94 METRI – Analisi della saga Squalesca

Recensione de 47 Meters Down e del sequel Uncaged per la #SharkWeek di Monster Movie.

di Matteo Berta

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Jaws è l’unico film di squali di alto livello, poi vi sono una serie di produzioni a basso budget e di scarsissimo contenuto qualitativo che spesso sfociano nel trash più evidente, come la saga di Sharknado, ma negli ultimi anni ci sono stati dei film che hanno cercato di colmare il gap tra le pellicole di serie z e i blockbuster. Ricordiamo con piacere THE SHALLOWS (recensito per noi da Nanni Cobretti) e poi appunto, la saga di 47 metri.

47-meters-down-uncaged

Il primo dei due film è del 2017 e ha incassato 60 milioni di dollari a fronte di un budget di cinque scarsi. La pellicola fu prodotta dai fratelli Weinstein (Bob e Harvey) e parla di ragazze in bikini circondate da squali, e direi di fermarci qui prima che possa figurarsi una strana analogia. Il sequel è del 2019, ma è arrivato in Italia (on demand) solamente pochi giorni fa e per ora, non sembra aver eguagliato il successo del primo capitolo, nonostante il premesse e il budget siano stati abbastanza potenziati.

ragazze 47 metri squali

Entrambe le pellicole fondano i propri concept sull’idea che, in qualche modo, gli incontri con gli squali debbano essere dettati dall’impossibilità di abbandonare il loro territorio dal momento che ci si trova “ingabbiati” o “incastrati” in qualche situazione angusta. Ovviamente, come succede in molti film di questo tipo, gli sceneggiatori, dopo aver pensato a delle situazioni iniziali interessanti, staccano del tutto il cervello e si fanno prendere dall’ansia di dover riempire un’ora e mezza con espedienti narrativi forzati e a volte anche molto stupidi.

Sistina Stallone

Il primo capitolo funziona decisamente molto di più del secondo che invece risente un po’ della sindrome di Pirati dei Caraibi (aumento di budget, personaggi e “grossezza” delle sequenze a discapito della qualità). L’essenzialità del primo film permette di sopperire alla miriade di insensatezze compiute dalle due protagoniste che si trovano a risolvere i proprio drammi interiori solamente perché sono costrette a sperare per il meglio, bloccate in una gabbia sul fondo dell’oceano. Perché sì, mi ero già indignato in CRAWL – Il Remake di The Shallows senza Squalo: è possibile che in ogni dannato film dello stesso filone ansiogeno, i protagonisti si sentano sempre in dovere di risolvere le questioni personali durante attimi di pericolo puro? Come se un tornado, dei coccodrilli o degli squali lavorino meglio di anni di terapia psicologica.

47metresdown backstage

Nonostante le due pellicole non siano direttamente collegate, vi è una struttura di partenza che fa da denominatore comune: in particolare ci si riferisce sempre a personaggi femminili (nel secondo abbiamo anche il debutto al cinema di una delle figlie di Stallone) che in qualche modo finiscono in situazioni ansiogene causate dalla presenza di squali. Abbozzando una analisi psicologica, entrambi i film presentano come protagoniste due ragazze che in qualche modo sono agli antipodi dal punto di vista caratteriale, nel primo ci troviamo di fronte due sorelle, una molto libertina e l’altra che vorrebbe esserlo; nel secondo, sempre due sorelle, ma non di sangue, che cercano un modo per andare di amore e d’accordo per far contenti i genitori. Quale migliore idea se non farlo attraverso un’immersione illegale in delle grotte inesplorate.

squalo cieco 47 metri

Ma arriviamo al nostro argomento preferito: la questione mostrifera. In entrambe le pellicole, gli squali si presentano eccessivamente aggressivi. Va bene la territorialità, ok che siete stati attirati dalla pastura ecc… ma risulta stucchevole e goliardico il costante tentativo di attaccare qualsiasi cosa che si muova. Nel primo film vediamo dei grandi squali bianchi molto basic, nel secondo invece entra in gioco la questione della cecità. Il terreno di “scontro” del secondo capitolo è rappresentato da delle grotte inesplorate, dove all’interno si possono trovare delle creature che si sono gradualmente adattate all’ambiente oscuro e in qualche modo si sono evolute senza la vista. Dopo un pescione cieco molto horror, entra in gioco il nostro squalo dagli occhi pallidi. Devo dire che la presenza squalesca de 47 Metri: Uncaged è suggestiva e gli effetti speciali sono abbastanza curati.

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Nonostante questi film possano essere considerati come uno step superiore a tutte quelle produzioni dove lo squalo diventa un pretesto per generare disagio (squalisauri, squali preti, squali polpi… ), credo che ci voglia ancora molto di più per essere considerati dei bei film. Gli shark movie devono riuscire a liberarsi dalla zavorra dei summer movie estivi ed entrare in una dimensione più grande, lavorare sulla propria storia e sulla credibilità delle sequenze. La saga di 47 metri, che molto probabilmente avrà un terzo capitolo, gioca su cliché degli horror, realizza dei buoni squali, ma tralascia tutte le altre componenti, non solo la storia, ma anche e soprattutto la musica, vero punto di debolezza di entrambi i film.

                                                                     

Continua la nostra #SharkWeek 2020, se vi interessa approfondire l’utilizzo disparato degli squali a Hollywood, vi consigliamo il nostro articolo dedicato a uno squalo bianco e al suo grido di dolore: PIACERI LARDOSI – Gli squali sono delle brave persone.

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