ANTRUM – Picnic metafisico all’Inferno

La nostra spiegazione di un mockumentary che inganna chiunque.

di Alessandro Sivieri

Antrum ragazzi protagonisti

“One by one we pray to thee
Protect us from all we’ll see
from all we’ll hear and touch and smell
from all the unknown dark in hell.”

Filastrocche sinistre e dolci ninne nanne ci introducono nella mitologia perversa di Antrum, quando la storia ha inizio per davvero. Prima di aprire le danze assistiamo a un prologo di una decina di minuti, rigoroso come un reportage della BBC, che ci illustra il curriculum maledetto di questo film. L’incipit e i titoli di coda sono l’autentico lato mockumentary di un’opera stratificata e intelligente, che riesce a disattendere il pubblico nel modo migliore: chi si aspetta un horror da salti sulla sedia di tre metri, complice la campagna promozionale, rimarrà deluso. Alla stessa maniera, chi è pronto a sorbirsi un’opera scialba e adagiata sulla propria leggenda, dovrà ricredersi. I registi David Amito e Michael Laicini hanno pensato di spacciare la loro creatura come un prodotto degli anni ’70, una pellicola perduta che ha causato stragi e morti misteriose durante le poche proiezioni. Vista l’effettiva qualità di Antrum, il marketing ambiguo e le sequenze documentaristiche sono quasi di troppo. Ma andiamo con ordine.

Antrum film poster col logo

Per godersi il viaggio bisogna stare al gioco. Le interviste iniziali a finti critici, collezionisti e organizzatori di festival servono a illustrare gli antefatti di The Deadliest Film Ever Made, la pellicola più letale mai creata. Come la cassetta di Ringu, opera di Hideo Nakata citata nella presentazione, Antrum sembra possedere un influsso malefico che lo rende pericoloso per gli spettatori. Dalle supposte indagini emerge che venne realizzato da ignoti nel 1979 e che da allora si è lasciato dietro una scia di disgrazie. Un teatro di Budapest provò a proiettarlo, ma prese fuoco con tutto il pubblico dentro, come in Cigarette Burns di John Carpenter, anch’esso chiamato in causa dal reportage.

Antrum intervista critico

“Io ero lì, ho visto tutto! Lo giuro su Baphomet…”

Ci fu un altro tentativo negli anni ’90 a San Francisco, ma in sala scoppiò l’isteria collettiva. Da allora le preziose copie del film circolarono tra i promotori di raduni a tema horror, ma molti di essi morirono prima di presentarlo: chi venne colto da una crisi epilettica il giorno prima, chi calpestò un pesce velenoso mentre si trovava in spiaggia. I sedicenti testimoni le sparano davvero grosse e sta a voi decidere se considerare l’inchiesta come parte dell’esperienza o procedere alla visione senza troppi grilli per la testa.

Antrum nota legale

Riassumendo: lasciate ogni speranza o voi che entrate.

Il marketing ha lo scopo di gettare l’osservatore in un determinato mood e ammicca diverse volte alla storia pubblicitaria di The Blair Witch Project. Perché abbiamo il privilegio di assistere all’opera nella sua interezza? Perché la Else Films, casa produttrice, è riuscita ad aggiudicarsi una rarissima copia grazie a un’asta in Connecticut. Partono i disclaimer di rito sulle declinazioni di responsabilità per danni a cose e persone, dopodiché un conto alla rovescia lascia spazio al racconto. L’incipit ci presenta un paesaggio bucolico e privo di precisi riferimenti geografici. Potrebbe essere negli Stati Uniti o in un paese europeo. I due ragazzini protagonisti parlano un fluente inglese, ma altri personaggi si esprimono in una lingua dell’Est. Che ci fanno due ragazzini in campagna con dei badili, un grimorio e una tenda da campeggio?


LA STORIA

Antrum protagonisti del film

La adolescente Oralee (Nicole Tompkins) accompagna il giovane Nathan (Rowan Smyth) in una foresta sperduta. Lo scopo è dirigersi alle porte dell’Inferno, nel luogo dove Lucifero precipitò dopo essere stato bandito dal Regno celeste. Una volta lì, seguendo le istruzioni del misterioso “Libro di Ike“, i ragazzi devono scavare una fossa, strato dopo strato, in modo da salvare l’anima del cane Maxine. Nathan aveva un legame profondo con l’animale, soppresso da un veterinario qualche tempo prima. Oralee vuole porre rimedio alla tristezza del fratellino e agli incubi che lo perseguitano, quindi decide di condurlo in una missione per dare la pace eterna a Maxine. Il bosco sembra avere le caratteristiche della Aokigahara Forest, l’intricata distesa di alberi vicino al Monte Fuji, dove molte persone vanno a togliersi la vita. Gli scavi iniziano e il luogo si rivela piuttosto inquietante, come se i servi del demonio dimorassero per davvero tra gli arbusti.

Foresta di Antrum cadavere

“Mi ritrovai per una selva oscura…”

La discesa ad inferos ha i tratti di un gioco infantile degenerato: vengono tracciati pentacoli, posizionati alla buona i feticci delle divinità più conosciute, intonate cantilene protettive e sondato il terreno, come se la corte dei dannati pulsasse con furia qualche metro più in basso. Il manuale dell’occulto di Oralee, che riporta con scrupolo ogni passaggio, si rivela un calderone di nozioni demonologiche e sembra scritto e disegnato da un bambino. Le pagine del libro sono corredate di latinismi e divise in strati, che non corrispondono ai gironi danteschi ma scandiscono la discesa metaforica dei due ragazzi, oltre a suddividere in capitoli gli eventi del film. Analizzandone la fattura, lo spettatore intuisce in breve l’inganno: Oralee ha scritto ogni riga di persona e ha pianificato l’avventura come un percorso di catarsi per Nathan, in modo che si rallegri e non abbia più incubi.

Antrum libro di Ike grimorio

Peccato che il pericolo sia più reale del previsto. Il candido Nathan, preda della suggestione, ha fin da subito delle visioni terrificanti: figure che lo scrutano dall’ombra, sussurri malefici, perfino un traghettatore di anime, in uno scenario notturno, che riporta alla mente Caronte. La foresta muta progressivamente in un non-luogo, una dimensione priva di appigli spaziali e temporali. Una eventuale fuga si conclude con il ritorno al punto di partenza. Le sfumature metafisiche della location ci riportano, ancora una volta, alla famigerata Strega di Blair. Oscure presenze si aggirano nei dintorni, la tenda è circondata da rumori via via più minacciosi. Storditi e animati da un morboso interesse, partecipiamo alla introiezione delle paure dei protagonisti. Non si tratta più di una gita nel bosco ma di una surrettizia catabasi nell’inconscio. Il ventre (l’Antrum) della natura passa da rifugio rassicurante a epicentro delle tenebre. Come in Antichrist di Lars Von Trier, “la natura è la chiesa di Satana”.

Antrum tenda foresta

Nonostante le premesse orrorifiche, il plot naviga verso i lidi del thriller psicologico e ci spoglia delle certezze materiali. Il punto di vista privilegiato è il piccolo Nathan con la sua fervida immaginazione. A lui sono dedicate le sequenze più macabre e visionarie. Dove finisce il gioco e dove inizia il rischio di scatenare forze di matrice sconosciuta? Quei demoni sono reali? Il diavolo esiste? La sfera dell’umano non viene messa in soffitta, difatti il pericolo si manifesta in modalità concrete, che riportano alla mente i redneck cannibali e psicopatici di Non aprite quella porta. I pochi adulti che fanno capolino nella trama vengono letti in chiave negativa o ridicola; si pensi al giapponese che tenta il suicidio nel bosco, mettendo in allarme i due ragazzi.

Antrum Nathan personaggio monster movie

Dalle vicende di Nathan e Oralee emerge una riflessione che nessuno si aspettava, se calcoliamo le premesse del marketing: un approfondimento onirico sui confini dell’autosuggestione. Il covo infernale sulla Terra è in grado di plasmare la mente o è da sempre contenuto in essa? Il doppio finale accentua la portata simbolica della fabula senza rinunciare a emozionarci: c’è una presa di coscienza, l’accettazione del dolore e della perdita, la sconfitta degli spauracchi, o meglio l’armonia con ciò che rappresentano. Dall’altro lato avviene l’opposto, e il seme del terrore aggredisce chi per primo lo ha coltivato. Gli approcci esegetici alla storia sono diversi, quindi smettiamo di analizzare ciò che accade e pensiamo a come ci viene comunicato.


LO STILE

Antrum Nathan e Oralee protagonisti

Antrum è visivamente molto forte. La progettazione estetica è evidente, a prescindere dagli interventi per rendere l’immagine più vintage. La grana della pellicola, la patina anni ’70 fanno pensare a un lavoro datato, in contrasto con un gusto per la messa in scena di foggia contemporanea. Accanto ai primi piani dei volti, che di notte vengono distorti da una luce spettrale, troviamo totali statici, panoramiche di una ruralità che pare accogliente, se non fosse per il male in agguato tra le radici. Il setting abbagliante e le riprese a volte bruciate dal sole (sempre con un intento preciso) chiamano in causa Midsommar di Ari Aster, dove i tempi sono analogamente dilatati e l’orrido si consuma in pieno giorno. Sequenze in slow-motion e animali angoscianti in bianco e nero si pongono a metà tra Robert Eggers e il succitato Von Trier.

La Casa di Jack scena inferno

Certo, ne La casa di Jack l’inferno aderisce in modo più fedele ai canoni letterari, ma resta analogo il focus sul cinismo efferato e sulla dannazione consapevole. Per farla breve, Amito e Laicini hanno un gusto moderno. Quello che poteva ridursi a un fenomeno autoreferenziale, destinato a vivere di presupposti, sposa la fortunata corrente degli arthouse horror, narrandoci i fatti con un ritmo e una tecnica non convenzionali. L’occhio della telecamera si fa talora onnisciente, mettendo in risalto dettagli truculenti che i due ragazzi ignorano. Il vero parco giochi risiede nel montaggio: all’interno di Antrum appaiono messaggi subliminali, intermezzi della durata di un battito di ciglia. Sigilli e glifi magici vengono mostrati almeno 170 volte, spesso ricalcando i contorni di una figura umana o riempiendo spazi vuoti, anche degli oggetti. Compare a iosa un simbolo legato al demone Astaroth, oltre a scene violente di ignota provenienza. Inserti che accentuano il fattore shock, sebbene non aggiungano complessità al racconto.

Sigillo in Antrum scena

Il design sonoro è ugualmente curato, affiancando alla soundtrack di Alicia Fricker dei suoni da perfetto festival di Halloween: tonalità binaurali, passi nell’erba, latrati, catene, sussurri da oltretomba. Gli effetti speciali pratici assumono una valenza primaria durante un incontro ravvicinato con una bestia selvatica: la creatura è animata in stop-motion ed è estremamente artigianale. Non nasconde la sua falsità. Eppure, collocata in quel particolare contesto, risulta una delle cose più spaventose del film. O magari vi strapperà una risata. Vi ritroverete di nuovo a scegliere in che modo assimilare il frutto di un’idea che non scende a compromessi con il pubblico. L’obiettivo a monte è quello di creare un’esperienza sensoriale, un crescente disorientamento che non tocca solo i personaggi e che sposta i confini del contenuto extra-diegetico.


L’ESOTERISMO

Antrum scena violenta intermezzo

Lo spettatore medio dopo il trentesimo rewind per acchiappare tutti i Pokémon sigilli.

Come avrete capito, i simbolismi sono più prolifici dei porcini. Pentacoli, richiami iconografici al pantheon demonologico, frasi in latino dai significati più vari: “Abyssus abyssum invocat”, l’abisso chiama l’abisso. Forse è la paura di qualcosa a determinarne l’esistenza? Sono la perdita e il rimpianto a generare un vuoto (o scavare un cratere) ancora più grande, che coinvolge altre persone? Abbiamo già accennato alla natura poliglotta del film: i titoli di testa sono in cirillico e contengono frasi ambigue, se non vere e proprie burle. Le sagome sfumate, gli easter egg e gli inserti satanici sono così tanti da costituire un patrimonio estraneo all’intreccio, tale da spingere a una seconda visione solo per annotarli tutti.

Antrum film figura di Satana

Il diavolo fa le pentole, i coperchi e pure un intero catalogo di vasellame.

Perfino Satana, l’angelo caduto in persona, appare sempre più delineato man mano che Nathan e Oralee scavano nel sottosuolo. Già nel prologo vengono montate scene di vecchie pellicole a tema mistico, come in una dichiarazione di intenti. Si passa da Häxan di Benjamin Christensen a L’Inferno di Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro e Adolfo Padovan, senza scordare il pionierismo di Georges Méliès. Un tributo al passato, che mette sul piatto svariate incarnazioni demoniache per poi esprimerne una personale, che vive di un terrore celato in profondità, appena bisbigliato. I registi stanno dicendo “Questa è la nostra eredità, vogliamo omaggiarla e ampliarla”. I risvolti allegorici hanno una estensione sterminata, al contrario del vostro ventaglio di opzioni: tacciare l’intera operazione di paraculaggine, viverla in modo spensierato o prendere un libro di semiotica dei media e fumarvelo sul divano.


IL MESSAGGIO

Antrum visione demoniaca Astaroth

Se siete arrivati fin qui, vuol dire che non avete preso a testate il muro o non siete corsi a disegnare il vostro Libro di Ike privato. Avrete anche compreso che Antrum non è un film di paura, ma sulla paura. Il terrore alberga dentro di noi, viene creato dalla nostra mente e può giungere a dominarla attraverso un processo di osmosi. A seconda dell’età, la percezione di noi stessi, degli altri e del mondo subisce un cambiamento. Gli adulti razionalizzano le sensazioni estreme, mentre i bambini, specie se esposti a un trauma, le interpretano usando strumenti di cui non hanno il pieno controllo. Ecco che l’uomo nero prende vita e i sensi vengono contaminati dagli “amici immaginari”. Se invece preferite la strada del paranormale, può darsi che i piccoli riescano a vedere ciò che ai grandi è precluso, in stile Il sesto senso.

La protagonista Oralee di Antrum

Il reale si fonde con l’astratto, ciò che temiamo a livello atavico può nutrirsi della nostra psiche, fino a diventare autonomo. Il diavolo inteso come figura teologica è solo un costrutto umano, la codifica di una forza impalpabile e primitiva. Può un pensiero contorto, un impulso irrazionale diventare carne? Antrum vi fornisce una risposta, che può essere falsa. Un altro tema centrale è infatti la menzogna: un reportage fittizio su un film ritrovato per finta, dove i protagonisti mettono in atto un rituale finto che però li influenza sul piano fisico. Le scritte in sovrimpressione si ripetono una dopo l’altra, vi danno indizi, vi prendono in giro. Qualcosa alberga in quei boschi, ma forse i boschi sono nella vostra testa.


CONCLUSIONE

Antrum toro falaride

Il prodotto di Else Films si diverte a punzecchiarvi con i sottotesti, eppure quando c’è da turbarvi è dannatamente serio. Non vi verranno servite spiegazioni limpide, ma il menù prevede un cammino disorientante, sporco, capace di mandare a quel paese ogni criterio ermeneutico. La psicologia di Nathan e Oralee, le allucinazioni e l’uso astuto di un budget non proprio stellare fanno sì che l’inganno di Antrum funzioni. Non è cibo per mitomani e non è la ghost story della porta accanto. È un’opera che sta saldamente in piedi da sola, anche se scegliete di mandare in vacca i retroscena maledetti. Ci vuole senza dubbio un pizzico di genialità per concepire un gigantesco Toro di Falaride a forma di demonio caprino. Verrà apprezzato per le sue qualità? Non è una domanda facile. Come recita una delle frasi nascoste:

Nihil Pretiosius Veritate

Nulla è più prezioso della verità.

Demone nel film Antrum

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