Lista delle vampire e mostresse più attraenti del Cinema.
di Alessandro Sivieri
*ATTENZIONE: CONTENUTI INADATTI AI MINORI*
Tremate, le patonze son tornate e sono assetate di sangue! Nel primo episodio de Le 5 donne mostruose abbiamo sfoggiato una rassegna di quelle attrici che, secondo noi, hanno incarnato sul grande schermo una insolita tipologia di personaggio femminile. Le nuove logiche produttive rispecchiano i cambiamenti sociali dell’Occidente, e di conseguenza del nostro cinema: la donna non è più l’angelo del focolare, ma è una figura tosta, in certi casi pericolosa, che non ha paura di esprimere la propria potenza e sessualità.
Un ruolo in rapida e comprovata crescita nell’economia delle cinestorie è quello delle mostresse: vampire, aliene, streghe, mutanti. Che aspetto hanno? Può capitare che siano esteticamente ripugnanti, ma è piuttosto comune che siano una gioia per gli occhi. Non c’è bisogno di dirvi che vanno avvicinate con cautela! Eccovi quindi una seconda carrellata di pellicole che danno un certo peso alle fanciulle piacenti e inumane.
PETA WILSON – LA LEGGENDA DEGLI UOMINI STRAORDINARI (2003)
Se vi dicessi Nikita? Non il film cult di Luc Besson, ma la serie tv canadese basata su di esso. Forse il più grande successo della non strabiliante carriera di Peta Wilson, attrice, modella e accanita sportiva. Una donna di sicuro fascino, tanto da soffiare alla procace Monica Bellucci il ruolo della vampira Mina Harker ne La leggenda degli uomini straordinari, conosciuto come l’ultimo mappazzone con Sean Connery, prima del suo definitivo ritiro dalle scene.
Una trasposizione non certo scrupolosa ma godibile dell’opera di Alan Moore (fumettista e personaggio mistico, autore dei capolavori Watchmen e V for Vendetta), che vede riunite svariate figure letterarie dell’Ottocento come il capitano Nemo (Ventimila leghe sotto i mari), Dorian Gray, l’Uomo invisibile, Mister Hyde e via dicendo, con dovute licenze poetiche.
In questa squadra di Avengers dell’epoca vittoriana, Peta Wilson è la moglie di Jonathan Harker, personaggio ispirato a Dracula di Bram Stoker. Letale, seducente e misteriosa, Mina reprime a fatica la sua sete di sangue in nome della missione, dimostrandosi lontana dai vampiri etici e sbrilluccicosi che popolano le saghe adolescenziali. Ed è pur sempre un gran bel vedere.
CARA DELEVINGNE – SUICIDE SQUAD (2016)
Il flop di Suicide Squad è rimasto un caso nel mondo dei cinecomic. La pellicola DC diretta da David Ayer vede riuniti alcuni cattivoni storici (in particolar modo antagonisti di Batman) in una missione ai limiti del fattibile per salvare l’umanità. Come per Batman v Superman, critica e pubblico si sono spaccati in due, anche se spiccano le buone performance della splendida Margot Robbie (Harley Quinn) e di Will Smith (Deadshot). Un po’ più incerto il giudizio sul Joker di Jared Leto, specie se consideriamo la performance di Joaquin Phoenix. Le maggiori lamentele riguardano una scrittura derivativa e debole, che sembra fare da mero supporto a una sfilata di personaggi che ancora prima dell’uscita sono diventati cibo per cosplayer.
E poi c’è lei, Cara Delevingne, che calandosi nella temibile e sensuale Incantatrice sfida l’autocontrollo di ogni essere umano dotato di nervo ottico funzionante. Con il suo passato da supermodella, Cara è nel meglio dei suoi anni e si ruba la scena, sia per il suo indiscutibile sex appeal che per una certa efficacia nel doppio ruolo: da un lato è la fragile archeologa June Moone, dall’altro è l’essere sovrannaturale che ne possiede il corpo, contro il quale dovranno battersi i membri della Suicide Squad.
“Demonio, esci(le) da questo corpo!!”
L’Incantatrice riflette la sua presenza scenica sulle passerelle della moda: un frutto proibito, dall’aria saporita ma mortalmente velenoso. Per entrare in sintonia con il personaggio, Cara ha raccontato di aver corso nuda nei boschi, ululando alla luna piena e sporcandosi di fango. Dedizione ammirevole e una sana dose di follia per una ragazza che risulta sexy con qualunque abito: una tuta, uno scafandro, un’entità oscura millenaria e via dicendo. Ma a renderla davvero irresistibile è la sua spontaneità fuori dagli schemi dello star system: ama mostrare le proprie debolezze, che siano la depressione o i problemi alla pelle, e trattare con affetto i fan in qualunque contesto. Le sue celebri sopracciglia e l’espressione sbarazzina completano il quadro clinico di una malattia che risulta (dolcemente) incurabile per le nostre fantasie.
KATE BECKINSALE – UNDERWORLD (2003 – 2016)
Torniamo ai vampiri, questa volta con una sequela di onesti B-movie dall’impronta action che nasce nei primi del 2000. In Underworld si riprende un topos tanto caro alla cultura gotica, quello dello scontro millenario tra vampiri e licantropi, con buona pace dei comuni esseri umani, relegati al ruolo di vittime collaterali, ostaggi o merenda per mostri. In questa saga lo scontro tra le due fazioni viene calato in un contesto contemporaneo, con una interessante dicotomia che fa pensare alla rivoluzione francese o alle lotte operaie: se i vampiri sono l’emblema del potere tirannico, l’aristocrazia decadente e altezzosa, i lupi mannari sono gli schiavi in cerca di riscatto, un ceto sociale considerato inferiore. In questo clima da guerra segreta, l’affascinante Kate Beckinsale è Selene, ultima rampolla di una potente stirpe vampiresca che porta avanti la propria crociata anti-licantropi.
Tra una pallottola e un tradimento, la protagonista si deciderà a cambiare schieramento, tradendo il proprio clan e rivalutando la causa dei lupi mannari. Come cocktail di mostri e sparatorie che imposta l’estetica e le scene d’azione sul modello di Matrix (fusione tra gotico e cyberpunk), questa saga si è ritagliata il suo piccolo spazio, anche se nella sua ripetitività inizia davvero a stancare e lascia poco ossigeno allo sviluppo psicologico per calcare la mano su bavosi lincatroponi. Il tutto si regge sulla presenza scenica della sempreverde Kate, che nelle sue tutine aderenti continua a mietere vittime. Una scena d’amore soft che abbiamo riportato nella serie Sesso mostruoso potrebbe trasformare gli spettatori in allupati mannari.
“Ti andrebbe di rompere il ghiaccio?”
DELPHINE CHANÉAC – SPLICE (2009)
“Mi scusi, ho la lingua un po’ felpata…”
A Vincenzo Natali, regista canadese di italiche origini, piace sperimentare. Dopo The Cube, piccola gemma d’esordio, il suo nome è rimasto ai margini del mondo hollywoodiano. Dirige episodi per serie tv di successo (vedi Hannibal), entra in trattativa per adattamenti che non vedranno mai la luce (Neuromancer di William Gibson), a volte sforna lavori godibili che passano in sordina, gettati velocemente nel dimenticatoio. È questo il caso di Splice, che narra le discutibili gesta di una coppia di biologi (uno dei due è Adrien Brody, il caro vecchio pianista col nasone) intenzionati a creare una nuova forma di vita sintetizzando DNA umano e animale. Viene così alla luce un paraumano, Dren (Delphine Chanéac), che i due allevano come una sorta di figlio all’insaputa di tutti.
Modellato sulla bella Delphine, che per il ruolo ha dovuto rasarsi la testa, l’aspetto di questo ibrido presenta evidenti tratti femminili, turbandoci e affascinandoci. Come nella miglior tradizione post-Frankenstein, la creatura si ribellerà a coloro che le hanno dato la vita, con conseguenze tragiche. In questo caso, prima di darsi all’ultraviolenza, Dren penserà bene di fare sesso con i suoi genitori putativi (e non necessariamente consenzienti).
Questo mostro è unico nel suo genere e perciò terribilmente solo. A un istinto primordiale, sintetizzato dall’eredità genetica di specie multiple, unisce dei sentimenti umani che non riesce pienamente a comprendere. Il suo caso può avviare interessanti riflessioni sulla bioetica, sul transumanesimo estremo, sulla creazione artificiale di una specie. La pellicola si limita a servirci una buona dose di tensione e delle scene di sesso borderline, che potrebbero impressionare i più suscettibili: come le definiremmo? Incestuose? Zoofile? Io porterei volentieri Delphine fuori a cena, ma senza quello scomodo pungiglione nella coda.
“A cosa pensi, sporcaccione?”
Una curiosità: il nominativo DREN è l’anagramma di NERD, che non si riferisce agli appassionati di cultura pop ma alla Nucleic Excharge Research and Development, l’azienda per la quale lavorano i due protagonisti. Per quanto riguarda l’incontro amoroso tra Adrien Brody e la creatura, ne abbiamo parlato nel primo capitolo di Sesso mostruoso. Evitate di consultarlo in orario di lavoro!
SIGOURNEY WEAVER – ALIEN: LA CLONAZIONE (1997)
Concludiamo con la protagonista di una saga fanta-horror inarrivabile: Alien. Sigourney Weaver è la tosta eroina dai tratti vagamente androgini che ha trascorso vent’anni della propria carriera a massacrare alieni bavosi. L’abbiamo vista giovanissima nel capolavoro di Ridley Scott, armata fino ai denti nell’altrettanto glorioso Aliens di James Cameron e pronta all’estremo sacrificio nel tenebroso e Alien 3, pellicola d’esordio di David Fincher. Il regista non mancherà di disconoscerla e attribuirne i difetti all’invadenza dei produttori. Da qualche anno ne circola una versione estesa (non assemblata dal regista) che aggiunge scene significative e chiarisce molti dubbi. Vi consigliamo di recuperarla.
Tornando a noi, siamo al quarto episodio della serie: la regia è affidata a Jean-Pierre Jeunet (che poco tempo dopo girerà Il favoloso mondo di Amélie). Il tocco europeo purtroppo non salva una pellicola pretestuosa e scialba, che smorza la tensione con una verve grottesca. Ritorna, un po’ invecchiata, Ellen Ripley. O forse no, perché la vera Ripley è morta alla fine del terzo film, venendo poi duplicata da gente senza scrupoli per estrarre l’alieno che portava in grembo. Il problema è che nel processo di clonazione le cellule di Ripley si sono mescolate con il DNA alieno, dando alla luce un ibrido che ricorda il proprio passato ma sa di essere il prodotto di un esperimento.
Certo, Sigourney Weaver inizia a sentire il peso degli anni, ma si cala discretamente in questa sua nuova incarnazione ambigua, combattuta tra il lato umano e quello alieno. La pellicola non risparmia sui travagli psicologici, mostrandoci una Ripley ironicamente legata alla creatura dei suoi incubi. L’eroina è diventata una bestia pericolosa e comunica con gli Xenomorfi a livello istintivo. Tra sangue acido, ironia e movenze animalesche, è interessante il rapporto che arriva a stringere con la sintetica Call (Wynona Rider). Insomma, puoi morire da eroe, ma arrivare lo stesso a diventare il mostro.
Bacio o schiaffo?
Giunge al sudato epilogo questa seconda carrellata di belle bestiali, in un ciclo che speriamo di espandere grazie ai vostri feedback. Per chiudere con un bel sorriso vi consigliamo di recuperare una birra ghiacciata, perché abbiamo… ANCORA Cara Delevingne.
Qui potete recuperare gli altri episodi:
LE 5 DONNE MOSTRUOSE – Tutti i capitoli
Link alla rubrica spin-off sulle scene erotiche con mostri:
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