THE SUICIDE SQUAD – Quella lercia dozzina

James Gunn e gli antieroi di guerra ad alto tasso monster.

di Alessandro Sivieri

weasel donnola suicide squad

“Io dico che è un levriero afgano.”

Dopo tanti anni passati a inseguire l’Universo Marvel, la DC ci riprova con una formula efficace: prendi James Gunn e chiedigli di rifare i Guardiani della Galassia con un plotone di cattivoni di serie Z. Ubriaco di una libertà creativa pressoché totale, l’ex-pupillo della Troma mette in piedi una sfilata di freaks e assassini senza scrupoli, impegnati a rovesciare il dittatore di un’isola sudamericana. Un war movie di pazzoidi che incorpora altri generi e che si regge, anche a livello emozionale, su una quota abbondante di mostruosità. L’assurdo prologo, che si perde certo in lungaggini, sottolinea la natura anarchica di questo reboot: una squadra di Expendables trae vantaggio dal fallimento di un team gemello (la classica carne da cannone), così come all’insuccesso del prototipo di David Ayer si sostituisce un’opera più autoriale, giocosa e che non scende a compressi nemmeno sul piano della costumistica. Preparatevi a sgargianti lanciatori di giavellotto, a tutine con i pois e a donnole antropomorfe poco avvezze al nuoto.

james gunn regista e idris elba

Per fornire dei pagliacci al suo circo (no, nessun Joker in vista), Gunn pesca dall’immaginario della DC Comics e ripete lo schema dei Guardiani, elevando a protagonisti degli emarginati senza una lira. Gli antieroi non hanno un curriculum di primo piano nelle vicende della Justice League (a parte Harley Quinn e un certo Bloodsport) e talvolta risultano stravolti nello scopo e nelle origini, ma la forza del regista risiede nelle interazioni tra i personaggi e nelle punchline. Gli scambi di battute sono gestiti con un timing perfetto e tutti i membri della squadra rimangono impressi a prescindere dal minutaggio a loro dedicato.

suicide squad black guard tdk e weasel

L’incipit parte in quarta con le citazioni e ficca una compagnia di loschi figuri (la Task Force X) a bordo di una dropship per raggiungere l’isola di Corto Maltese. Tra luci scarlatte e spacconate si assapora per un attimo l’atmosfera dei marines coloniali di Aliens, per poi piombare su una spiaggia alla Apocalypse Now, dove i moniti di Gunn acquisiscono un senso: non affezionatevi a nessuno, perché ogni testa potrebbe saltare. Il tasso di gore è inaudito fin dal principio e durante lo svolgimento aumenta fino a diventare un elemento di contorno, troppo caricato per stupire, come se l’autore andasse a briglia sciolta per il gusto di farlo. Le budella sanguinanti, unite ai costumi variopinti e ai caratteri ingenui (King Shark in testa), vanno gustate in un’ottica da cartone animato per adulti. Solo pensando a una cricca instabile e violenta di Looney Tunes tutto acquisisce un senso, dalla storia sopra le righe ad autentici pazzoidi come il Peacemaker di John Cena, una sorta di Captain America sociopatico.

suicide squad protagonisti cast

L’asso della manica, lo ricordiamo, sono le relazioni umane, quindi ecco i succosi battibecchi tra le anime della squadra, guidata in via ufficiosa dal Bloodsport di Idris Elba, un Deadshot più anziano e sciroccato. La sua rivalità con Peacemaker (la fisicità di Cena è perfetta, sia in slippini che con una tazza del cesso in testa) dà il via a una serie di scontri verbali esilaranti, specie quando il commando entra in azione: un assalto al villaggio nel mezzo della giungla aggiunge ulteriore salsa guerresca, e voi vi chiederete “Che cosa mi ricorda? Rambo? Predator?”.

suicide squad king shark affamato

No, il riferimento che ci viene in mente è Hot Shots! 2 con Charlie Sheen che scoccava galline nel petto dei nemici. Le uccisioni sono brutali, eppure intrise di una comicità e di un tempismo che omaggiano le commedie demenziali di una volta. Lo squalone Nanaue (doppiato da Sylvester Stallone) cerca di mangiarsi i compagni, Cena ed Elba si spintonano perché uno toccaccia l’armatura dell’altro: questi supervillain sono dei bambinoni, nella concezione più positiva che possiate immaginare in ambito di storytelling. Ci ricolleghiamo, insomma, al concetto di cartoon. Chi possiede un briciolo di maturità non abbandoni la sala, perché ci sono anche i momenti di dubbio e commozione.

ratcathcer daniela melchior

Insieme a una mandria di ratti, tra cui il fidato Sebastian, arriva la Ratcatcher 2 di Daniela Melchior, uno dei personaggi più adulti e compassionevoli a dispetto della giovane età. La ragazza ha un repertorio espressivo e una presenza scenica encomiabili, supportati da una backstory agrodolce che ogni tanto fa capolino e che si rivelerà determinante nello scontro finale. Menzione speciale per Polka-Dot Man (David Dastmalchian, non nuovo a ruoli da squilibrato), fricchettone con un complesso di Edipo irrisolto che in una determinata sequenza diventa un tributo a Elephant Man.

harley quinn sparatoria

La Harley Queen di Margot Robbie si pappa l’atto centrale con una side mission che ha un approccio romantico per poi focalizzarsi sull’emancipazione femminile. Accompagnata da cascate di fiori e dalle coreografie migliori del film, Harley diventa la principessa Disney che non abbiamo mai avuto, prima di ricongiungersi al team e passare a un ruolo di supporto. King Shark, il Groot della situazione, rimane sprecato fino al terzo atto, quando si ritrova davanti a un acquario e ci regala un momento monster delicato, anche dal punto di vista musicale (John Murphy è lontano da 28 giorni dopo ma si difende).

suicide squad fuga scena

Abbiamo accennato ai mostri e in effetti questi ultimi, o più in generale le creature, sono il vero pilastro di The Suicide Squad: la figura di Weasel, donnola dai tratti grotteschi, meriterebbe un monumento e viene dosata in modo da infiammare il prologo senza bruciarsi. Volete due parole in più su Nanaue? Lo Street Shark in bermuda rimane il gigante buono che cerca dei veri amici, senza particolari crisi identitarie, però ci fa sorridere. A rafforzare le quote marine arriva l’enorme Starro, stella marina che con i suoi minions devasta Corto Maltese. Grazie all’intervento del Kaiju a cinque punte, James Gunn sconfina nell’horror fantascientifico, inscenando il rapporto tra la creatura fuori controllo e il suo scienziato pazzo (il Thinker di Peter Capaldi), per poi virare verso lo zombie movie (i civili contaminati).

peter capaldi thinker

Vi sono delle scelte visive peculiari, a partire dalla titolazione dei sottocapitoli attraverso i dettagli ambientali (antenne, alberi, fumo) adeguatamente disposti sul set, mentre la fotografia trabocca di rallenty stilosi e zoomate a schiaffo. Spostandosi nelle città di questa nazione latina, guidata da despoti macchiettistici, i membri della squadra si vestono come degli scappati di casa e si lasciano andare per qualche ora ai sollazzi nelle bettole di quarto ordine: spogliarelliste ispaniche, loschi figuri, strade malfamate ed è subito Robert Rodriguez!

suicide squad discoteca

Una missione suicida comporta delle perdite e non fa eccezione una mossa produttiva radicale, che va per la sua strada senza preoccuparsi dei pezzi lasciati sull’asfalto: raccordi sull’asse a volte fastidiosi, difficoltà nel gestire l’abbondante carne al fuoco (al punto da preferire i flashback al montaggio alternato), una consequenzialità logico-narrativa autoindulgente e una satira politica posticcia e piazzata quasi per intero in bocca al veterano Peter Capaldi. Nel complesso un prodotto divertente, intellettualmente onesto e capace di solleticarci l’empatia in un paio di frangenti. Volete evitarvi le docce del carcere di Belle Reve? Fidatevi del nerdone licenziato dalla Marvel e, come il nostro collega Matteo Berta, supererete la musofobia grazie all’amore per le donnole!

suicide squad poster supervillain

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