I MOSTRI DI SHAKESPEARE – Da deforme a informe

Aiutiamo le mostruosità a invadere le librerie insieme a quel pazzoide di Macbeth e al bestiale Calibano.

di Alessandro Sivieri

In questi anni i nostri pasti a base di pellicole e pagine ci hanno lasciato con una certezza: i mostri non si riducono a belve zannute, possono benissimo nascondersi dietro una tara mentale o alla sofferenza che deriva da una deformità congenita. I mostri ci piacciono perché non sono mai banali e si prestano a incarnare le nostre incertezze, i pensieri inconfessabili, la paura del diverso; sono la metà che nel bene e nel male ci completa e che lascia emergere quei lati con cui dobbiamo confrontarci per essere onesti con noi stessi.

william shakespeare autore commedie tragedie

Per capire come ragiona una persona devi guardare ai suoi mostri, così come la forma mentis di un popolo si evince dalle sue tradizioni e leggende mostrifere (questo teorema è alla base del lavoro dietro al Bestiario d’Italia). William Shakespeare lo sapeva eccome. Perché proprio lui? Beh, tra un millennio il Bardo non cesserà di essere attuale. Ovunque vi sia la necessità di imbastire trame con giochi di potere per l’ascesa al trono o cronache di amanti disperati, si strizza l’occhio a Shakespeare.

romeo giulietta ritratto amanti

Non serve masticare manuali di drammaturgia per accorgersi che Il re leone ha parecchio da spartire con l’Amleto o che The Rise of Skywalker presenti delle dinamiche da Romeo e Giulietta, incluso il bacio avvelenato. Resistere è inutile, il dramma si fa mito ed è destinato a ripetersi nella cultura pop, fungendo da materiale per le storyline che ne reinterpretano il messaggio secondo i gusti correnti. Ora, com’erano i mostri ai tempi di Shakespeare? Come è riuscito a infonderne la suggestione nei suoi personaggi? Abbiamo trovato qualcuno in grado di risponderci.

mostri shakespeare cover libro

Si dà il caso che il sottoscritto, oltre a portare avanti lo stendardo mostruoso fin dalle origini del sito, faccia il libraio di professione. Si potrebbe affermare che una libreria indipendente, la Nuova Libreria Rinascita di Brescia, abbia avuto il coraggio di includere un appassionato di draghi e Xenomorfi nelle sue fila. Il suddetto libraio ha poi conosciuto, grazie a un collega, l’autrice Michela Compagnoni, che ha pubblicato per Carocci editore I mostri di Shakespeare. Figure del deforme e dell’informe. Oltre a possedere un’ironia fulminante, Michela è ricercatrice in letteratura inglese all’Università degli Studi di Genova e ha pubblicato saggi inerenti al tema su riviste nazionali e internazionali. Insomma, è una che di tragedie ne capisce e che ha individuato degli echi mostruosi nella personalità di Otello come nei personaggi secondari di Re Lear. Mancava solo una bella presentazione. Detto, fatto!

michela compagnoni e alessandro sivieri monster movie

Venerdì 6 Febbraio si è tenuto in libreria un convegno dove a dialogare con l’autrice si è prestato il qui presente, in doppia veste di libraio in servizio e di araldo di Monster Movie. Cinema e letteratura sono confluiti in una serata dove i protagonisti erano i mostri nelle loro mille sfumature, con una larga partecipazione che includeva persone di tutte le età e perfino docenti di lettere. Assolti i convenevoli, il punto di partenza è stato quell’interrogativo balenatoci in testa due paragrafi fa: cosa si intendeva per “mostro” quando il celebre drammaturgo si faceva le sue scampagnate a Stratford-upon-Avon?

La civiltà occidentale era giunta al cosiddetto Early modern period, denso di novità: la scoperta dell’America, le arti del Rinascimento e le incursioni nel campo scientifico che sfoceranno, un paio di secoli più tardi, nell’Illuminismo. Prima di ciò, i mostri erano un residuo di quei bestiari medievali in cui i monaci volavano con la fantasia, o meglio attingevano al patrimonio simbolico della religione per descrivere creature mai realmente osservate come il Basilisco o la Chimera. Certo, anche nel ‘700 la comunità scientifica mostrò scetticismo di fronte alle prime descrizioni dell’ornitorinco. Come diavolo poteva esistere un mammifero quadrupede col becco di un papero? Che razza di strana spezia si sarà fumato il chierico in gita in Australia? Sembrava più una roba da wunderkammer. E in effetti all’epoca prosperavano le camere delle meraviglie, dove i collezionisti facoltosi esponevano con orgoglio rarità straordinarie, tra cui bestie esotiche o malformate.

wunderkammer gabinetto delle meraviglie disegno

Le malformazioni non lasciavano indenni, purtroppo, gli esseri umani, le cui sfortune venivano sovente attribuite a influenze sovrannaturali. Un individuo con problemi congeniti poteva essere il frutto del peccato materno, per esempio di una donna colpevole di aver giaciuto col demonio o di manifestare squilibri umorali. Gli stessi genitali femminili, in particolare l’utero, erano oggetto di una visione filosofica divisa tra l’elogio delle facoltà generatrici e una connotazione diabolica, corruttiva. Il grembo non era solo capace di ospitare una nuova vita, poteva distorcerne la natura, e assumeva talvolta caratteristiche mostruose come la presenza di denti. Gira che ti rigira, la colpa è della madre, tema che viene ripreso nelle opere del Bardo.

uomo deforme metropolitan museum of art medioevo

Se mammina era cattiva, il soggetto deforme non se la passava meglio e veniva di frequente messo alla berlina nelle fiere di paese, in un prototipo di quelli che nel XIX secolo diventeranno i freak show. Il fenomeno da baraccone non va compreso, va additato come il frutto di un’unione profana e l’abbruttimento causato da un atto empio. Se poi avete visto Freaks o The Elephant Man, saprete che dietro le forme sgraziate e le carni lacerate si nasconde una coscienza più nobile delle persone che stanno dall’altra parte del recinto a ridere sguaiatamente e a lanciare invettive. È uno dei topoi principali dei racconti mostruosi: brutti fuori, belli dentro. Fanno eccezione Riccardo III e Calibano, che pure nell’animo sono marci quanto un bidone dell’umido al sole. E qui si torna a Shakespeare.

John Merrick scena sbarre

L’indagine di Michela nei meandri delle opere teatrali è stata così approfondita da portarla a categorizzare diverse classi di “mostri”, in un modo simile ai nostri Bestiari, parlando di corpo, sguardo e linguaggio, seguendo una progressione che parte dal deforme per arrivare all’informe. Un’operazione complessa eppure necessaria, considerando la caratura dell’autore. L’eminente tragediografo è un tipo astuto, psicologico. Non è uno che si limita a sbattere il mostro in prima pagina. I punti di partenza sono perciò il selvaggio isolano de La Tempesta e l’usurpatore Riccardo III, entrambi portatori di un malessere fisico che si ripercuote sui pensieri e sugli atti. Per quanto riguarda l’erede della dinastia dei Tudor, le analisi condotte sullo scheletro confermano che fosse realmente afflitto da un problema alla spina dorsale.

riccardo terzo capitolo libro mostri di shakespeare

Il suo doppio teatrale non si dà pace per il corpo infermo (si definisce monco e plasmato con stampi rozzi) e ha un rapporto conflittuale con la donna che lo ha generato. Sua madre, la Duchessa di York, arriva a pentirsi di non averlo soffocato nel proprio ventre, una volta messa di fronte alle nefandezze del figlio. Riccardo desidera il trono d’Inghilterra con tutte le sue forze e ricorre a ogni mezzo pur di ottenerlo, ponendosi come il villain della storia. Le brutture fisiche fanno da sponda alle perversioni mentali, rendendo Riccardo un personaggio subdolo e manipolatore. Il protagonista non ha più un’identità precisa e si rivolge a se stesso come se parlasse di un’altra persona.

riccardo III sovrano dei tudor shakespeare

Le ambiguità del linguaggio in Shakespeare hanno un ruolo di primo piano e, oltre a sfruttare al massimo il potenziale poetico e simbolico della lingua britannica, mettono a nudo il flusso di coscienza di personaggi in progressiva dissoluzione, incapaci di ritrovare una collocazione spaziale e temporale. Nel caso di Calibano, nemmeno le sue sembianze sono chiare: secondo i naufraghi giunti sull’isola, il selvaggio non è descrivibile in modo preciso e viene accostato ora a un gatto, ora a un pesce. Il suo comportamento è basato sugli istinti più bassi. In sintesi non si sa bene che cosa sia questa sottospecie di coso, che per giunta è figlio di Sicorace, accusata di stregoneria e bandita su quell’isolotto quando era ancora incinta. L’ombra della donna aleggia sull’esistenza di Calibano, il quale non riesce a emanciparsene. Il selvaggio arriva a tentare una violenza carnale su Miranda, figlia di Prospero (legittimo Duca di Milano), che a sua volta aveva schiavizzato Calibano grazie alle sue arti magiche.

calibano pagina libro michela compagnoni

L’intento del mostro di “riempire l’isola di Calibani” è un tentativo di affermare la propria autonomia e dare il via a una stirpe nella quale possa identificarsi, ma è destinato a fallire. Persino al termine della commedia, Calibano non è più padrone dell’isola né del suo destino: Prospero, oltre ad averlo addomesticato, gli ha insegnato il linguaggio umano, e nonostante Calibano abbia usato questo dono solamente per dire oscenità, ne esce cambiato per sempre, lontano da quell’armonia con la natura di cui godeva prima dell’arrivo dei nobili in esilio. La ripugnanza fisica coincide progressivamente con quella morale e con un vuoto ontologico. L’analisi procede e dal corpo ci si sposta allo sguardo, quello allucinato di Otello e Macbeth.

macbeth e le tre streghe shakespeare

Macbeth viene introdotto come un barone, un eroe e fedele servo di re Duncan di Scozia. Non certo un gobbo bastardo o un rattoscimmia isolano. Eppure il protagonista rimane soggiogato dalla profezia delle tre Sorelle Fatali (figure assimilabili alle Parche o alle Norne della mitologia nordica), che rivolgono a quest’ultimo e al suo amico Banquo una profezia colma di enigmi: Macbeth viene apostrofato con titoli nobiliari che ancora non possiede, e al contempo non è più barone, mentre Banquo è destinato a dare vita a una dinastia di regnanti. Il protagonista, disorientato, inizia a nutrire l’ambizione di diventare re di Scozia, spinto dalla sua consorte Lady Macbeth, altra figura femminile che, di fronte alle esitazioni del marito, ne assimila i tratti tradizionalmente mascolini come l’impulso ad agire e la sete di sangue.

macbeth otello shakespeare libro michela compagnoni

Supportato dalla moglie, Macbeth uccide Duncan e in seguito il suo ex-amico Banquo, usurpando il trono. Un impostore, un tiranno, un uomo senza più identità e privo di quella virilità che ci si aspetta dai sovrani tutti d’un pezzo, inclusa la capacità di concepire. Macbeth non ha eredi, ha perso gli amici e precipita nella paranoia. È qui che lo sguardo si fa definitivamente allucinato, tra soliloqui deliranti e apparizioni del cadavere di Banquo durante un banchetto. La mostruosa Lady Macbeth, più forte del marito e assoluta co-protagonista, muore senza che la scena venga effettivamente mostrata, scollando ulteriormente il marito (e il pubblico) dalla realtà.

lady macbeth in opera di shakespeare

Le apparizioni sovrannaturali divengono i fantasmi della mente, sono causa di ossessioni sanguinarie di costanti insicurezze, sintomo di una cultura che stava cambiando e che non riusciva più a confrontarsi con gli antichi valori, senza però trovare risposte convincenti per colmare le lacune. Quello di Macbeth è un sovvertimento dei ruoli di genere (dinamiche tra uomo e donna, qui potentissima) e dell’ordine costituito (Duncan, nobile sovrano, lasciato morto nella sua tenda insieme ai fasti del passato) dove l’individuo in quanto tale ha cancellato il vecchio e non ha solide fondamenta sulle quali reggersi.

otello e desdemona dipinti

Discorso simile per Otello, che nelle sue visioni immagina il tradimento di Desdemona ed è spaventato dalla possibilità che questa abbia un desiderio sessuale. La sua gelosia patologica va di pari passo con una degradazione del linguaggio, che si fa meno altisonante via via che il seme del dubbio si fa strada nella sua mente. Esattamente sulla lingua si concentra l’ultima parte del saggio, che prende come esempio Edgar, un personaggio secondario di Re Lear. Figlio legittimo del Conte di Gloucester, rimane vittima di un complotto del fratellastro Edmund ed è costretto all’esilio per scampare all’ira paterna. Tornare per reclamare ciò che gli appartiene in una veste inedita: quella del povero Tom, il pazzo di Bedlam.

re lear poor tom shakespear dipinto

Si tratta a tutti gli effetti di una performance nella performance, dove un aristocratico si finge lo scemo del villaggio per ingannare tutti e plagia inconsapevolmente anche se stesso. Come in un’autoipnosi, Edgar cambia aspetto e modo di esprimersi, abbandonandosi a discorsi senza senso e lasciando emergere lati di sé che nessuno reputerebbe possibili. La sua personalità riemergerà poi al momento opportuno, ma il gioco è fatto e le convenzioni sociali sono state ancora una volta sovvertite, facendosi beffe del potere tramite la pazzia. Edgar e la sua mostruosa bravura nell’annullarsi dietro il povero Tom chiudono il cerchio su una riflessione che ci ha accompagnati nelle lande dell’informe.

personaggi pazzi guitti nel medioevo

Potremmo interrogarci, non a torto, sulla liceità dell’attributo “mostruoso” nel caso dei personaggi shakespeariani, e sulla loro capacità di fare presa sulle nostre suggestioni. Ci sentiamo di dire, in accordo con l’autrice Michela, che non esistono attestati di mostruosità. Il mostro è ciò che infrange l’ordine pubblico e subisce talvolta una condizione di degrado (vi ricordate a tal proposito Nightmare Alley?). I protagonisti di queste tragedie sono corrotti nella mente e talvolta nel corpo, sono pericolosi e autolesionisti, compiono malefatte per eccesso di hybris o per placare le proprie debolezze, perdendo un pezzo di umanità lungo il cammino. Infine diventano irriconoscibili.

calibano personaggio de la tempesta

Potreste obiettare che un vampiro è spaventoso, oltre che definibile in quanto tale, al contrario del pescegatto Calibano. Eppure, identificando un vampiro secondo le caratteristiche note, avete già una certezza: vola come un pipistrello, è zannuto, ha tentato di mozzicarvi il collo durante un ballo di gala. Cosa potete dire di Calibano? Una visione talmente grottesca che i marinai giunti sull’isola non trovano le parole adatte per descriverla. Macbeth, non più barone e falso re, non abbastanza uomo, cieco in un mondo di fantasmi, rappresenta una follia con la quale è impossibile scendere a patti. Entità informi e non categorizzabili secondo i nostri schemi morali e percettivi, materializzazioni di un ignoto che dall’alba dei tempi spaventa l’essere umano, poiché sfugge alla sua comprensione. Non sono forse mostri, questi? Lo diceva anche Goya: è il sonno della ragione a generarli. Ora non ci resta che terrorizzarci a morte quando Michela deciderà di scrivere il sequel e vivisezionare quel mattacchione di Amleto!

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