Esempi della dimensione carnale nel rapporto tra l’uomo e il mostro.
di Alessandro Sivieri
*ATTENZIONE: CONTENUTI INADATTI AI MINORI*
L’accoppiamento è l’atto che ci viene più naturale, insieme al nutrimento e al sonno. Il mondo animale ci insegna che può essere sia un gesto piacevole sia un’esperienza brutale. Perché allora i mostri, nati come specchio del nostro inconscio, non dovrebbero seguire le medesime logiche? Ecco che questa rubrica, nata come spin-off de Le 5 donne mostruose, prosegue il suo cammino con un terzo capitolo, andando a sviscerare scene erotiche di film più o meno recenti.
Le apparenze ingannano e questo non vale solo per gli umani: capita che un essere con delle fattezze terrificanti nasconda un gran cuore, mentre una signorina acqua & sapone si riveli una crudele vampira pronta a dissanguare il malcapitato amante. Ecco a voi cinque nuovi esempi di pellicole che potranno eccitarvi e incuriosirvi sull’aspetto più primitivo dei rapporti dis-umani.
LA FORMA DELL’ACQUA (2017)
“Al cinema le scene tra una donna e un mostro sono puritane o perverse. Non condivido nessuno dei due approcci. Il mio film è una storia d’amore tra due entità che si incontrano. Non parlano, ma si comprendono a vicenda e sì, finiscono insieme nella vasca da bagno.”
Con The Shape of Water, opera tra il fiabesco e il sentimentale, Guillermo del Toro si è aggiudicato la statuetta per il Miglior Film e la Miglior Regia. È lo sdoganamento dei mostri all’Academy e più in generale alla cerchia più prestigiosa e nobile della cinematografia, almeno sulla carta. La storia, ambientata durante gli anni della Guerra Fredda, vede un’inserviente muta di nome Elisa (Sally Hawkins) fare la conoscenza di un peculiare uomo-pesce nel laboratorio dove è impiegata. La creatura è custodita dal feroce colonnello Strickland (Michael Shannon), che vorrebbe vivisezionarla. Elisa non ci sta e, con l’aiuto di amici, aiuta l’anfibio antropoide a evadere, nascondendolo nella propria casa. Qui scatterà un’intesa tra i due, che si concretizzerà sul piano carnale.
Di gran valore simbolico l’incontro fisico ed emozionale tra due “diversi” che vanno contro le convenzioni: da una parte una ragazza muta, con le ordinarie ma seducenti fattezze della Hawkins, dall’altra un ibrido estraneo alla civiltà (e a qualunque nozione di corteggiamento). Si passa da messaggi scontati, come l’amore che infrange ogni barriera, a temi caldi come i bisogni sessuali delle persone con disabilità. La messa in scena del rapporto resta elegante e non cade in voyeurismi gratuiti. In soldoni, Elisa non resiste più alla passione per il ranocchio gigante (che non muterà mai in principe) e tira le tende, dopodiché… ciò che succede nella vasca, rimane nella vasca. Affascinante la sua descrizione gestuale delle intimità della creatura: scopriamo che questo incrocio tra Abe Sapien e il Mostro della laguna nera ha una specie di fallo retrattile.
VAMPYRES – OSSESSIONE CARNALE (1974 e 2015)
Sì, l’immaginario erotico ha una dipendenza da vasche da bagno.
Giusto il tempo di asciugarsi e tornano le vampire assatanate, per giunta con supplemento di lesbicità. L’originale Vampyres del 1974, diretto da José Ramón Larraz, è conosciuto da noi come Ossessione carnale e narra di due amanti lesbiche trucidate da uno sconosciuto. Risorte dalla tomba in salsa vampirica, le ragazze decidono di vendicarsi dell mondo intero adescando i solitari automobilisti di passaggio, per poi prosciugarli. Costellato di sporcacciate sanguinose in una baita isolata, questo film si pone a metà strada tra i revenge movie e le trashate della Hammer.
In verità non sappiamo con chiarezza se le protagoniste Fran (Marianne Morris) e Miriam (Anulka Dziubinska) siano vampire vere, zombesse ancora calde o solo due psicotiche con la fissa delle orge sanguinarie. Di certo c’è tanta carne al fuoco, con le loro grazie in bella vista, gli sguardi languidi e la gestualità che fa pensare a due leonesse affamate. Di questa pellicola esiste un remake, datato 2015 e firmato da Victor Matellano, che rispetta profondamente le atmosfere dell’originale e ne replica i bollenti amplessi. Dopo una pletora di omicidi, l’arrivo di tre turisti scombussolerà la routine splatterosa della coppia. Una delle avvenenti succubi finirà poi per innamorarsi dell’ingenuo Ted. Anche le necrolesbiche hanno un lato tenero!
“Eppure non avevo parcheggiato qui!”
GODZILLA (2014)
Il reboot di Gareth Edwards ha riportato in auge il lucertolone atomico più celebre di sempre. Il Godzilla della Legendary è grosso, incazzato ed eroico, a modo suo. Con Kong: Skull Island e King of the Monsters il campionario della fauna intorno a Godzilla si è ulteriormente espanso, arrivando a diventare il Monsterverse. Ma nessun Kaiju può dare il meglio se non ha un avversario all’altezza, ed ecco spuntare i M.U.T.O. (che sta per Massive Unidentified Terrestrial Organism), insettoni ciclopici la cui forma ricorda i bombardieri stealth. I due giganteschi esseri sono parassiti e depongono uova. Come accade non di rado nel mondo animale, la femmina è più grande del maschio, il quale però è dotato di ali. Nel corso della pellicola, i M.U.T.O. sono attratti dal richiamo dei feromoni e vogliono darci dentro come matti tra le rovine di San Francisco.
Godzilla mi ha davvero rotto le ovaie…
Niente seni prosperosi, niente chiappe al vento e niente sgozzamenti focosi: i due M.U.T.O. che si corteggiano in pubblico rappresentano i veri outsider di questa lista, becchettandosi a vicenda. All’apice del romanticismo la femmina mostra orgogliosa una sacca ventrale piena di uova, tanto per ribadire chi porta i pantaloni nel nido. Peccato che i militari e Godzilla decidano di rovinare la luna di miele a colpi di testate nucleari e zampate colossali. Arrabbiati per il talamo imbrattato, gli insettoni combatteranno fieramente, ma invano. Nel seguito Godzilla 2: King of the Monsters si fa scherzosamente riferimento a un video con un rapporto tra M.U.T.O. con tanto di genitali censurati. A questo punto (non) vogliamo sapere come andrebbe a finire!
POSSESSION (1981)
Quando una coppia entra in crisi può succedere di tutto. Di solito la moglie ti tradisce con il lattaio, con l’idraulico, con il cartongessista… e se invece l’amante fosse un mostro? Possession, diretto da Andrzej Zulawski, venne presentato al 34° Festival di Cannes e ottenne il Premio per la Miglior Attrice grazie alla bella Isabelle Adjani. Controverso e allucinato, il film subì diverse censure ed è guardato con ammirazione da autori come David Lynch. La trama vede Sam Neill (il futuro professor Grant) nei panni di Mark, marito residente a Berlino Ovest che si scopre cornuto. Da questa presa di coscienza scaturiscono violenti litigi con la moglie Anna (Adjani), che porteranno l’uomo a ingaggiare due investigatori privati. Dopo una serie di vicissitudini Mark viene a sapere che l’amante di Anna è un essere disumano e strisciante. Ma è la simpatia che conta, giusto?
“Tesoro, sono a cas… ?!?”
L’intera opera è permeata da visioni disturbanti che raggiungono il culmine nell’accoppiamento esplicito tra Anna e la creatura, al quale Mark assiste orripilato. Possession non fa sconti allo spettatore e si basa sulla schizofrenia, più precisamente sul tema del doppelgänger: realtà e finzione si fondono, in una Berlino divisa in due come lo sono i coniugi. Mark si accorge che l’insegnante del figlio è uguale alla moglie, come se ne cercasse una versione ideale altrove. La viscida creatura, generata da Anna, ha le sembianze di Mark stesso, aggiungendo grattacapi freudiani a una situazione irrazionale ma, a un attento esame, psicologicamente credibile: agli occhi del protagonista il tradimento della moglie è doloroso, spietato, quindi l’aspetto fisico dell’amante (forse l’incarnazione dei difetti di Mark) non può che essere ripugnante. Eros e Thanatos, pulsioni ancestrali, si intrecciano come l’amore e l’odio, mentre il mostro tentacoluto ci dà dentro come un pornodivo.
AVATAR (2009)
La fatica in 3D di James Cameron ha lanciato sul tavolo un marketing spaventosamente efficace, ma sul piano critico è stata apostrofata con i nomignoli più scherzosi, da Balla coi Puffi a Pocahontas nello Spazio. In effetti non è originalissima l’epopea di Jake (Sam Worthington), marine in sedia a rotelle che viene selezionato per una missione speciale. Una compagnia interplanetaria terrestre è infatti decisa a colonizzare il lussureggiante pianeta Pandora per sfruttarne le risorse. Peccato che gli abitanti del posto, degli umanoidi chiamati Na’vi, non siano intenzionati a mollare l’osso tanto facilmente (tipo i nativi americani). Jake viene quindi proiettato mentalmente in un Avatar, un ibrido umano-Na’vi, con lo scopo di fare da ambasciatore presso gli indigeni. Il protagonista vivrà mille avventure tra fiori variopinti e sperimenterà la patata aliena.
La principessa Neytiri, interpretata da Zoe Saldana, appare come una gattona blu flessuosa e poco vestita. Sarà lei a mostrare a Jake le bellezze della natura e la connessione con Madre Terra, per poi innamorarsene. I due si conoscono in senso biblico in una scena tagliata, dove scopriamo effettivamente in che modo i Na’vi facciano sesso. Soli e circondati da piante bioluminescenti, i due eco-amanti intrecciano le loro lunghe chiome, condividendo in pratica ogni sensazione fisica ed emotiva. Certo, il collegamento neurale porta all’intimità più completa, ma scommetto che Jake rimpiange una cavalcata delle Valchirie alla vecchia maniera. Se vi sentite un po’ hippie e coccolosi, la sequenza è facilmente reperibile in Rete.
Stanchi e sudaticci abbiamo tagliato il traguardo anche questa volta. La terza tappa di questa Odissea nel coito strano ha riservate diverse sorprese, dalle scene orride a inclusioni per nulla scontate. La rubrica Sesso mostruoso non finisce qui, intanto vi invitiamo a riportare almeno una delle mani sulla tastiera e recuperare i capitoli precedenti!
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