempo i sintomi: prese un coltello da cucina e si incise sul corpo due simboli Kanji che significano “Imperatore”. Egli divenne sempre più instabile, fino a uscire in strada e tentare di attaccare i passanti, inclusi due passeggeri di un’auto che fuggirono di corsa. In ultima, si tolse la vita.

Bandiera giapponese Lavandonia creepy

Preso dal rimorso, Shin Nakamura andò nella foresta Aokigahara (il celebre bosco dei suicidi) e si impiccò a un albero, lasciando una lettera alla moglie. Spiegò di essere ossessionato dalle visioni del lavoro di suo padre e dichiarò che il piccolo Ken sarebbe stato il martire di un secondo Grande Impero Giapponese. Insomma, Nakamura era un nazionalista esaltato, al punto da ingannare la moglie, sacrificare il figlio e fare il lavaggio del cervello ad altri bambini tramite messaggi subliminali, solo per riportare l’Impero agli antichi fasti. La Game Freak, avendo un quadro completo del fattaccio, ritirò con discrezione le copie di Pokémon Rosso e Verde. Per fortuna la distribuzione era limitata al Giappone e nessun ragazzino occidentale ha potuto sperimentare la musica maledetta. Su YouTube gira una traccia che, a detta della community, è il tema originale di Lavandonia. Per quanto ci riguarda, non siamo usciti ad accoltellare gente per strada, ma di certo questo brano mette a disagio. Ascoltatelo a vostro rischio e pericolo.

Shin scriveva di aver agito in base al lavoro di suo padre. Chi era costui? Si chiamava Hoshu Nakamura e, secondo Harue, era un individuo prudente, tradizionalista, che aveva una bandiera imperiale sulla parete. La leggenda sostiene che Hoshu, durante il Secondo conflitto mondiale, fosse un membro della famigerata Unità 731, che si occupava di guerra batteriologica. Egli operava in una location ad alta sicurezza e ricopriva il prestigioso ruolo di “Direttore della sperimentazione relativa all’ingegneria acustica”. Può darsi che il seme della canzone di Lavandonia fosse nato decenni addietro, in mezzo alle urla dei prigionieri torturati. A questo punto la Creepypasta si infittisce e parla di un misterioso Pokémon #731, nascosto nel gioco e catturabile nel Percorso 7, posizionandosi sulla trentunesima zolla d’erba. Un altro metodo sarebbe il glitch per scovare MissingNo, ovvero parlare con un vecchio e recarsi sull’Isola Cannella, premurandosi di chiamare il proprio personaggio “gca“, in modo da sfruttare il valore esadecimale del nickname.

Shiro Ishii Pokémon 731

Quando parte il duello, in sottofondo risuona ancora lei, la mefitica musica di Lavandonia, tre volte più veloce. L’aspetto del Pokémon #731 alterna una ventina di frame statici, con una bassa risoluzione. Se si tenta di catturarlo, il gioco si blocca. Cosa rappresentano quelle immagini? Sono foto di edifici, medici e cadaveri, oltre a una bandiera nipponica con il già citato Kanji imperiale. Accostandole a contenuti trovati in Rete, ci si accorge che combaciano con il materiale d’archivio dell’Unità 731. Appare inoltre il ritratto di un ufficiale con gli occhiali. Si tratta di Shiro Ishii, scienziato, generale e coordinatore della suddetta unità durante la guerra. Ci stiamo riferendo, per far quadrare il cerchio, al diretto superiore di Hoshu Nakamura, la cui mente era pervasa da analoghi sentimenti fanatici e da una incrollabile fedeltà nell’Impero. Abbiamo accumulato alcune schermate di gioco che ritraggono i frame per confrontarle con le foto storiche. È ipotizzabile che provengano da versioni emulate e hackerate del gioco, in molteplici lingue.

I frame, dalla fattura approssimativa, mostrano il suddetto Ishii, il complesso principale del suo comando a Ping Fang, la facciata di un edificio con delle ciminiere e un uomo con mascherina chirurgica, intento a manipolare un cadavere. Per comprendere le reali implicazioni di questa teoria, dobbiamo fare un salto nel passato e raccontare la barbarie di questa ex-organizzazione militare, i cui membri si sono resi responsabili di crimini contro l’umanità, riuscendo in gran parte a farla franca. Benvenuti nell’orrore senza pietà. Benvenuti nell’Unità 731.


L’UNITÀ 731

Shiro Ishii, brillante microbiologo, fece valere le sue doti già ai tempi degli studi universitari, occupandosi di colture batteriche. Diventato ufficiale medico, sostenne per anni la necessità di sviluppare letali armi biologiche per fronteggiare il nemico. Non passò molto prima che venisse notato dai suoi superiori, che gli assegnarono il controllo della neonata Unità 731, con il grado di tenente generale. La base operativa venne allestita nel campo di Ping Fang, a nord-est della città di Harbin, nello Stato del Manciukuò. Il complesso occupava circa 6 chilometri ed era suddiviso in più di 150 edifici. Ishii era a capo di circa 10.000 persone tra ricercatori e militari. La zona venne recintata ed era proibito sorvolarla. La squadra era denominata in via ufficiale “Ministero della prevenzione epidemica e purificazione dell’acqua dell’esercito Guandong”, quando in realtà lo scopo era sviluppare tossine e agenti contaminanti a uso bellico. Il gruppo sfruttava come cavie migliaia di civili, tra cui anziani, donne e bambini. In quanto a crudeltà, non avevano nulla da invidiare ai vari Mengele, Clauberg e altri aguzzini nazisti.

Membri dell'Unità 731

I membri dell’unità avevano un macabro senso dell’umorismo e chiamavano le loro vittime “Maruta“, che significa “pezzi di legno”. Pare che le informazioni ufficiali parlassero di quello stabilimento come una segheria. La loro attività doveva rimanere segreta, poiché violava il protocollo di Ginevra firmato nel 1925 (ma ratificato dal Giappone solo nel 1970). Questo spiega, in parte, il nomignolo. Consideriamo poi che ai tempi, nella mentalità Giapponese, le altre razze erano inferiori e arrendersi non era contemplato. Per questo i prigionieri, che evidentemente non si erano battuti fino alla morte, non erano più esseri umani agli occhi di Ishii e dei suoi compagni, ma oggetti sui quali avevano il potere assoluto. La California State University stima che il numero delle vittime, inclusi i civili infettati, si aggiri intorno alle 200.000, sebbene non manchino ipotesi più moderate.

Unità 731 scienziati e prigionieri

Le cavie venivano selezionate tra la popolazione cinese dei territori limitrofi, rapendo giovani e anziani in modo indiscriminato. Vi stazionavano inoltre prigionieri russi, coreani, mongoli, inglesi e americani catturati durante il conflitto. Nel campo degli orrori finivano anche i dissidenti politici prelevati dalla Kempeitai, la polizia militare nipponica. Gli esperimenti erano intrisi di sadismo e formano un elenco allucinante: le vittime venivano vivisezionate senza anestesia, spesso dopo essere state infettate con terribili malattie. La sezione in vivo non risparmiava nemmeno feti e donne gravide. Gli arti dei prigionieri furono congelati e poi scongelati con acqua bollente, o amputati per osservare le conseguenze. Vennero utilizzati bersagli umani per granate, bombe chimiche e lanciafiamme. Ad altri venne iniettata urina di cavallo nei reni, o sangue animale in tutto il corpo. Molti vennero appesi a testa in giù per cronometrare la morte per asfissia, o lasciati senza cibo e acqua per esaminarne lo stato di denutrizione.

Esperimenti sui prigionieri Unità 731

Non finisce qui: gente messa dentro una centrifuga o in una camera ad alta pressione fino alla morte; irradiazioni con dosi letali di raggi X; iniezioni di bolle d’aria nel flusso sanguigno per simulare embolie; esposizione a colera, antrace, vaiolo e peste bubbonica; stupri in branco, esecuzioni sommarie e pestaggi; vi furono anche dei test con i toni binaurali, gli stessi di cui parla la Creepypasta. Dato che il fine era lo sviluppo di armamenti, vennero ideati da Ishii degli speciali ordigni pieni di materiale infetto e con un rivestimento in ceramica. Vennero lanciati attacchi biologici su diversi villaggi cinesi e nelle regioni limitrofe. I commando giapponesi contaminavano le sorgenti d’acqua e le risorse come grano, riso e cotone, esponendo milioni di persone al potenziale contagio. Nello stabilimento si potevano produrre in pochi giorni 30 kg di bacilli della peste, senza contare le scorte di batteri e altri agenti patogeni. Alcuni di questi magazzini, colmi di materiale pericoloso, vennero scoperti decenni dopo.

Medici Unità 731 malattie

Nel Web girano immagini di natura scioccante, che eviteremo di mostrarvi. Vi basti sapere che si respira la medesima atmosfera dei campi di concentramento in Europa. Inoltre la ricerca stava dando i suoi frutti e il Giappone pianificava di colpire San Diego, in California, con un attacco biologico. Il lancio dell’ordigno era programmato per il 22 Settembre 1945, ma l’Impero si arrese cinque settimane prima. Che fine fecero questi folli scienziati alla fine della guerra? Il 9 Agosto 1945 l’armata rossa invase la Manciuria e l’Unità fu formalmente smantellata. Molti edifici vennero dati alle fiamme insieme a quintali di documenti. Prima dell’evacuazione, sul territorio vennero liberati migliaia di ratti infettati con la peste e le residue cavie umane furono uccise tramite fucilazioni o iniezioni di cianuro. L’astuto Ishii chiese all’esercito nipponico di bombardare le strutture restanti, ma queste erano ben fortificate e non subirono ingenti danni.

Base Pingfang unità 731

Il personale medico del team fuggì a Tokyo, mentre Ishii e il suo stato maggiore, risultati irreperibili nei mesi a seguire, vennero catturati e interrogati dalle truppe degli Stati Uniti. Il generale Douglas MacArthur, asceso al comando supremo delle forze alleate, concesse loro l’immunità in cambio dei segreti sugli esperimenti batteriologici. Shiro Ishii e i suoi fidati collaboratori vennero perciò rispediti in patria senza subire alcuna punizione, nonostante la repentina denuncia del’intera Unità 731 all’ONU per crimini contro l’umanità. Trenta membri del gruppo vennero processati al tribunale di Tokyo nel 1948 e condannati, ma nessuna sentenza di morte fu eseguita. Nel 1958 vennero rilasciati. Nel 1949 in Unione Sovietica vennero portati alla sbarra altri 12 componenti delle unità mediche, con l’analisi di ben 18 volumi di interviste e testimonianze dei soldati giapponesi sulle atrocità commesse. Gli scienziati confessarono i crimini, inclusi quelli contro donne e bambini, e vennero condannati a semplici pene detentive. Nel 1956, anno della morte di Stalin, furono anch’essi rimpatriati.

Shiro Ishii generale Unità 731

Calmatesi le acque, molti ex-membri della squadra si costruirono una carriera in campo farmacologico, politico e accademico. Il generale Masaji Kitano, secondo comandante dell’Unità, fece fortuna con la Green Cross, la prima banca del sangue Giapponese. Tra i fondatori dell’azienda figura anche Ryoichi Naito, un tempo tenente colonnello e punto di riferimento per lo sviluppo di armi biologiche. In quanto a Ishii, si assunse tutte le responsabilità dell’accaduto e giurò di aver guidato ogni operazione all’insaputa dell’Imperatore Hirohito. Pare che trascorse del tempo nel Maryland, contribuendo alla ricerca in campo medico, dopodiché si ritirò a vita privata nella prefettura di Chiba, vicino a Tokyo. Non ricoprì cariche importanti ma visse da uomo libero, godendosi la pensione da generale. Morì a 67 anni di cancro alla gola. Questo criminale di guerra, analogamente ai suoi compagni, non pagò mai per le crudeltà commesse.

Museo Unità 731 cina
Uno scatto dal museo dell’Unità 731 di Harbin.

Come poteva una storia così oscura avere un lieto fine? Interessi politici e di natura economica prevalsero sul senso collettivo di giustizia. Sia gli USA che la Russia bramavano i risultati delle ricerche per avere un vantaggio tattico e compiere progressi scientifici, a costo di scendere a patti col Diavolo. E per quanto riguarda il governo di Tokyo? Di recente, l’Archivio Nazionale del Giappone ha desecretato i dati personali dei membri dell’Unità: decine di figure, tra cui chirurghi e soldati, con tanto di grado e incarico. Eppure il popolo nipponico fatica ancora a fare i conti con questa parte del suo passato bellico. In epoca recente una associazione cinese di 180 sopravvissuti, insieme ai parenti di altre vittime, intentò una causa contro il governo giapponese, che rifiutò di fornire un risarcimento e delle scuse ufficiali, pur ammettendo la veridicità dei fatti. La storia dell’Unità ha fatto breccia perfino nel cinema estremo, con quella che potremmo definire la quadrilogia di Men Behind the Sun. Soffermiamoci per un attimo su questi film.


MEN BEHIND THE SUN

Men Behind the Sun braccia congelate

Titolo originale Hei tai yang 731, questo film risale al 1988 e nasce dall’idea del regista cinese Tun Fei Mou, che da allora venne considerato persona poco gradita dalle autorità giapponesi. Men Behind the Sun non è uno shockumentary come la saga di Mondo cane, dove vengono cuciti insieme reportage di cerimonie strambe e consuetudini violente in giro per il globo. Invero Tun Fei Mou aveva in mente un documentario, ma la scarsità di materiale grafico, distrutto dall’esercito nipponico, lo convinse a ricreare in studio la storia dell’Unità 731. La pellicola riprende con una certa fedeltà le memorie delle vittime e le confessioni dei carnefici, mostrando i crudeli esperimenti condotti da Shiro Ishii e compagni. Se i mezzi tecnici, come pure il cast, risentono della limitatezza del budget, le scene brutali non mancano di impressionare, specie quando a una donna vengono scarnificate le braccia o quando un poveraccio si ritrova con gli organi interni spappolati in una camera iperbarica.

Shiro Ishii in Men Behind the Sun

Abituato a stuzzicare morbosamente gli spettatori (si pensi al successivo Trilogy of Lust), ma desideroso di riproporre realisticamente gli orrori della guerra, il regista confeziona un denso carosello di exploitation dove si respira un’aria malsana. I militi giapponesi vengono rappresentati nella loro incarnazione più marziale e spietata, dando un po’ di spazio al lato privato di Shiro Ishii, sempre più accostabile a Mengele. La scena della vivisezione su un bambino scatenò delle polemiche, poiché venne utilizzato un vero cadavere per le riprese, con il consenso della famiglia. Venne smentito, invece, l’utilizzo di un vero gatto sbranato dai topi. Resta un’opera ad alto impatto, capace di farci assaporare il “lato oscuro del sole” e di riaprire ferite sanguinanti nella memoria dei popoli asiatici.

Men Behind the Sun 2 scena amore

Nel 1992 venne girato Men Behind the Sun 2: Laboratory of the Devil, un ibrido tra un seguito e un remake. Il regista, Godfrey Ho, era conosciuto come una sorta di Ed Wood cresciuto nella fiorente Hong Kong, specializzato in B-movie di arti marziali a bassissimo budget. Tramite dei flashback ci vengono riproposti gli efferati atti dei medici militari. Il set è ulteriormente ristretto e predominano le sequenze in interni, mentre la trama viene arricchita da una storia d’amore. Questo sequel apocrifo non riesce a ricreare l’aura malsana dell’originale e presenta un montaggio sonoro da oratorio, per non parlare di un paio di scene di combattimento che farebbero venire la peste bubbonica (tanto per restare in tema) al meno talentuoso degli stunt coordinator. Il seguito Maruta 3: Destroy all Evidence è un più un tentativo di virare sul dramma bellico. Da menzionare il quarto film, intitolato Black Sun: The Nanking Massacre, dove Tun Fei Mou ritorna per raccontare l’allucinante Massacro di Nanchino, alternando lo pseudo-documentario alle immancabili sequenze dal sapore gore.


CONCLUSIONE

Immagine creepypasta Pokémon Pokeball

Proviamo a tirare i fili di un percorso ricco di voli pindarici, nel quale vengono miscelate analisi dei media, cronache storiche e leggende metropolitane. Alla radice del discorso c’è, ancora una volta, l’ammirevole creatività del Web, capace di confezionare un cocktail di orrore e cultura pop, con ovvie sbavature. La Sindrome di Lavandonia ha una struttura incredibilmente complessa e fa leva su fatti e personaggi del passato per mascherare le incongruenze. Non ci si limita alla congettura di una melodia elettronica che avrebbe procurato disagi ai bambini, un’accusa che per quanto priva di riscontri oggettivi, sarebbe suonata più credibile di un complotto per ripristinare l’Impero del Sol Levante. Come in un romanzo di fantascienza, vengono evocate cavie da laboratorio e aguzzini mai puniti, alla stregua degli ufficiali nazisti fuggiti in America Latina. Il malefico Hoshu Nakamura sarebbe tornato in patria sano e salvo insieme a Ishii e a diversi commilitoni, operando indisturbato e mettendo a frutto le proprie ricerche sui toni binaurali, il tutto ai danni del figlio e del nipote.

Sindrome Lavandonia Gengar fan art

Applicando un minimo di logica, diverse cose non tornano: se l’intenzione è creare giovani combattenti per la causa, che senso ha portarli al suicidio prematuro? Perché creare una musica che può funzionare solo su una percentuale di pubblico, ovvero quella che usa le cuffie? Ricordiamo che i toni binaurali hanno bisogno di altoparlanti Stereo, mentre il Game Boy ha uscite Mono. Inoltre, è davvero necessario palesare il complotto tramite un fantomatico Pokémon #731, che spiattella dei frame in faccia ai curiosi (basati, tra l’altro, sulle immagini già diffuse dell’Unità)? A proposito dell’incontro con la creatura, un utente nostrano si è procurato una cartuccia originale di Pokémon Verde per indagare, ma non ha rilevato anomalie nella famigerata zolla erbosa. Gli oltranzisti affermeranno che il giocatore ha saltato dei passaggi, tra cui scegliere “gca” come nome del protagonista. Infine, le cartucce difettose sarebbero state ritirate e distrutte molti anni prima del tentativo. Curiosamente, un episodio di South Park che parodizzava il franchise, aveva una trama simile: il Giappone che tramite i Chinpokomon tenta di orchestrare un secondo attacco contro Pearl Harbor!

Il compositore originale della soundtrack, Junichi Masuda, è parso stranito mentre dei giornalisti gli illustravano la teoria. Una Creepypasta dai risvolti assurdi ha comunque dei meriti: riportare a galla un episodio da molti dimenticato, specie in Occidente. Senza il fitto passaparola su Lavandonia, chi avrebbe mai sentito nominare l’Unità 731, a parte gli appassionati di storia e i cultori di B-movie? Infine, la Sindrome e la sua mitologia ci hanno insegnato che, purtroppo, la realtà supera la fantasia. Perfino il racconto più folle ed efferato faticherebbe a eguagliare le atrocità compiute a Ping Fang. Un monito, una consapevolezza. L’uomo può inventarsi mille mostri, ma in certe occasioni si rivela la bestia peggiore. Ricordate quelle terribili parole delle protagoniste di Aliens? “La mia mamma diceva sempre che i mostri non esistono. Non quelli veri. Invece esistono”.

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