Esploriamo il folklore veneto e le sue figure, dalle Anguane agli uomini-coccodrillo.
di Matteo Berta, Alessandro Sivieri e Giovanni Siclari
Il Bestiario d’Italia è tornato e vi porta nelle lande venete, quindi fate i bravi, altrimenti Santa Lucia vi getterà la cenere negli occhi, sempre che una ninfa delle acque non vi affoghi prima! Il Veneto è una regione ben diversificata a livello di territorio, con ben 200 chilometri di superficie costiera bagnata dal Mare Adriatico. È attraversato da fiumi di primaria importanza, come il Po e l’Adige, senza contare il Piave e il Brenta. Infine non scordiamoci la sua vasta porzione di montagne: la terra veneta condivide con il Friuli e il Trentino (andando a formare il Triveneto) la catena delle Dolomiti, e la provincia di Belluno ospita la cima più alta di questo gruppo montuoso, cioè la Marmolada, che arriva a 3.343 metri. Tra mare, montagna e una ricca distesa di pianure dove prosperano i vigneti, c’è proprio da sbizzarrirsi. E questo vale anche per i mostri, ovviamente!
Essendo, come abbiamo appena detto, una regione molto differenziata dal punto di vista del territorio, per ogni altura, fiumiciattolo o località lacustre troviamo delle storie collegate. Parliamo di leggende legate a personaggi religiosi, entità magiche, una masnada di fantasmi e mostri più “terreni” delle tradizioni popolari, con caratteristiche comuni ai rettili. Udite udite, per vostra gioia non mancano nemmeno gli ibridi tra uomo e coccodrillo, oltre alle affascinanti sirene e a una congrega di streghe poco raccomandabili (salvo quelle che portano i regali). Caliamoci dunque nella memoria di questo popolo, magari con un bel calice di Prosecco per conciliare la lettura!
SANTA LUCIA
Il gentile lettore mostrifero si starà chiedendo come possa rientrare in un articolo denominato Bestiario d’Italia una figura come Santa Lucia. La nostra intenzione non è quella di incappare nella blasfemia, ma ci siamo sentiti fortemente in dovere di inserirla in questo listone per le numerose testimonianze riscontrate fin dall’infanzia. Come autori di questo articolo, siamo di Brescia e conosciamo a livello viscerale il sentimento che si provava nei confronti dell’arrivo della Santa il tredici Dicembre, il fatto che potesse portare dei doni in caso fossimo stati dei bravi bambini, altrimenti ci avrebbe portato solamente cenere.

La doppia possibilità rendeva l’intero evento parecchio incerto ed eccitante. La componente Monster sta nel fatto che, per come è stata tramandata la leggenda, se qualche bambino fosse rimasto alzato quella notte (come per l’attesa di Babbo Natale giù dal camino) per qualche oscura ragione, avrebbe rischiato di incontrare la figura della Santa, una specie di sposa senza occhi, con gli stessi appoggiati su un piattino. Lo spettatore curioso si sarebbe immediatamente beccato un cumulo di cenere negli occhi dalla signora, perdendo la vista. Ora potete in parte capire il nostro trauma infantile.
Nonostante sia forte la sua presenza leggendaria qui in Lombardia (nel bresciano non esiste nemmeno Babbo Natale che porta i doni, ma solo la Santa), l’origine principale e la maggiore diffusione sono riscontrabili in Veneto. Santa Lucia è stata una martire cristiana, morta a Siracusa durante la grande persecuzione di Diocleziano. La sua figura è venerata come santa protettrice dalla Chiesa cattolica romana e anche da quella ortodossa. Le sue spoglie terrene sono custodite in una teca nel Santuario di Lucia a Venezia. La tradizione popolare vuole che alla Santa, come punizione corporale per il suo dichiararsi cristiana, fossero stati strappati gli occhi, ma questa vicenda non è storicamente confermata. L’unica cosa documentata è il culto di questa santa come protettrice della vista e numerose sue raffigurazioni la mostrano come una semplice donna con degli occhi su un piattino d’argento.
Santa Lucia viene la notte tra il dodici e il tredici dicembre e porta i doni richiesti da una letterina scritta dal bambino, che se si dimostrerà di buon cuore riceverà la ricompensa. In caso contrario, giunta l’alba, al posto degli agognati regali troverà solo carbone. Fondamentale è lasciare, assieme alla letterina, una cesta con del fieno, perché la Santa viene trasportata di casa in casa da un asinello, che ha bisogno di rifocillarsi con costanza per poter proseguire il suo lavoro di quella notte.
IL BISSO GALETO
Creatura leggendaria delle valli veronesi, il Bisso Galeto è un sorprendete ibrido tra un gallo, un serpente e un’indeterminata creatura “spinosa”. Il Bisso ha la capacità di espandere le dimensioni del proprio corpo, in linea con le caratteristiche giustospaziali dell’Occamy (Il Bestiario di Animali Fantastici e dove trovarli). Un’altra similitudine con le creature magiche del Wizarding World è quella della sua componente natale, infatti il Bisso Galeto, richiamando i tratti del Basilisco potteriano, nasce da un uovo di un vecchio gallo covato per otto anni da un serpente o un rospo (Il Bestiario di Harry Potter).
Il Bisso Galeto è difficile da sconfiggere, in quanto velenosissimo. Se si cercava di infilzare l’animale, il suo veleno risaliva lungo l’arma e uccideva l’aggressore. Il modo più conosciuto per sbarazzarsi di questa bestia è quello di metterle davanti uno specchio, poiché il Bisso muore se vede la sua immagine riflessa. Il Bisso Galeto viene visto come l’incarnazione del Diavolo in persona. Al serpentone gallesco, già inficiato da una pessima reputazione, viene inoltre attribuita la colpa dell’epidemia di sifilide del XV secolo nel veronese. Leggende parlano di diverse varianti della bestia: c’è chi dice che possa volare e chi dice che il suo vero nome sia proprio “Basilisco“. Noi vi abbiamo riportato le caratteristiche più condivise, sperando di avervi inquietato il necessario.
I FANTASMI DI ROVIGO
Si narra che un palazzo del centro storico di Rovigo sia infestato dai fantasmi, che appaiono di tanto in tanto a coloro che transitano nelle vicinanze. I testimoni parlano del volto di una monaca che appare da una finestrella. La faccia è nitida e visibile da grandi distanze. Secondo le dicerie, la suora si fece rinchiudere in una stanza di quell’edificio per lasciarsi morire. Degno di attenzione è anche l’ospedale psichiatrico di Granzette, inaugurato nel 1929 e dedicato a Vittorio Emanuele III di Savoia. Al pieno della sua operatività, la struttura contava 320 posti letto e ospitava malati di mente provenienti dagli ospedali civili limitrofi.
Venne chiuso in via definitiva nel 1997, ma i residenti raccontano di urla agghiaccianti e altri rumori molesti, udibili nel perimetro dell’edificio nelle notti di luna piena. La superstizione le associa ai malati mentali che nel secolo scorso subirono torture e privazioni. Una particolare stanza, dove erano ricoverati i bambini, riporta una scritta che maledice gli intrusi. Vi chiederete: perché mai qualcuno vorrebbe intrufolarsi in un posto del genere? Ebbene, una leggenda locale parla di un tesoro dei nazisti nascosto proprio nella struttura prima del 1945.
L’ANGUANA
L’Anguana è simile a una ninfa, non è una sirena ma è strettamente legata all’acqua. Le possiamo trovare nelle zone lacustri, paludose e nei corsi d’acqua. Esse sono apparizioni di donne bellissime che vengono generate dalla morte precoce della loro controparte umana. Molti considerano “Anguane” solamente le figure di donne ectoplasmatiche che derivano dalla morte di parto (assai più diffusa rispetto a oggi), mentre alcune leggende riportano la possibilità di divenire Anguana anche attraverso una morte giovanile o addirittura tramite il decesso nel grembo materno. Il filo comune di questa trasformazione è in ogni caso il trapasso.
Le Anguane sono figure immateriali di donne affascinanti, in grado di sedurre e portare alla disperazione gli uomini. La loro bellezza non è convenzionale, dal momento che vengono raffigurate di frequente con piedi da gallina e con la schiena ricurva e squamosa, ma le loro capacità di ammaliatrici trascendono l’aspetto esteriore. Oltre a far perdere la testa agli uomini, le Anguane vengono inserite in altri stereotipi femminili datati, che le etichettano come delle portatrici di discordia e maldicenze, diffondendo pettegolezzi nei paesi a danno della pacifica comunità. Anche le guaritrici, donne di estrazione pagana e vicine alle forze arcane della natura, condividono l’appellativo di “Anguana”, pur se prive di origini esplicitamente sovrannaturali. Numerose presenze di Anguane vengono riscontrate nella zona del Triveneto.
L’UOMO COCCODRILLO DEL DELTA DEL PO
Svariate leggende metropolitane narrano di rettiliani e uomini pesce che si aggirano nelle zone paludose del Po, più precisamente nei punti d’incontro con il Mare Adriatico. Stiamo parlando di rettili ferocissimi e predatori solitari che vagherebbero indisturbati nei territori limacciosi. Il loro corpo sarebbe ricoperto da squame, il loro muso allungato e le mani e i piedi palmati. Gli occhi gialli sarebbero in grado di vedere attraverso i banchi di nebbia e l’oscurità notturna, in modo da cacciare con abilità e astuzia.
C’è chi dice che nel 1926, il celeberrimo scrittore Lovecraft abbia soggiornato a Loreo, attirato dalle storie degli uomini rettili, da cui decise di trarre ispirazione per alcuni dei suoi racconti sui mostri marini. Per decenni la figura dell’uomo rettile è andata dissolvendosi, ma negli ultimi tempi sono circolate diverse apparizioni di quello che per tutti ormai si chiama “Uomo Coccodrillo“, un rettiliano acquatico che si sarebbe avvicinato alle zone limitrofe abitate dall’uomo. Sono state ritrovate impronte di mani e piedi di dimensioni anomale, con pescatori e passanti che affermano di aver visto un essere alto due metri, con gli occhi rossi e il corpo verdastro. Al caso si sono interessati fior di ufologi e criptozoologi, specie dagli anni Ottanta in poi, ma attualmente non abbiamo risposte certe.
IL BARBA ZUCÒN
Un uomo gigantesco e terribile che in certi racconti viene accostato a un orco. Si racconta che un giorno una madre e una figlia volessero cucinare delle frittelle ma, non avendo la padella giusta, dovettero chiederla in prestito al Barba Zucòn. Quest’ultimo acconsentì, a patto che le due gli regalassero un cesto di dolciumi, altrimenti sarebbe tornato a mangiarsi la bambina. Come promesso la mamma preparò i dolci e consegnò il cesto alla figlia, ma quest’ultima se li mangiò lungo il tragitto, sostituendoli con sterco d’asino. Sul momento Barba Zucòn non si accorse dello scambio e ingoiò il contenuto del cesto, ma una volta resosi conto dell’inganno, corse a casa della bambina per divorarla. Fortunatamente la madre aveva creato una bambola piena di chiodi con le fattezze della figlia e l’aveva messa nel letto. L’orco non notò la differenza e se la mangiò, finendo per urlare dal dolore e gettarsi dalla finestra. Da allora le mamme consigliano ai figli di dormire presto e non fare chiasso, altrimenti il Barba Zucòn verrà a prenderli.
LE STREGHE DEL BUS DE LA LUM
Il Bus de la Lum (Buco della luce) non è altro che una voragine naturale, situata nel bosco in prossimità di Belluno. Gli abitanti locali, in particolare quelli di Pian del Cansiglio, lo hanno sempre temuto e lo consideravano un ritrovo di streghe. Queste ultime erano chiamate Arduane e avevano un aspetto orribile: chiodi arrugginiti al posto dei capelli e la bocca piena di zanne affilate. Le megere erano solite uscire dalla caverna per raccogliere provviste e lavare i panni nel Lago di Santa Croce. Rapivano ogni bambino che incontravano per portarlo al Bus de la Lum e divorarlo. Si dice che i pastori vedessero una strana luce provenire dal profondo della cavità, attribuendola al fuoco acceso dalle streghe.
Nelle notti d’estate era possibile scorgere delle fiammelle che uscivano dalla voragine. Pare che in realtà queste ultime derivassero dai gas delle bestie in decomposizione, che venivano gettate nel Bus poiché malate. Nella Seconda guerra mondiale questo luogo venne anche utilizzato come foiba. Il Bus de la Lum ha un passato macabro ed è stato oggetto di molte leggende. Si diceva che fosse l’accesso alle profondità più oscure della Terra, dalle quali emergevano creature terribili. L’habitat perfetto per delle streghe mangiabambini, insomma.
IL FANTASMA DI VILLA FRACCAROLI
Lo spettro di una bimba si aggira per le stanze di Villa Fraccaroli, a Piovene Rocchette. La costruzione della dimora, voluta dal nobile Fraccaroli in onore della consorte, non venne mai ultimata. Sembra che la piccola, trovatasi lì per caso, sia morta schiacciata da una trave durante i lavori. Voci popolari affermano inoltre che il proprietario fosse un appassionato di magia nera. Già nell’800 l’edificio era conosciuto come “Castello degli spiriti” e si possono notare alcuni elementi architettonici inquietanti, come delle statue con volti demoniaci. Si dice che il fantasma della bambina si aggiri ancora da quelle parti, senza trovare pace.
IL MAZARIÒL
Un folletto dispettoso, di colore rosso, che abita le Dolomiti e i paesi del Piave. Saltella qua e là nelle radure, comparendo all’improvviso. Porta abitualmente una casacca turchese, un cappello a punta e degli zoccoli di legno. Si dice che possa far precipitare in uno stato di incoscienza chiunque calpesti le sue impronte, costringendolo a seguirle fino a perdersi in luoghi remoti. Ha straordinarie attitudini da pastore e ama prendersi cura degli animali da fattoria. È sempre pronto a difendersi da chi minaccia il suo territorio. Pare che quando la città di Opitergium (l’attuale Oderzo) venne minacciata dagli Unni, il Mazariòl mise a soqquadro il loro accampamento e gli giocò ogni genere di scherzo, finché i soldati non scapparono, lasciando Attila solo e umiliato. Le popolazioni locali nutrono da allora un profondo rispetto per il folletto, che ha sconfitto le armate del Flagello di Dio.
IL MOSTRO DELLE ACQUE NERE
Pare che a Punta della Dogana, uno dei luoghi più panoramici di Venezia, dimori un enorme serpente marino. La creatura vivrebbe in una cavità subacquea e si farebbe scorgere di rado dagli estranei, soprattutto nelle notti senza luna. Viene chiamata “mostro delle acque nere” proprio perché si mostra quando l’acqua è scura. L’ultimo avvistamento risale al 1933, quando due pescatori di seppie affermarono di aver visto il serpentone emergere dall’acqua per divorare un gabbiano in un solo boccone. Secondo alcune descrizioni ha la testa di un cavallo, caratteristica che lo pone in relazione diretta con l’Ippocampo. Pare che possieda poteri magici e gli sono stati dedicati racconti e opere d’arte.
I FANTASMI DI MONSELICE
Monselice ha la fama di un affascinante borgo medievale che si trova a sud di Padova, in un’area collinare. Il principale elemento di interesse turistico è il castello locale, costituito da quattro nuclei principali più una rocca. Pare che l’edificio ospiti degli spettri. Il primo di questi è Avalda, amante del tiranno Ezzelino III da Romano (legato al drago Tarantasio del Bestiario lombardo), il quale fece erigere una torre proprio in quella fortezza. Secondo i racconti, Avalda praticava la magia nera ed era esperta di veleni. Una volta scoperte le sue peculiari passioni, Ezzelino la fece uccidere da un sicario proprio nel castello. Da allora, Avalda vaga in forma di spettro, con un abito bianco insanguinato. Vi è poi il fantasma del giovane Jacopino da Carrara, rinchiuso nell’edificio per diciassette anni e morto di inedia. Appare come una sagoma emaciata e dai capelli grigi. Al gruppo si aggiunge la sua amante, Giuditta, morta senza poterlo rivedere un’ultima volta. La fanciulla spettrale fa il giro delle mura e chiede ai passanti notizie del suo Jacopino.
LA SIRENA MELUSINA
Molti anni fa un giovane pescatore di Venezia, chiamato Orio, catturò con le sue reti una sirena di nome Melusina. Appena la vide per la prima volta se ne innamorò perdutamente e la creatura lo ricambiò. I due iniziarono a incontrarsi di notte, su una spiaggia. Dopo qualche tempo Orio chiese a Melusina di sposarlo e lei accettò, pronta a rinunciare al mare e ad acquisire un paio di gambe umane. Chiese però al ragazzo di non venire a trovarla il sabato, fino al giorno delle nozze. Orio cercò di resistere, ma aveva bisogno di vedere la sua amata e si recò alla spiaggia di sabato. Improvvisamente vide un enorme serpente tra gli scogli e si spaventò, ma la creatura gli disse di essere Melusina: era vittima di un maleficio che si sarebbe interrotto con il matrimonio.
Orio, rincuorato, mantenne la promessa di sposarla, anche per liberarla da quella terribile maledizione. I due vissero felici ed ebbero tre bambini, ma un giorno Melusina si ammalò e morì. Il pescatore, distrutto dal dolore, rispettò l’ultimo desiderio di seppellirla nello stesso punto in cui la catturò anni prima. Negli anni seguenti successero cose strane: la casa era pulita e i bambini erano curati, anche se Orio non faceva nulla. Un sabato, rientrato dal lavoro, trovò un grande serpente in cucina e, accecato dalla paura, gli mozzò la testa. Col trascorrere del tempo l’abitazione e i figli rimasero trascurati e Orio capì di aver ucciso la reincarnazione di Melusina. In memoria dell’accaduto, dove sorgeva la casa dei due è stato posto un cuore di pietra.
I CRODERES

In provincia di Belluno è situato un gruppo della vasta catena dolomitica chiamato Marmarole. Si narra che su queste cime vivessero i Croderes, i Figli delle Rocce, molto simili agli umani. Essendo nati e cresciuti in quelle zone montuose, avevano il cuore di pietra ed erano privi di sentimenti. In virtù della loro anatomia non provavano gioia o dispiacere, non si affezionavano a nessuno ma nemmeno reagivano alle provocazioni. Avevano una regina di nome Tanna. A loro erano comunque imputate le valanghe e la caduta dei massi, poiché avevano una grande forza. Lavoravano senza sosta e si riposavano una volta all’anno, durante il cosiddetto “giorno di calma“.
LA BEFANA
Una tradizione diffusa nel nostro paese fa riferimento a una vecchia signora, classificabile come strega, che nella notte tra il 5 e il 6 Gennaio vaga tra le case in sella a una scopa e riempie le calze di doni per i fanciulli, “portando via” tutte le feste. Rappresenta la conclusione dei periodi festivi e il “colpo di coda” dei regali sognati dai ragazzi. Secondo la tradizione cristiana, la ricorrenza si collega ai Re Magi che, seguendo la stella cometa, portano delle offerte a Gesù Bambino. La dottrina cristiana ha quindi soppiantato un mito che in origine era collegato a Diana: il 25 Dicembre era il giorno del Sol Invictus, e dopo dodici giorni si festeggiava la dea Diana, simbolo della caccia, dell’abbondanza e della rinascita. Non è un caso che le Janare, le streghe della Campania, debbano il proprio nome alle Dianare, cioè le sacerdotesse devote a Diana. Ecco che, con il trascorrere dei secoli, il rinnovamento di Madre Natura si trasfigura in una vecchia simpatica che ci porta i regali, e che a volte viene data alle fiamme!
In diversi comuni veneti vige una tradizione legata a questa particolare nottata, ed è il Panevin: si accende un grosso falò, bruciando un buffo fantoccio con le sembianze di una vecchia, e si brinda in compagnia al nuovo anno, lasciandosi alle spalle quello passato. Anche qui è centrale il concetto di rinnovamento e di buoni auspici per il futuro, dove il manichino vestito di stracci incarna il fardello delle difficoltà ormai superate. Evidente il parallelismo con la Santa Inquisizione, dove le streghe venivano messe al rogo. L’abitudine di “bruciare la vecchia” è presente in territori limitrofi, come quello lombardo, con un occhio di riguardo per la provincia bresciana. In generale è difficile trovare una regione della penisola italica dove non sia previsto un falò di inizio anno, con tutti i significati legati al caso!
IL GANBARETOL
Nella Valle del Biòis, situata in provincia di Belluno, circola da tempi remoti la leggenda del Ganbaretol (scritto anche Gambaretol), ascrivibile alla categoria dei folletti silvani. Secondo la tradizione è una figura dispettosa, irritante, che veste di rosso e che non si fa vedere spesso dagli esseri umani. Pare che prenda di mira i viandanti ubriachi, apparendo all’improvviso e picchiandoli per punirli. È facile dedurre che questa leggenda abbia un fine pedagogico, invitando le persone a non esagerare con l’alcol, con il rischio di incorrere in una bastonata del sadico folletto. In alcune versioni della storia, El Ganbaretol porta un abito color turchese e ha molteplici affinità con il Mazariòl.
Non è stato facile uscire indenni da streghe in fiamme, serpenti mitologici e folletti ansiosi di prenderci a mazzate! Eppure siamo qui, pronti a vivere nuove avventure nel panorama mostrifero italiano! Se siete di origine veneta, non mancate di segnalarci creature o entità da aggiungere a questa rassegna in perenne espansione! Non dimenticatevi, infine, di passare per il nostro elenco di Bestiari, dove avrete modo di saziarvi di ogni genere di mostruosità proveniente dal cinema e dai videogame. Condividete con gli amici e fate in modo che leggano tutto d’un fiato, prima che Santa Lucia gli getti la cenere negli occhi!

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Ma… la befana non è nazionale???
Cmq, a parte lei conoscevo solo le anguane
Ciao, abbiamo voluto riferirci in particolare alla tradizione veneta e lombarda di “Bruciare la vecchia”, che guarda caso è la Befana, intesa come incarnazione vetusta dell’anno passato! A livello locale ci sono festività con nomi caratteristici dove però il fulcro e sempre il medesimo.
ah ok
allora ci sono^^
è una bella tradizione, c’è pure un processo prima della bruciatura