Recensione della serie animata Netflix dedicata ai Jaeger e ai Kaiju nati dalla mente di Guillermo del Toro.
di Matteo Berta
Dimenticatevi dei due film di Pacific Rim. Questo è il prerequisito da tenere bene a mente prima di potersi approcciare a questa serie animata. Non ci troviamo di fronte a quel grande giocattolone nato direttamente dai sogni più vivaci del Guillermone nazionale, ma The Black è una serie dal sapore post-apocalittico dove il divertimento più puro (e talvolta caciarone) viene soppiantato da un realismo sci-fi molto più affine all’altro universo dei Kaiju (ovvero i Titani) attualmente sulla cresta dell’onda, quello del Monsterverse. Assistiamo a sette puntate fondamentalmente tristi, dove la speranza spesso viene strozzata sul nascere e le sfighe sono sempre dietro l’angolo. L’unico aspetto colorato di questa serie è Atlas Destroyer, il Jaeger principale della storia, che ho deciso di rinominare con l’appellativo di Lidl Jaeger… notate i colori. Dalle sneakers ai robottoni, evidentemente il passo è molto breve!
Gli aspetti positivi di questi episodi sono diversi, ma credo che su tutti spicchi l’utilizzo del Drift: per chi non mastica il linguaggio della saga di Pacific Rim, ricordiamo che “la stretta di mano neurale” è un collegamento che si effettua tra due piloti per poter comandare in armonia un Jaeger. Spesso viene ricondotta a una gestione dei due emisferi cerebrali, ma abbiamo visto nella saga anche robottoni comandabili da tre persone o addirittura da un solo soggetto.
Quello che è importante sapere è che il Drift è un’operazione estremamente invasiva e spesso molto instabile, dal momento che i due soggetti coinvolti si trovano a convogliare in un’unica psiche e quindi provano sensazioni e fanno riaffiorare ricordi comuni. In Pacific Rim: La Zona Oscura, il Drift viene mostrato in tutta la sua complessità, apparendo anche in modo differente per rispondere ad altre esigenze.
Un collegamento psichico non più come positivo punto di forza per rafforzare legami e combattere insieme, ma come mezzo per estrapolare informazioni, per spappolare cervelli e per mettere in discussione esigenze emotive differenti. Emblematica la sequenza di quando i due fratelli protagonisti della serie si mettono a litigare per un segreto scoperto solamente grazie al Drift.
Tecnicamente e artisticamente parliamo di una serie confusionaria, perché passiamo da importanti e ben gestite sequenze di scontri tra Kaiju e Jaeger e qualche secondo dopo inorridiamo per dei primi piani disegnati in modo approssimativo e animati con bruschi cali di framerate inspiegabili. Dal mio punto di vista avrebbero potuto scegliere un solo stile estetico per dare più continuità e dare la possibilità ai nostri occhi di adattarci alla visione. La musica ricalca lo stile elettronico industriale con piccole contaminazioni sinfoniche dei due film, ma non è mai protagonista né si mostra in nessun caso coinvolgente.
I Kaiju di questa serie sono stati una bella sorpresa, in quanto appaiono più complessi e più misteriosi. Abbiamo la possibilità di goderne in ogni puntata, dal momento che ne appaiono sempre di nuovi, con qualche ottimo denominatore comune. Il loro design segue il mood della serie, essi sono tremendamente oscuri e cattivi, non si perdono in layout accattivanti fine a se stessi, ma ogni mostrone ha la forza bruta di un toro e la bellezza di uno scrondo.
Il mostro più presente e più di impatto di questa serie è Copperhead, un Kaiju di categoria IV che crea più di un problema in diverse occasioni. Sembra che abbia un sangue fatto di lava e la sua tenacia e cattiveria è pari solamente ai mostri più ostili visti nei film (Il Bestiario di Pacific Rim). Egli, insieme ad altri amichetti mostriferi, è responsabile dell’invasione del territorio australiano, dove scopriamo esserci un’altra breccia.
Il punto debole ma nello stesso tempo forte di questa serie è che sappiamo del suo essere canonica nell’universo di Pacific Rim, senza avere la certezza assoluta di dove si collochi nella linea temporale delle storie narrate nei film (nonostante qualche indizio ci venga dato). Questo ci fa capire ancora di più che questo prodotto va visto e goduto con la mente libera, senza la speranza o il desiderio di vedere qualche faccia, mostro o robottone già conosciuti…
Prevediamo e auguriamo un futuro roseo per la nuova strada intrapresa da questo universo di dèi e mo… ops, scusate… di robot e mostri!